Il monogrammista T.R. ovvero Timoteo Refato (o Refati), medaglista e altro
di Attilio Troncavini
Nell’aprile 2019 è passata in asta presso la casa d’aste Artemide, specializzata in numismatica, una medaglia raffigurante, sul recto, la testa di un personaggio stempiato e barbuto con la scritta HORATIVS TIGRINVS DE MARIIS e la sigla T.R. e, sul verso, una cagna in corsa con un’erma di Minerva sulla schiena e la scritta HOC AGE (dedicati a quel che fai) [Figura 1].
Figura 1. Monogrammista T.R. (Timoteo Refato), Medaglia di Orazio Tigrino de Mari, 1575 circa, piombo, diametro mm. 32, sul recto: HORATIVS TIGRINVS DE MARIIS T.R.; sul verso: HOC AGE, Artemide, 27-28.4.2019 n. 769.
Secondo la didascalia che accompagna la medaglia riportata nel sito deamoneta.com, portale delle aste numismatiche (nota 1), Orazio Tigrini de’ Mari (1535-1591) sarebbe stato un sacerdote e compositore vissuto ad Arezzo, allievo di P. A. Bivi, ossia del canonico e musicista Paolo Antonio del Bivi (Arezzo 1508-1584). Di lui si dice “… prima maestro di canto nella cattedrale di Santa Maria della Pieve (dal 1560), quindi (dal 1562) maestro di canto del Duomo, assumendone anche la direzione della cappella nel 1565, lasciò l’incarico nel 1567. Ma nel 1570, dopo la gestione del fiammingo N. Plumere (1568) e di F. Signoretti (1569), alla direzione della cappella veniva nuovamente chiamato il Tigrini, che tuttavia tenne la carica poco più di un anno, per passare poi alla direzione della cappella del Duomo di Orvieto, dove rimase fino al 1587. Nel dicembre dello stesso anno rientrò ad Arezzo, per assumere nuovamente in Duomo le mansioni di maestro di canto e di maestro di cappella, che mantenne fino alla morte”.
In realtà, accreditando un bel saggio dal titolo Sulle tracce di Orazio de’ Mari Tigrino, I: studi antiquari ed erudizione cristiana nella Roma di Gregorio XIII e Sisto V, scritto da Marco Folin e Monica Preti per il semestrale Annali della Scuola Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia, serie 5, 2021, 13/1, pp. 181-220, la medaglia (di cui viene pubblicata l’immagine) sarebbe riferita a un altro personaggio: Orazio de’ Mari Tigrino, definito “quasi omonimo”.
Di quest’ultimo si hanno pochissime notizie che il saggio riunisce al fine di identificarne la personalità. In sintesi, si tratta di un cosmografo con competenze di architettura e prospettiva, esperto e collezionista di antichità; potrebbe essere lui ad aver fornito, quasi certamente ideato, i cartoni per gli affreschi della Sala del Mappamondo di Palazzo Farnese a Caprarola (Vt), eseguiti dal pittore Giovanni Antonio da Varese detto il Venosino (1537-1591) e ultimati entro il 1574 (nota 2).
Abbiamo divagato sull’identificazione dell’Orazio Tigrini raffigurato nella medaglia perché anche l’artefice che si nasconde dietro il monogramma T.R. – che qui ci interessa in modo specifico – soffre di un possibile scambio di personalità. A questo proposito, nel saggio di Folin e Preti si legge: “Del resto la medaglia è di qualità, per quanto – tanto per cambiare – non si abbia alcuna notizia sull’autore, «T.R.»: sappiamo solo che questo monogramma era utilizzato da un medaglista attivo a Roma negli anni Settanta del Cinquecento, nient’altro”. Vengono citate due fonti: P. Attwood, Italian Medals c. 1530-1600, 2 volumi, Londra 2003, p. 401, n. 983°, vol. II, tav. 204 e G. F. Hill, Timotheus Refatus of Mantua and the Medallist ‘T. R.’, in The Numismatic Chronicle and Journal of the Numismatic Society, s. IV, 2, 1902, pp. 55-61.
Il nome di Timoteo Refato di Mantova, come esecutore della medaglia, viene fatto esplicitamente nella didascalia dell’asta Artemide del 2019 di cui sopra, dove si specifica che l’identificazione dell’incisore T.R. con Timoteo Refato o Refati è stata confutata dall’Hill, citando la fonte del 1902 appena menzionata (nota 3).
Nella stessa didascalia si legge che la siglia T.R. “è stata anche associata a Tommaso Roglia, attivo in Piemonte, ma non ci sono evidenze che colleghino T.R. o i soggetti delle medaglie da lui firmate al Piemonte”.
Tommaso Roglia
Prima di affrontare la questione Refato, proviamo a verificare la possibilità che il monogrammista T.R. sia Tommaso Roglia.
Troviamo alcune notizie a proposito di una Zecca ospitata all’interno del castello della contea di Passerano (At) la cui autonomia in capo alla famiglia Radicati di Cocconato (At) era stata ristabilita nel 1530 dall’imperatore di Spagna Carlo V, il quale aveva concesso anche il privilegio di battere moneta. Pare che le prime monete siano state emesse a partire dal 1589 e che uno dei primi maestri di zecca fu proprio Tommaso Roglia, di Torino, le cui iniziali T.R. apparvero su diverse monete (nota 4).
Altre notizie più circostanziate le possiamo reperire nel quarto volume di un testo di Domenico Casimiro Promis (1804-1874), intitolato Sulle monete del Piemonte: Memoria quarta. Monete dei Radicati e dei Mazzetti …, pubblicato a Torino dalla Stamperia Reale nel 1860.
Vi si legge (pp. 14 e 15), contrariamente a quanto indicato sopra, che le più antiche monete uscite dalla Zecca portano la data del 1581 e che in una moneta coniata a Passerano proprio nel 1581 compare la lettera R, identificata come l’iniziale di Tommaso Roglia, mentre in altre monete compaiono entrambe le iniziali di Roglia ossia T.R.
Egli era il nipote di Rolando Gastaldo di Torino, già maestro della Zecca di Torino nel 1577 e suo socio negli appalti delle zecche di Dezana (Vc), dal 1580 per tre anni, S. Benigno di Fruttuaria (ora San Benigno Canavese, To), di Passerano (ora Passerano Marmorito, At) e di Frinco (At).
Effettivamente, l’attività di Tommaso Roglia si svolge senza alcun legame con Mantova e Roma, al punto da ritenere che il monogrammista T.R. non sia lui.
Timoteo Refato
Per quanto riguarda l’altra ipotesi, ossia che il monogrammista T.R. sia Timoteo Refato, ci troviamo l’autorevole parere contrario espresso da Hill nel 1902 e una “non presa di posizione” da parte di Folin e Preti nel loro saggio del 2021 su Orazio de’ Mari Tigrino.
Di Timoteo Refato si era fatto cenno in un precedente articolo come possibile autore di una medaglia raffigurante l’incisora Diana Scultori (nota 5).
Cogliamo l’occasione per mostrare la medaglia in pendant, allora solo citata, riferita all’architetto Francesco Cipriani detto Volterrano (1535-1594), marito di Diana [Figura 2].
Figura 2. Monogrammista T.R. (Timoteo Refato), Medaglia di Francesco Cipriani, 1575 circa (?), bronzo, sul recto: FRANCISCVS VOLATERANVS T.R., sul verso: SI QVID VALEMVS (se possiamo), fonte: numismatics.org (American Numismatic Society).
La medaglia di Diana Scultori (Diana Mantovana) viene pubblicata da Hill tra quelle del monogrammista T.R. (Hill 1992, tav. II n. 5), insieme a un’altra medaglia che potrebbe aiutarci a progredire nella complessa questione dell’identificazione del monogrammista stesso (Hill 1992, tav. II n. 4).
Si tratta della medaglia del naturalista bolognese Ulisse Aldovandi (1522-1605) che mostriamo riprodotta in un disegno [Figura 3].
Figura 3. Monogrammista T.R. (Timoteo Refato), Medaglia di Ulisse Aldrovandi, 1570, sul recto: ULYSSES ALDROVANDUS PHI. BONOM. T.R. 1570; sul verso: SENSIBUS HAEC IMIS RES EST NON PARVA REPONIT (nota 6), fonte: gallicana.it (rielaborazione grafica).
Diverse fonti attestano i legami tra Ulisse Aldrovandi e Timoteo Refato.
La principale si deve a Giuseppe Olmi, autore del testo L’inventario del mondo. Catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima età moderna, pubblicato da Il Mulino a Bologna nel 1992, pp. 61-91 (nota 7).
Vi si legge che Timoteo Refati [sic], frate agostiniano (nota 8) originario di Mantova, si annovera tra i medaglisti e ceroplasti che lavorarono per Ulisse Aldrovandi. Probabilmente, trasferendosi da Mantova a Firenze, dove ebbe modo di operare per Francesco I de’ Medici (1541-1587), si fermò a Bologna presso Aldrovandi attorno al 1570 eseguendo medaglie in cera e piombo raffiguranti lo stesso Aldrovandi e alcuni suoi famigliari. La data del 1570 viene dedotta dal fatto che il figlio Achille, nato nel 1560, fu ritratto all’età di dieci anni. Olmi prosegue dicendo che Aldrovandi dichiara di essere stato ritratto da Refato all’età di quarant’anni nel 1562, desumendo che il primo incontro tra il naturalista doveva essere avvenuto a Mantova in occasione di una sua visita avvenuta proprio in quell’anno.
La conferma della presenza di Refato a Bologna nel 1570 pare comunque confermata dalla medaglia riprodotta in Figura 3, recante questa data, in cui si vede un uomo decisamente attempato.
Pertanto, la medaglia raffigurante un Aldrovandi quarantenne potrebbe essere un’altra (nota 9).
Sempre Olmi riferisce che Refato si dedicava anche alla scultura naturalistica di piccolo formato
“… nel solco di una tradizione, se non inaugurata, certo consacrata dal Riccio e negli stessi anni che videro l’affermarsi, oltralpe, dello ‘stile rustico’ di Bernard Palissy” (nota 10); pare che per Aldrovandi, egli abbia realizzato un ramarro verde in piombo “forse addirittura con calco sul vivo”, come pare si fosse soliti fare.
Infine, pare che Refato, durante il suo soggiorno bolognese, abbia eseguito anche tempere e disegni di soggetto naturalistico, così come il senese Pastorino Pastorini (1508-1592), altro collaboratore di Aldrovandi (nota 11).
Alcune conclusioni
Proviamo a tirare le somme a proposito del medaglista che ritrae sé stesso in una medaglia pubblicata da Hill (vedi ancora nota 8) conservata al British Museum di Londra [Figura 4].
Figura 4. Timoteo Refato (monogrammista T.R.), Medaglia autoritratto, 1566, piombo, diametro mm. 23, sul recto: TIMOT.REFATVS.SVI.IPS.EFFIGIATOR.; sul verso: T.R. NON.VLTRA.VIRES., Londra, British Museum.
Timoteo Refato (o Refati) è un monaco agostiniano (nota 12) originario di Mantova, ceroplasta e medaglista, già attivo a Mantova attorno al 1560 secondo la sua scarna biografia pubblicata sul sito del British Museum (nota 13). Esiste una remota possibilità che nel 1562 abbia incontrato a Mantova Ulisse Aldrovandi e che abbia eseguito un suo ritratto in piombo o cera. Sicuramente si trasferisce attorno al 1570 a Bologna dove lavora presso lo stesso Aldrovandi producendo medaglie, piccole figure di animali in piombo e probabilmente anche alcune illustrazioni naturalistiche.
È proprio il rapporto con Ulisse Aldrovandi, lo ripetiamo, il motivo per il quale siamo più che tentati di identificare con Timoteo Refato il monogrammista T.R., superando le remore di Hill, il quale, per motivi stilistici, resiste all’idea di attribuire a Refato il corpus siglato T.R., nonostante la medaglia autoritratto di cui alla Figura 4 (da lui pubblicata), sia firmata “per esteso” Timot. Refatus e contemporaneamente siglata T.R.
Refato prosegue il suo viaggio per Firenze dove lavora per Francesco I e, attorno al 1575, lo troviamo a Roma dove esegue la medaglia di Orazio Tigrino de Mari (vedi ancora Figura 1) e probabilmente anche quelle di Diana Scultori e del marito Francesco Cipriani (vedi ancora Figura 2).
NOTE
[1] Sempre secondo la didascalia, “di questa medaglia è conosciuto un solo altro esemplare in piombo conservato presso il British Museum”, ma il riferimento di inventario fornito “BM. George III Illustrious Persons 1073” non ha consentito di rintracciare la medaglia nel sito del museo inglese.
[2] Gli argomenti sviluppati nel saggio (a cui si rimanda) per ricondurre la medaglia di Figura 1 all’Orazio Tigrino “cosmografo” sono molto persuasivi per non dire schiaccianti.
[3] George Francis Hill effettua una distinzione, essenzialmente per motivi stilistici, tra il medaglista che si firma TIM. REF. MANT., ossia Timoteo Refato (da lui chiamato Refatus), e il medaglista che si sigla T.R. che non viene meglio identificato.
[4] Nella Zecca di Passerano venivano coniate anche monte contraffatte, non solo locali, ma anche di altre zecche (lombarde, venete, svizzere, tedesche e francesi). Anche per questo motivo, il privilegio fu revocato dal duca di Savoia Carlo Emanuele I nel 1598 è l’attività cessò.
[5] Si rimanda all’articolo Diana Scultori “incisora”, notizie riguardanti il padre Giovanni Battista e alcuni artisti “misteriosi” (ottobre 2022) [Leggi] (ivi Figura 5).
[6] Come spiega Hill, l’iscrizione è un adattamento di una frase di Virgilio: sensibus haec imis res est non parva reponas” (Ecloghe, III, 54) (i tuoi sensi più profondi non sono poca cosa). La medaglia da lui riprodotta reca sul recto la scritta: ULYSSES ALDROVANDUS PHI. AC MED. T.R. e non compare alcuna data.
[7] Lo stesso autore aveva pubblicato lo stesso testo qui richiamato in un saggio intitolato Osservazione della natura e raffigurazione in Ulisse Aldrovandi (1522-1605), in Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento, n. 3. Anno 1977, pp. 105-181.
[8] Che Timoteo Refato fosse un religioso lo si poteva intuire da una medaglia autoritratto pubblicata da Hill (G. F. Hill, op. cit., tav, I n. 3) di cui diremo (vedi Figura 4).
[9] La medaglia con il ritratto di Aldrovandi pubblicata da Hill (vedi ancora nota 6) mostra anch’essa un uomo stempiato e apparentemente incanutito. Olmi (op.cit.) riferisce anche il vezzo di Aldrovandi di dichiarare meno anni di quelli effettivi, come possibile spiegazione del fatto che si potesse definire “quarantenne” nel 1570.
[10] Si parla ovviamente del noto scultore Andrea Briosco detto il Riccio (1470-1532) e dell’artista francese Bernard Palissy (1510-1589), noto soprattutto per la sua produzione ceramica in stile “rustico” [Figura A].
Figura A. Bernard Palissy (attr.), Vassoio, ceramica cm. 53 x 40, Parigi, Museo del Louvre.
[11] Di quest’ultimo, Olmi dice una cosa interessante che si attaglia anche a Timoteo Refato: pur essendo il Pastorini noto come decoratore di vetrate, medaglista e ritrattista in cera e non avendo notizie di una sua attività di pittore, è possibile che egli abbia eseguito per Aldrovandi anche illustrazioni naturalistiche in quanto “specialista delle ‘arti minori’ qual era”.
[12] L’abito che indossa nella medaglia di Figura 4 è compatibile con quello del suo ordine come si può riscontrare, ad esempio, nei numerosi ritratti dell’agostiniano Martin Lutero.
[13] Per completezza riferiamo che in una tesi di perfezionamento in discipline storico-artistiche dal titolo Le medaglie nella Milano asburgica (1535-1571). Artisti, committenti e fortuna europea, discussa da Walter Cupperi presso l’Università Normale di Pisa, vengono citati sia il lavoro di Olmi del 1977 (vedi nota 7), sia un saggio si Stefano Tumidei del 2002 (Stefano Tumidei, Alessandro Menganti e le arti a Bologna nella seconda metà del Cinquecento: alla ricerca di un contesto, in Il Michelangelo incognito in Alessandro Menganti e le arti a Bologna nell’età della Cortoriforma, Bologna, Museo Civico Medievale, 17 maggio – 1 settembre 2002, a cura di Andrea Bacchi e Stefano Tumidei, Edisai, Bologna 2002, pp. 55-110), il quale, fornendo alcune testimonianze sulla realizzazione di medaglie in cera a Bologna, “… ricorda anche l’attività ceroplastica di Timoteo Refati, altro artista impropriamente classificato da alcuni come milanese”.
Dicembre 2022
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