Il mobile laccato veneziano della metà del XVIII secolo
di Manuela Sconti Carbone
Fra i mobili più preziosi dell’ebanisteria italiana del settecento un posto particolare spetta al cassettone laccato veneziano.
Da quando nella seconda metà del XVI secolo furono importati dall’Oriente i primi oggetti in lacca questo tipo di finitura ha visto una diffusione sempre crescente in tutta Europa, tanto da costituire una vera e propria moda per i due secoli a seguire.
I mobili laccati venivano commissionati con l’intento di armonizzarli con le decorazioni delle pareti, dei soffitti e delle porte, creando così un insieme armonico e spettacolare.
Nella metà del XVIII secolo la cosmopolita Venezia rivaleggiava con Parigi come capitale del gusto, della moda e di ogni forma di lusso.
E’ in questo contesto che, mentre la Repubblica Veneziana mostrava segni di decadenza politica ed economica, le famiglie aristocratiche ed i ricchi mercanti cominciarono a dissipare le proprie fortune per decorare le proprie Ville e Palazzi. Gli arredi realizzati in riva alla laguna, probabilmente meglio di ogni altro arredo prodotto in Italia, incarnarono il vero spirito dello stile rococò, perdendo la solennità del più scultoreo stile barocco.
Il trionfo delle curve caratteristico di questo nuovo stile trova nel cassettone il mobile che forse meglio riesce ad esprimere il gusto e l’abilità dei “depentori”, gli artigiani che si occupavano di dipingere e finire a lacca le sinuose sagome eseguite dai “marangoni”, i falegnami.
Il cassettone facente parte della collezione del Museo del Castello Sforzesco di Milano [FIGURA 1], ne rappresenta uno splendido esemplare.
Figura 1
La forma esasperatamente accentuata, la così detta doppia mossa, è un trionfo di curve e controcurve. Due cassetti sottolineati dalle tipiche profilature incise. Poderosi e sporgenti sono i montanti, su cui si innestano gambe ad “s”. Molto pronunciata e bizzarra è la “baccelliera” che spesso diventa spunto di decorazione. Il piano sagomato, decorato in finto marmo, segue la struttura ondulata dell’arredo. Sotto il piano la caratteristica gola è creata per raccordare il coperchio, solitamente più stretto, al corpo del mobile.
Il decoro floreale policromo su fondo chiaro con cui è arricchito il cassettone rappresenta uno dei tipici decori veneziani del terzo quarto del Settecento. Tali decori venivano realizzati in diversi modi: semplicemente dipinti, a pastiglia o ad intaglio.
Nonostante la grande diffusione di questo tipo di arredo, è del tutto eccezionale reperire i nomi degli artigiani, poiché non era costume apporre la propria firma sui manufatti. E’ documentato un “depentore” attivo nella Serenissima durante la seconda meta del secolo XVIII di nome Agostino Dal Bene. Tale artigiano, come si deduce da una relazione del nobiluomo Gabriello Marcello, spediva lacche non solo in Italia ma anche in Germania e Spagna; allo stesso tempo ne importava dalla Cina.
Un’importante scoperta si è realizzata su un’eccezionale ribalta con alzata a “chinoiseries” venduta a Londra presso la casa d’aste Sotheby’s nel marzo 1999, lotto 93: su tale mobile è stata trovata la firma “Vizzo” [FIGURA 2].
Figura 2
Per quanto riguarda la costruzione si utilizzava il sistema a doghe verticali. I falegnami riuscivano a creare l’eleganza delle curve giustapponendo e incollando, come si fa per costruire il fusto delle botti, assi lunghe e strette a sezione trapezoidale, tenute insieme da un listello di legno in controvena.
Lo schienale generalmente era costruito ad assi orizzontali inchiodate direttamente sullo spessore del fianco, le varie parti dei cassetti erano semplicemente inchiodate.
La struttura era in legno dolce, solitamente abete o legno di cirmolo, essenze facilmente lavorabili. La finitura “a lacca” veniva ottenuta stendendo dapprima il colore a tempera su una preparazione in gesso (a base di gesso di Bologna e colla) e poi fissandolo mediante l’applicazione di molte mani di una resina trasparente: la sandracca, che rendeva le superfici lucide. Un accorgimento adottato per evitare che il gesso, asciugando, si spaccasse marcando di conseguenza anche la pittura che lo ricopriva, prevedeva l’incollaggio di sottili strisce di tela lungo le giunture delle assi costituenti lo scheletro.
La sandracca, che veniva ricavata da una conifera dell’Africa Settentrionale, con il passare del tempo tende ad assumere una leggera tonalità giallastra che può modificare i colori originari. Tipico il caso dell’azzurro che, a causa dell’ossidarsi della sandracca, col tempo vira nel colore verde.
Accanto alla tecnica più tradizionale, con l’intento di rendere più semplice e meno costosa la realrealizzazione degli arredi, si afferma la così detta lacca povera o contraffatta. Un ottimo esemplare di qdi questo tipo di mobile è stato presentato in asta da Sotheby’s nel marzo 1999, lotto 126 [FIGURA 3].
Figura 3
Il procedimento consisteva in una decorazione ottenuta applicando al mobile finito delle figurine stampate su carta speciale che, opportunamente ritagliate, venivano colorate e protette con la sandracca. Tale procedimento, anche se eseguito con grande cura, è riconoscibile poiché le figurine rimangono sensibili al tatto.
Gli stampatori più famosi di tali figurine furono i Remondini di Bassano del Grappa, mentre fra le più fiorenti e note botteghe di arredi in lacca povera è doveroso ricordare quella di Giacomo Locatelli. Il cartellino incollato su un mobile [FIGURA 4] reca la scritta: Lavori di Giacomo Locatelli all’insegna del Redentore in merceria Venezia.
Figura 4
17 Luglio 2007 © riproduzione riservata