Il bordo aggettante delle ribalte è solo piemontese?

di Andrea Bardelli

Nella difficile “arte” di identificare la provenienza geografica di un mobile antico, ci si affida ad alcune convinzioni radicate, supportate talvolta dalla letteratura, ma spesso dalle consuetudini invalse nella prassi antiquaria, a loro volte basate sull’osservazione e sulla constatazione nel tempo di un certo numero di esemplari.
Valga per tutti l’esempio del bordo laterale del piano ribaltabile che, nei cassettoni con ribalta di origine piemontese del Settecento, si presenta quasi sempre aggettante rispetto alla “caduta” del fianco. Mostriamo in proposito una ribalta “a gamba alta” [Figura 1 e 1 bis] sulla cui origine piemontese non si discute per vari motivi: morfologici, decorativi e tecnici.

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Figura 1 e 1 bis. Cassettone a ribalta, Piemonte, XVIII secolo, Meeting Art, novembre 2005 n. 230.

Mi riferisco, piano della ribalta a parte, all’impianto complessivo del mobile, impostato su gambe incurvate che proseguono gli spigoli anteriori marcatamente arrotondati e terminano con un piede a zoccolo. Il particolare decoro a nastri eseguito in legno di colore chiaro (acero o bosso) su fondo di noce, incidendo direttamente il massello (cosiddetta tecnica “a buio”) parla piemontese, così come ci si aspetta di trovare lo schienale e i fondi dei cassetti in pioppo (nota 1).
Può quindi generare un certo disorientamento trovare lo stesso bordo aggettante in una ribalta vista in autunno al Mercanteinfiera a Parma, definita di provenienza bresciana [Figura 2 e 2 bis].

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Figura 2 e 2 bis. Cassettone a ribalta, Brescia, XVIII secolo, mercato antiquario.

Nonostante la distanza geografica e politica tra il Piemonte e Brescia, ancora più evidente in epoca Settecentesca, tra i mobili piemontesi e quelli bresciani si possono riscontrare alcune sottili affinità, soprattutto sul piano decorativo, per quanto riguarda la tipologia degli intarsi, l’utilizzo della radica di pioppo, ecc. (nota 2).
Il discorso si farebbe complicato e non liquidabile in poche righe, ma alcune convergenze sono ad esempio riscontrabili in zone “di confine”, segnatamente nel Cremonese (nota 3).
Nessun dubbio comunque, a parte lo sconcerto iniziale, che la ribalta di cui alla Figura 2 sia bresciana. Ce lo conferma la fronte arrotondata e il piede a mensola traforata, ma soprattutto il tipo di intarsio, che trova riscontro in tantissimi esemplari accreditati come bresciani sul mercato antiquario. Inoltre, pur non potendolo identificare come tipico, riscontriamo lo stesso particolare del bordo laterale della ribalta aggettante, anche se assai raramente, in altri esemplari bresciani, come una celebre ribalta, una delle poche presentate in letteratura come bresciana (Figura 3 e 3bis).

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Figura 3 e 3 bis. Cassettone a ribalta, Brescia, XVIII secolo, mercato antiquario.

Prima o poi scriverò un articolo sul mobile bresciano, ma nel frattempo si prenda per buona l’affermazione che si può riscontrare qualche vaga affinità sul piano formale e decorativo tra queste e alcune tipologie ferraresi e modenesi (nota 4).
Questa osservazione ci fornisce il semplice pretesto per presentare una ribalta di provenienza emiliana [Figura 4 e 4 bis], probabilmente proprio di ambito reggiano-modenese (anche se del tutto diversa dalla tipologia modenese appena citata), correttamente datata al XVIII secolo, sebbene di impianto decisamente più arcaico.

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Figura 4 e 4 bis. Cassettone a ribalta, Emilia, XVIII secolo, mercato antiquario.

Accanto a elementi caratteristici emiliani come la forma squadrata e i tipici piedi a mensola, larghi, piatti e di poco sporgenti rispetto alla modanatura di base (dettaglio riscontrabile del tutto casualmente – perché non appartenente al lessico bresciano – anche nella ribalta in Figura 2), questo mobile presenta anch’esso il bordo della ribalta aggettante sul lato. Inoltre, la tecnica di esecuzione dell’intarsio “a buio” è la stessa diffusa in Piemonte.
Con specifico riferimento a questo mobile, per la concomitanza dei fattori evidenziati (bordo della ribalta e intarsio), si sarebbe quindi tentati di identificare un inedito legame con il Piemonte, piuttosto che con la Lombardia orientale e il Veneto.
Conclusioni
Come già evidenziato in altre occasioni, di fronte a queste “ibridazioni”, è sempre opportuno, attenersi a criteri di prudenza. Per prima cosa, bisogna avere ben presente i termini della questione (specifici stilemi riferiti a un certo numero di esemplari di provenienza certa), evidenziarli per poi sviluppare alcuni ragionamenti o anche solo fornire spunti di riflessione, come in questo caso, senza tirare conclusioni perentorie.

NOTE

[1] Sul mobile piemontese del Settecento si rimanda a Il cassettone piemontese della prima metà del Settecento [Leggi] [2] Sono talvolta sorprendenti alcune affinità sul piano decorativo che tra Seicento e Settecento accomunano mobili dell’arco alpino e prealpino, ad esempio mobili Valsesiani e mobili Valsabbini, lasciando spazio a varie ipotesi, ancora non sufficientemente sondate: spostamento di maestranze tra nord est e nord ovest, debiti comuni o scambi con l’ebanisteria d’Oltralpe, ecc.

[3] Sul mobile cremonese vedi l’articolo Appunti sull’ebanisteria a Cremona [Leggi] e, in particolare, quanto si scrive a proposito delle figure 7 e 8 ivi.

[4] Non riuscendo in questo contesto a mostrarne le immagini, si rimanda, in particolare, al cassettone ferrarese e alla ribalta modenese pubblicati in Graziano Manni, Mobili antichi in Emilia Romagna, Artioli, Modena 1993, rispettivamente n. 247 p. 121 e n. 301 p. 145.