Il dipinto san Vincenzo Ferreri di Baldassare Verazzi a Turbigo
di Paolo Mira
“Ho esaminato il dipinto a buon fresco eseguito nel Campo Santo di Turbigo, e lo trovai in buono stato e fatto da Verazzi, escluso però delle macchie fatte nella veste della dolorata, queste sono fatte dopo ch’io consegnai il lavoro, del restante io non trovo ragionate le calunie fattemi del mio dipinto, perciò standomi al contratto e alla scrittura rilasciatami il 6 Luglio 1846 all’atto della consegna del medesimo dipinto Lo prego caldamente di farmi lo sborso più presto possibile perch’io degli impegnati portantissimi di famiglia, atteso anche che il collaudo delle altre opere è già fatto. Riguardo al rif.mo del quadro di S. Vicenzo Fer. io ritengo e mantengo la parola come comissione di Lei e di due frabricieri, il contratto fatto nell’ostaria di un medesimo frabbriciere è di £ 270. e £ 275. col ecce uomo, dietro questa comissione io ho già fatto lo bozzetto, e già preso la tela, del sudetto quadro. Ora attendo la di Lei compiacenza di due righe di riscontro di che posso io sapermi regolare… Mi protesto colla più viva e sincera stima di Lei […] Servo Baldassare Verazzi P. Ora abitante C.a della Cervetta N° 366” (nota 1).
Questo breve scritto, datato 18 settembre 1846 e indirizzato dal pittore Baldassare Verazzi di Caprezzo al parroco di Turbigo (Mi) don Pietro Bossi (nota 2) e alla Fabbriceria parrocchiale, racchiude numerose informazioni.
Già da una ventina d’anni si sapeva che a Turbigo era conservato un dipinto ottocentesco, bisognoso di un urgente intervento di restauro, raffigurante San Vincenzo Ferreri, opera di Verazzi, ma nessuno fino a ora si era interessato di compiere uno studio approfondito su questo pittore [Figura 1, nota 3].
Figura 1. Baldassare Verazzi, San Vincenzo Ferreri, olio su tela, 1850, Turbigo (Mi), parrocchiale.
La lacuna è stata colmata qualche tempo fa dagli storici Fabio Copiatti e Valerio Cirio con il volume “Baldassare e Serafino Verazzi, pittori del lago Maggiore. Due vite tra Verbano, Milano e America Latina” (nota 4).
“Il libro – sottolinea la critica (nota 5) – racconta la vita di due pittori, padre e figlio, originari di Caprezzo, piccolo paese della Valle Intrasca. Baldassare, nato a Caprezzo nel 1819 e morto a Lesa nel 1886 (nota 6), visse per diversi anni a Milano (nota 7), studiò all’Accademia di Brera negli anni dal 1833 al 1842 e ancora nel 1851, quando ebbe come insegnante Francesco Hayez. Nel 1851 vinse il “Premio Canonica” con l’opera La parabola del Samaritano e nel 1854 il “Premio Mylius” con Raffaello Sanzio da Urbino presentato da Bramante al pontefice Giulio II. Dopo i primi lavori emigrò in America Latina, dove si fece conoscere per composizioni storiche e allegoriche, e per ritratti. L’opera più famosa, Episodio delle cinque giornate, è esposta al Museo del Risorgimento di Milano”.
Molte sono le opere ancora conservate di Verazzi, in particolare in Piemonte, in Lombardia e nei principali musei dell’America latina; accanto a un vastissimo numero di ritratti, solo per citarne alcune, ricordiamo la Sacra famiglia in Egitto conservata a Melzo, l’analogo dipinto a Trobaso, gli affreschi nella cappella dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, nella chiesa di San Martino a Malnate (nota 8) e in quella di Santa Maria Maggiore a Dorno, l’Angelo custode della parrocchiale di Bée, la Madonna della Misericordia a Caprezzo, il San Rocco che soccorre gli appestati a Ramello di Cambiasca. Ora al catalogo del Verazzi è possibile aggiungere, senza ombra di dubbio, anche la tela di Turbigo, ulteriormente confermata dalla scritta posta sul telaio del dipinto, che attesta: “Verazi Baldassarre fecce li 3 maggio 1850 per commissione del parroco Bossi” (nota 9).
Come il parroco di Turbigo, don Pietro Bossi, abbia conosciuto un pittore di tale livello non è ancora chiaro, ma vista la grande dinamicità che contraddistinse il sacerdote la cosa non stupisce affatto.
Ma torniamo alla lettera scritta da Verazzi [Figura 2].
Figura 2. Lettera di Verazzi del 18.9.1846 (Turbigo, Archivio Parrocchiale).
Nella prima parte del documento il pittore fa riferimento ad alcune contestazioni che gli erano state mosse, forse per un possibile precoce deterioramento di un dipinto raffigurante la Madonna addolorata, molto venerata in paese e realizzata per la nuova cappella del cimitero di Turbigo, purtroppo oggi non più esistente. Le ricerche fin qui condotte non ha consentito di comprendere con precisione quali fossero le “calunnie” mosse contro il dipinto del Verazzi, né conoscere quali altre opere – di cui il “collaudo era già stato fatto” – avesse seguito a Turbigo.
Nell’Archivio parrocchiale, infatti, non vi è alcun cenno ad altri lavori eseguiti a Turbigo dal Verazzi: il nome del pittore non è mai citato nei registri cassa, nei bilanci preventivi e consuntivi presentati annualmente, nei verbali delle sedute della Fabbriceria, né tanto meno sono presenti altri scritti del pittore o confessi di pagamento, all’infuori di quelli riguardanti al tela di San Vincenzo. Negativo è stato anche l’esito delle ricerche nell’Archivio Storico Civico del Comune di Turbigo. Certi sono, invece, i numerosi impegni artistici a cui fa cenno il Verazzi nel suo scritto, che lo videro protagonista dal 1844 al 1846, tra cui – come documentato nel volume di Copiatti e Cirio (nota 10) – le diverse edizioni delle rassegne artistiche de “Le Società Promotrici di Torino” e le “Esposizioni delle opere degli artisti e dilettanti presso le gallerie dell’I. R. Accademia di Brera a Milano”. Ma il documento con cui abbiamo aperto questo scritto parla anche, e soprattutto, della tela raffigurante San Vincenzo Ferreri, per la quale il Verazzi informava di aver già acquistato la tela e di averne già tracciato il bozzetto.
In paese la devozione a San Vincenzo risaliva al Settecento con l’arrivo della reliquia e con la prima processione delle campagne celebrata nel 1778, abbinando la devozione al santo alle antiche rogazioni del mese di maggio, ma in chiesa parrocchiale non vi era, fino a quell’epoca, alcun altare a lui dedicato né tanto meno statue o dipinti che lo raffigurassero. Fu proprio don Bossi a volere l’altare e la pala di San Vincenzo del Verazzi, quasi a coronamento della raccolta delle testimonianze e della ricostruzione delle vicende locali, che avevano portato la devozione al santo domenicano in paese. Fino a metà Ottocento – scriveva don Bossi – “non vi era però in Chiesa né Altare alcuno né quadro di questo Protettore S. Vincenzo e stante che nella Cappella prima entrando a dritta della Chiesa non vi era che un Ecce Homo (nota 11) con cornice dorata, ed in origine di valor d’arte ma ora rovinata, priva de’ più bei angioletti, e senza altare, si pensò a trovar profitto di quella cornice, il di cui restauro portava una spesa pressoché impossibile alla Chiesa, e perciò messa in vista a Milano presso il benemerito Sig. Torretta marmorino trovò un acquirente d’affezione in un Principe di Prussia che la pagò Mil. £ 400, e con queste, e con altri ricavò, fra i quali il corrispettivo ritirandosi dall’Asta, del nuovo Campo S.o di M. £ 200 dal Sig. Galli si costrussero in stucco lucido i due altari l’uno a S. Diego, e l’altro appunto a S. Vincenzo, con apposita decorosa nicchia per l’Ecce Homo, i quali altari costrutti dal Sig. Giovanni Negri nel 1846 costarono di sua fattura mil. £ 700, e più altre £ 464 per le spese di costruzione in rustico. Dappoi si pensò al quadro del Santo che commesso al Sig. Baldassare Verazzi si ebbe finito nel 1850, al prezzo di Mil. £ 350 riuscita di assai maggior valore. E con questo avuta sotto il giorno 17 Aprile detto 1850 la facoltà Ecclesiastica per la benedizione, se ne fecero due feste solenni: il 4 Maggio per la benedizione della Cappella, ed il seguente giorno per il Santo Protettore, essendosi anche oltre il quadro costrutte a tal’effetto a questo ed all’altro altare le balaustre di marmo per opera del Sig. Bartolomeo Torretta finite nel 1849 precedente, e che costarono per sua parte, oltre gli altri accessorj di muratore etc. mil. £ 1042” (nota 12).
A ulteriore conferma dei lavori esegui sono due ricevute di pagamento di Baldassare Verazzi conservate nell’Archivio parrocchiale di Turbigo. Il 30 aprile 1850 il pittore rivolgendosi alla “degnissima Fabbriceria di Turbigo” scriveva: “Certifico d’aver ricevuto dalla su nominata fabbriceria ed in presenza del Deg.mo Sig.r Parroco £ 300 Milanese in aconto del quadro di S. Vicenzo Fererio per loro eseguito e resterà ancora a dempiere l’intero saldo lire 50. Ho il vantaggio di soscrivere di Suo Aff.mo Servitore Baldassare Verazzi” (nota 13). E ancora l’8 gennaio 1851: “Certifico io sottoscritto daver ricevuto dal Degnissimo Fabbriciere Sig.r Santino Mazzoni £ 50 Milanesi residuo e sono appieno saldo del Quadro di S. Vicenzo Fererio, ove si conserva nella sua Deg.a Parocchia di Turbigo. Con tutta la più alta stima mi soscrivo aff.mo Servo Baldassare Verazzi” (nota 14). Unito a questa documentazione vi è anche la registrazione di varie altre spese (nota 15): £ 11 pagate il 30 aprile 1850 all’indoratore Antonio Pirovano per “l’indoratura a lucido” della cornice del quadro di San Vincenzo, il 29 agosto 1850 £ 32 a favore di Fortunato Gornati di Ossona per “ornati e pittura alla cappella di San Vincenzo” e £ 12 a saldo di vari lavori, tra cui quelli alla cappella di San Vincenzo, realizzati dal fabbro locale Giovanni Cavajani nel 1849. Tutte queste spese sono documentate anche nel Bilancio consuntivo del 1850 (nota 16) e nella “Cassa dei Contanti 1850” (nota 17). Qualche maggiore dettaglio sulla costruzione degli altari e sulla commissione del dipinto al Verazzi è contenuta nei verbali delle sedute della Fabbriceria. Nel resoconto della terza “sessione”, tenutasi l’11 luglio 1845 (nota 18), si legge: “Dichiarasi ben venduta a mano del Marmorino Sig. Torretta di Milano la cornice a frastagli e ornati dorata che circondava l’Ecce Homo al prezzo di £ 400 Milanesi (lire quattrocento) quali per ora giaceranno in deposito presso il Sig. Torretta istesso, che viene interessato con questo fondo, e con altri proventi straordinarj di dare uno schizzo di disegno per un nuovo altare all’Ecce Homo, a compire il quale altare si aggiungerà l’Effigie del Patrono San Vincenzo Ferreri. In appoggio a detto schizzo si passerà ad esperimento di prezzo con altri marmorini per scegliere all’esecuzione fra essi ed il Sig. Torretta il miglior offerente. Questa spesa dovendosi eseguire con fondi destinati dai divoti etc. non altrimenti che alla costruzione dell’Altare istesso procederà in conto separato dal Consuntivo generale della Chiesa, come opera piuttosto privata, che d’amministrazione legale. Essendo poi stato proposto l’opera di un Pittore, che si presterebbe contro Austr. £ 250 di dare in tela ad olio il quadro di San Vincenzo, si determina di trattarne, come accettabile la proposta”. L’argomento fu nuovamente preso in considerazione durante la seduta della Fabbriceria del 4 luglio 1847 (nota 19). “Si premette che nello scorso anno – si legge nel verbale redatto dal parroco Bossi – furono costrutti due altari nella Parrocchiale di cotto a stucco lucido, per il quale le spese di costruzione furono già pagate ne’ Conti, come anche parte delle spese di stucco a lucido, essendosi per queste sul prezzo totale convenuto con Sig. Giov. Negri di £ 700 avute £ 400 di ricavo di una cornice dorata ad intaglio già di contorno all’Ecco Homo venduta in via privata, ed altre £ 200 per abbuono ceduto alla Fabbriceria in occasione dell’Asta della costruzione del nuovo Campo Santo. Si approva ogni cosa così fatta e pagata, e sull’introito delle gallette di quest’anno ammontante a più di £ 400, pagati i debiti residui di un paramento rosso in terza ordinato e finito dal Sig. Vassalli di Milano e degli ottoni, si faranno le pratiche per fare all’uno degli altari nuovi, cioè a quello dell’Ecce Homo i cancelli ossia balaustre di marmo, nonché sull’alzata dello stesso il quadro ideato di S. Vincenzo Ferreri”.
La realizzazione del dipinto tuttavia tardava a essere ultimata; il contratto, infatti, era già stato steso dal 1846 mentre la sua consegna sarebbe avvenuta solo nel 1850. Le motivazioni di tale ritardo sono contenute nel verbale di un’ulteriore seduta della Fabbriceria del 31 luglio 1848 (nota 20), nella quale si legge: “Si trovano di comune aggradimento fatti il restauro dell’organo, e per economia operando un solo contratto insieme alla balaustra dell’altare di S. Vincenzo quella pure di S. Diego. Il quadro di S. Vincenzo si lascia in pendenza, in modo, che essendo già data la commissione al Sig. Verazzi di Milano, se ne lasci corso alla commissione, ma senza farvi urgenza onde prender tempo atteso lo stato addebitato della chiesa”.
Finalmente nel 1850 il dipinto veniva consegnato alla parrocchia di Turbigo e i debiti quasi interamente pagati (nota 21).
NOTE
[1] Archivio Parrocchiale di Turbigo (APT), Sezione Chiesa, Cartella Carteggio diverso.
[2] P. Mira, Cento anni fa moriva don Pietro Bossi, in settimanale “Luce” del 3 novembre 1991.
[3] P. Mira, San Vincenzo firmato Verazzi, in settimanale “Luce” del 8 luglio 2007.
[4] F. Copiatti – V. Cirio, Baldassare e Serafino Verazzi, pittori del lago Maggiore. Due vite tra Verbano, Milano e America Latina, Alberti Libraio Editore, Verbania 2006.
[5] Una sintesi del volume di Fabio Copiatti e Valerio Cirio è pubblicata sul sito Verbanensia.org [Leggi].
[6] F. Copiatti – V. Cirio, «Una visita alla casa del pittore Baldassare Verazzi, a Lesa». Villa degli Aranci, dei Verazzi, a Lesa,n ella descrizione dello scultore italo-uruguaiano Edmundo Prati, in“ Antiquarium Medionovarese”, 2/2007, GASMA, Arona, pp. 377-390.
[7] Nel XVIII e XIX secolo vivevano a Milano diverse persone originarie di Caprezzo, tra cui i Verazzi, i Barbini, i Borgazzi, e la loro presenza è già stata ben documentata da F. Copiatti – V. Cirio, Baldassare e Serafino Verazzi… op. cit., p. 25-26. Oltre alle indicazioni contenute nella Guida generale del commercio e dei recapiti di Milano, pubblicata dal 1826 al 1837, e nella Guida di Milano, per il periodo dal 1838 al 1857, possiamo aggiungere alcune ulteriori notizie conservate in Archivio Storico Civico di Milano, Famiglie, cartella 1543, fascicolo Verazzi, utili per la conoscenza della famiglia nel capoluogo lombardo. Un documento del 17 Pratile dell’anno VI Repubblicano (5 giugno 1798) informa del matrimonio di Giacomo Antonio Verazzi, domiciliato in Contrada de’ Medici N° 3451 di professione macellaro de’ castrati, figlio del fu Bernardo già contadino e della fu Domenica Barbini, con Maria Catterina Borgazzi domicilia in Contrada de’ Medici N° 3438, figlia di Bartolomeo domiciliato a Caprezzo, sul lago Maggiore, pieve di Intra, di professione contadino e di Lucia Bisesti, nonostante il vincolo di consanguineità di quarto grado; come testimoni sono chiamati Giuseppe Antonio Borgazzi di 28 anni e Francesco Verazzi, zio dello sposo, esso pure macellaro de’ castrati, domiciliato in Contrada di San Vito al Carrobbio N° 3874. In un documento del 16 Frimaio dello stesso anno VI (6 dicembre 1797) si fa riferimento alla macelleria dei soci Francesco Verazzi e Gio. Antonio Barbino in San Vito al Carrobbio. Il 28 Termidoro dell’anno IX (16 agosto 1801) si parla di una multa di cinque scudi per Gaspare Verazzi, altro macellaro de’ castrati in Contrada del Durino. Il 28 Fiorile dell’anno VI (17 maggio 1798) è registrata la nascita di Pietro Natale, figlio di Francesco Ravizza e Cipriana Verazzi, “fruttaroli” in Contrada San Simone N° 2889; il bambino morirà il 7 agosto 1798. E ancora al 26 Pratile del VII anno Repubblicano (14 giugno 1799) è la nascita di Pietro Giovanni Verazzi, figlio di Giuseppe, fabbro di 31 anni domiciliato in Contrada del Laghetto N° 4846, e di Anna Maria Canetta. Al 13 settembre 1822 risale, invece, la nascita di Abbondio, figlio di Raffaello Verazzi e Anna Maria Zappelli nella parrocchia di San Giorgio al Palazzo, mentre il 20 gennaio 1829 quella di altro Giacomo Antonio figlio di Bernardo e di Antonia Giussani nella parrocchia di San Francesco di Paola. Infine, del 29 Germinale dell’anno VII (18 aprile 1799) è l’annotazione del deposito di due capitali sul Monte di Santa Teresa da parte di Anna Maria Verazzi e della suocera Maria Antonia Sevesa.
[8] F. Copiatti – V. Cirio, L’opera di Baldassare Verazzi, pittore verbanese, nella chiesa di San Martino di Malnate, in “La Cava 2007” (vol. XIV), Macchione ed., Varese 2007, pp. 7-19.
[9] Aa.Vv., Libro catalogo della mostra celebrativa nel cinquantenario della dedicazione della chiesa parrocchiale, Turbigo 1986, p. 84; G. Leoni, Nascita ed evoluzione della Parrocchia nella Pieve di Dairago. La Parrocchia di Turbigo, in “Contrade Nostre”, (1986) n. 21, p. 78.
[10] F. Copiatti – V. Cirio, Baldassare e Serafino Verazzi… op. cit., p. 207-208.
[11] Si tratta di un antico busto il legno policromo di fattura barocca, ancora oggi conservato in chiesa parrocchiale e utilizzato da tempo immemorabile durante i riti della Settimana Santa. Si hanno numerose attestazioni in Archivio parrocchiale su questo manufatto, tra cui un confesso di pagamento del 19 dicembre 1849 dell’indoratore Antonio Pirovano che attesta l’avvenuto saldo per lavori eseguiti alla statua il 26 luglio 1847; in particolare “Fatto oro e bronzo un zoccolo per il busto dell’Ecce Homo – £28. Pagati all’intagliatore per farlo aggiustare il suddetto zoccolo e la statua – £5” (Cfr. APT, Sezione Chiesa, Cartella Confessi e Conti di cassa 1843-1859).
[12] P. Bossi, op. cit., pp. 64-65.
[13] APT, Sezione Chiesa, Cartella Confessi e Conti di cassa 1843-1859.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem.
[16] Ibidem.
[17] Ibidem.
[18] APT, Sezione Chiesa, Registro delle Sessioni della Fabbriceria di Turbigo dal 1844 al 1874, Seduta dell’11 luglio 1845.
[19] Ivi, Seduta del 4 luglio 1847.
[20] Ivi, Seduta del 31 luglio 1848.
[21] Per ulteriori approfondimenti sulla vicenda del dipinto e della devozione locale a San Vincenzo si rimanda a P. Mira, La devozione di Turbigo a San Vincenzo Ferreri e il dipinto di Baldassare Verazzi, in “Bollettino Storico per la Provincia di Novara”, Società Storica Novarese, anno C – 2009, semestre n. 1.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, maggio 2013
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