Il brutto San Giorgio di Giovan Francesco Caroto
della Redazione di Antiqua
In un articolo per il sito Finestre sull’Arte, intitolato Giovan Francesco Caroto, una Sacra Famiglia tra Leonardo e Michelangelo (29.5.2022) [Leggi], Federico Giannini scrive: “… piace pensare, per esempio, che i canonici di San Giorgio in Braida di Verona abbiano sostituito il suo San Giorgio con un dipinto del Veronese dopo appena una ventina d’anni non per ragioni legate all’avvicendarsi delle mode, ma proprio perché il San Giorgio di Caroto, per quanto interessante, è un quadro brutto”.
Poiché è abbastanza raro che su un dipinto venga pronunciato un giudizio così netto, è nata la curiosità di approfondire la questione.
Innanzi tutto, un’immagine del San Giorgio di Caroto non è disponibile in rete dove è stata subito effettuata una ricerca.
Non ci si deve confondere con l’opera spesso riportata come Polittico di San Giorgio in Braida, collocato nella terza cappella laterale della chiesa veronese [Figura 1] al quale Giovan Francesco Caroto (1480-1555) ha contribuito dipingendo San Sebastiano, San Rocco, la predella (in cui compare un San Giorgio) [Figura 1bis] e la lunetta. Il San Giuseppe, al centro, è di Angelo Recchia (1816-1882), mentre il dipinto sotto la lunetta è di Domenico Brusasorzi (1516-1567).
Figure 1 e 1bis. G. F. Caroto, D. Brusasorzi, A. Recchia, Polittico di San Giorgio, Verona, chiesa di San Giorgio in Braida e particolare del San Giorgio di G.F. Caroto.
Per vedere il San Giorgio di Caroto che prima stava nella chiesa di san Giorgio in Braida, bisogna spostarsi in provincia, a Marega di Bevilacqua (Vr), in un’altra chiesa dedicata a San Giorgio [Figura 2].
Figura 2. G. F. Caroto, San Giorgio e la principessa, Marega di Bevilacqua (Vr), chiesa di San Giorgio.
In questo momento, fino a ottobre, il quadro è esposto nella bella mostra dal titolo Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese che si tiene a Verona nel Palazzo della Gran Guardia, la prima mostra monografica che gli viene dedicata (vedi segnalazione in home page).
Di questo dipinto parla Gianni Peretti, uno dei curatori della mostra insieme a Francesca Rossi ed Edoardo Rossetti, nel catalogo edito da Silvana (pp. 151 e ss.), come di un’opera stilisticamente superata, di dimensioni ridotte rispetto allo spazio absidale e con un soggetto reso in modo fiabesco non più in sintonia con i precetti della Controriforma, tuttavia “… affascinante proprio per la sua genuinità arcaica”.
A parte ogni giudizio estetico, per rimarcarne le differenze non resta che mostrare la pala di Paolo Veronese (1528-1588) che, a sua volta, subì diverse vicende durante il Settecento, compreso un trasferimento a Parigi al seguito delle truppe napoleoniche per essere poi restituito nel 1815 e l’anno successivo ricollocato nella chiesa di san Giorgio in Braida [Figura 3].
Figura 3. Paolo Caliari detto Veronese, Martirio di San Giorgio, Verona, chiesa di San Giorgio in Braida.
Ringraziamo Edoardo Rossetti per averci inviato il materiale necessario per comporre l’articolo.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, luglio 2010
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