Il Cristo in Pietà del Bergognone e un rilievo in terracotta
di Andrea Bardelli
In un saggio scritto nel 1912 da un certo A. Pit sulle sculture della Collezione Lanz di Amsterdam (nota 1), viene pubblicata la fotografia di un rilievo in terracotta raffigurante un Cristo in Pietà con Angeli [Figura 1], svolto in modo pressoché identico, a parte la figura del monaco sulla sinistra e pochi altri particolari, rispetto allo stesso soggetto eseguito su tavola dal Bergognone [Figura 2] di cui ci siamo già occupati nell’edizione di luglio-agosto di quest’anno [Leggi].
Figura 1. Cristo in Pietà con Angeli, rilievo in terracotta, cm. 36 x 25, XV secolo (Pit A., Quattrocento-Plastik der Sammlung Lanz-Amsterdam, Fig. 10, p. 7).
Figura 2. Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, Cristo in Pietà con Angeli, 1480 circa, tempera e olio su tavola, cm. 49,8 x 35,7, Gazzada (Va), Collezione Cagnola, inv. DI.27 (foto di Vivi Papi).
Prima di svolgere qualche riflessione su questa sorprendente scoperta – anche se lo scopo principale di questo contributo è di segnalare il rilievo all’attenzione degli studiosi – è d’obbligo fornire alcune informazioni sulla Collezione Lanz.
Otto Lanz (1865-1935) fu un affermato chirurgo formatosi in Germania e in Svizzera (Berna) per poi trasferirsi ad Amsterdam. Fu anche un grande esperto di arte rinascimentale italiana e la sua importante collezione venne esposta nel 1934 al Rijksmuseum di Amsterdam.
Alla sua morte la collezione venne ereditata dalla moglie Anna Theresia Willi Lanz che viveva a Lugano, ma nel 1941 gli eredi furono costretti a venderla in Germania per il cosiddetto Museo del Führer che doveva essere istituito a Linz. Dopo la fine della guerra, nel 1946, la collezione Lanz fu riportata in Olanda grazie alla Netherlands Art Property Foundation che la conservò fino al 1951, quando il figlio di Otto Lanz la ricomprò portandola con sé in Svizzera (nota 2).
Purtroppo, il testo di Pit non si sbilancia sul nome del possibile esecutore del rilievo, anzi fa capire che la sua identificazione si presenta molto complessa. Nel constatare la presenza di reminiscenze gotiche, lascia intuire di volerlo datare al XV secolo in una fase di transizione verso il pieno Rinascimento e lo colloca in ambito fiorentino (nota 3).
Un giudizio laconico e in definitiva poco attendibile, inficiato dalla tendenza dell’epoca ad attribuire questo genere di lavori alla Toscana senza troppi discernimenti. Troviamo invece, nella critica riguardante la tavola di Bergognone, ampi riferimenti alla pittura che si faceva in Lombardia sullo scorcio del Quattrocento (nota 4).
La prima cosa che viene spontaneo domandarsi e se il rilievo sia tratto dal Bergognone o viceversa.
Si è in genere propensi a pensare che sia l’opera d’arte decorativa (rilievo, incisione, ecc.) ad essere tratta da un’opera di pittura, anche se non mancano esempi di segno contrario, ossia opere di pittura, scultura o architettura tratte, per esempio, da rilievi o placchette in bronzo.
Da un punto di vista tecnico sembra più plausibile rilevare una figura piana da un rilievo che una figura plastica da un disegno, ma conosciamo tantissimi rilievi, ad esempio placchette in bronzo, tratti da invenzioni di Mantegna o di altri artisti (nota 5).
Anche le differenze tra le due opere sono poco illuminanti.
Nella tavola dipinta compare un monaco che non troviamo nel rilievo. Si potrebbe pensare a un adattamento con l’aggiunta di una figura, ma anche un rilievo avrebbe potuto essere tratto da un dipinto appositamente “menomato” per renderlo più fungibile rispetto a una destinazione conventuale.
Per quanto riguarda le differenze nelle altre figure di contorno, l’Angelo in basso a sinistra nel dipinto tiene in mano una tenaglia e ha un’aria più compassata, mentre l’Angelo nella stessa posizione nel rilievo regge i chiodi e piange disperatamente; nel dipinto è l’Angelo a destra in alto che regge i chiodi, mentre l’Angelo corrispondente nel rilievo ha in mano un fascio di verghe e alle sue spalle compare una scala che nel dipinto non figura.
Se fosse vera l’ipotesi del rilievo d’apres la tavola di Bergognone, significa che la tavola, sebbene concepita per la cella di un monaco e presumibilmente ivi relegata, fosse assai nota al suo tempo al punto da generare copie. A meno che entrambe, rilievo e tavola, non fossero state tratte da un prototipo comune.
NOTE
[1] Pit A., Scultura del Quattrocento nella collezione Lanz-Amsterdam, Estratto dell’annuario delle arti figurative di Monaco, 1912, fascicolo, Georg D.W. Callwey, Monaco, p. 9-12 (Biblioteca Villa Cagnola, Gazzada, Va, segnatura Oe29). Titolo originale: Pit A., Quattrocento-Plastik der Sammlung Lanz-Amsterdam, Sonderabdruk aus dem Munchner Jahrbuch der Bildenden Kunst, 1912, I. Halbband, Verlag von Georg D.W. Callwey in Munchen.
[2]
Notizie in rete ai seguenti indirizzi:
http://www.foliamagazine.it/da-hitler-a-minneapolis-storia-di-un-busto-rinascimentale/
http://www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I14461.php
(Bibliografia ivi citata:
-H. W. van Os, O. Lanz en het verzamelen van vroege Italiaanse kunst in Nederland, in Bulletin van het Rijksmuseum, 26, 1978, 147-174.
-Urs Boschung, Dutch Medical Biography, 1984, 1144-1146).
[3]
Un’opera a prima vista un po’ meno attraente è il piccolo bassorilievo in terracotta (fig. 10), una raffigurazione dell’Uomo del Dolori. C’è un grande problema riguardo al nome dell’artista.
Avvertiamo subito che non si è ancora completamente lasciato il tardo gotico. Il trattamento del corpo nudo di Cristo, l’espressione del Suo volto, la sua posizione sopra il sarcofago rappresentato come gotico, ricorda l’arte del Trecento, il drappeggio del ricco manto richiama alla mente la prima maniera del Ghiberti, in questa direzione, i delicati movimenti dei graziosi angioletti e le loro testine infantili trattate in modo naturalistico ci portano a comprendere cosa intendeva il Rinascimento quando si doveva rappresentare plasticamente l’espressione e la personalità del bambino.
È difficile che questo bassorilievo sia stato eseguito fuori Firenze, come minimo l’artista deve aver lavorato nella cerchia dell’iniziatore della nuova tendenza a Firenze. Si pensa istintivamente a Nanni di Banco; forse ancor più probabilmente alle opere di San Fermo in Verona, di cui è indicato come autore Nanni di Bartolo (Rosso [in italiano nel testo]).
Ma ci può bastare apprezzare questa opera come caratteristica del periodo di transizione, come il lavoro di un artista che, colpito dal Movimento seppe perlomeno comprendere la sua specificità, seppure in maniera limitata. Il piccolo bassorilievo è un’opera molto suggestiva, che colpisce quanto più la si osserva, ed inoltre è esemplare di un’arte che raramente si ritrova nelle collezioni al di fuori degli edifici per cui fu concepita (traduzione dal tedesco di Eugenia Fantone).
[4] È abbastanza strano che Guido Cagnola, proprietario del Cristo in Pietà con Angeli del Bergognone e destinatario dell’estratto con l’articolo di Pit (dedicatogli però da una persona diversa dall’autore che non è stato possibile identificare), non abbia pensato di pubblicare il rilievo in terracotta sulla sua Rassegna d’Arte. In quest’occasione la raccolta della rivista non è stata consultata, ma sorprende che il rilievo sia sfuggito, a quanto mi consta, all’abbondante critica che si è occupata della tavola del Bergognone.
[5] Vedi, ad esempio, La Deposizione dalla Croce del monogrammosta MR (alias Maestro delle nubi a spiga) (aprile 2016) [Leggi].
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, novembre 2017
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Post Scriptum (febbraio 2021)
Nel novembre 2014, il dipinto di Bergognone della Collezione Cagnola era stato sottoposto da parte del prof. Gianluca Poldi a una serie di esami non invasivi, tra cui una riflettografia.
Poco più tardi, nel giugno 2015, Poldi aveva partecipato, in veste di relatore, a un convegno a Milano in Ambrosiana dal titolo Storia e storiografia dell’arte del rinascimento a Milano e in Lombardia, presentando un intervento dal titolo Esempi di disegno sottostante “alla prima” nella pittura lombarda tra fine Quattrocento e primi decenni del Cinquecento, all’interno del quale si parlava anche del dipinto Cagnola.
A seguito della pubblicazione dell’articolo di cui sopra, si è verificato uno scambio di mail (1.11.2017) con Gianluca Poldi ed entro finalmente in possesso degli atti del convegno.
Se ne desume che Bergognone, contravvenendo alla prassi per lui usuale di riportare sulla tavola (con la tecnica dello spolvero o altro) un tracciato ricavato da un disegno preparatorio, qui disegna direttamente sulla tavola pochi tratti e poi inizia a dipingere. Ma non solo, anche rispetto a questo “schizzo” il pittore ha dei ripensamenti: in riflettografia di vede una “colonna disegnata leggermente più alta” (differenza questa rispetto al rilievo Lanz che mi era sfuggita nella stesura dell’articolo) e “verso la croce salivano da destra alcune linee oblique poco definite, con un paio di segni ad esse ortogonali, con tutta probabilità una scala”.
Si è pensato che la “libertà grafica” riscontrata in riflettografia sotto il dipinto fosse dipesa dall’essere una derivazione da una effigie che il pittore aveva già a disposizione, giungendo a sostenere che il dipinto di Bergognone derivi dalla terracotta (da questa o da una assai simile) e non viceversa.
Ne consegue l’infondatezza dell’ipotesi sopra suggerita che un dipinto (giovanile) di Bergognone, realizzato per la cella di un priore, potesse aver costituito un modello per altre opere, plastiche e non.
Un’ultima considerazione. Corinna Tania Gallori, nell’eccellente saggio Il trittico del Diözesanmuseum di Vienna, opera lombarda databile al 1460 circa (Arte Lombarda n. 1.2, anno 2010, pp. 24-38), sostiene che l’iconografia del Cristo in Pietà con Angeli (Engel-Pieta), che accomuna un particolare del trittico del Diocesano viennese (dove compare una scala, anche se posizionata a sinistra per chi guarda rispetto alla Croce), la tavola della Collezione Cagnola e numerose altre opere, tra cui numerosi rilievi in legno, si diffonde in Nord Europa (Germania) nel corso del XV secolo – e da qui in Italia in epoca più avanzata (dal 1460 circa in poi) – avendo probabilmente come modello un’incisione (tedesca) realizzata entro la prima metà del secolo.
Tuttavia, almeno nel caso della tavola Cagnola, le forti similitudini rispetto al rilievo in terracotta della Collezione Lanz (che non trova confronti puntuali nei vari esemplari pubblicati dalla Gallori, ad eccezione ovviamente della tavola medesima) e i “ripensamenti” che ad esso lo connettono ancora più strettamente, fanno pensare che Bergognone avesse sotto gli occhi proprio questo (o qualcosa di molto simile), a meno che non avesse circolato, tra le tante, una specifica incisione che li abbia influenzati entrambi (tavola e rilievo).