Il pasto di Tereo non di Arpagone
della Redazione di Antiqua
Presso la 49a edizione di Cortona Antiquaria, l’antiquario Antica Maison Lamberti di Bientina (Pi) esponeva un dipinto a olio su tela (180×90) di Belisario Carenzio (nota 1), intitolato Il banchetto di Arpagone [Figura 1].
Figura 1. Belisario Carenzio, Il pasto di Tereo, mercato antiquario.
L’iconografia è inconsueta: si vede un re seduto a un tavolo con alle spalle i suoi dignitari, molti dei quali in arme, mentre di fronte a lui una donna ne indica un’altra che regge tra le mani un panno; si percepisce una certa agitazione, la tovaglia è rovesciata e le stoviglie gettate a terra.
Ci siamo subito domandati chi fosse l’Arpagone in questione e a quale episodio si riferisse la scena.
L’unico Arpagone che è stato possibile individuare è il protagonista della commedia di Moliere (1622-1673), liberamente tratta da Plauto e scritta nel 1668, quando Carenzio era già morto. Nulla comunque a che vedere con la scena dipinta da Belisario Carenzio.
Pensiamo che l’episodio raffigurato si possa identificare piuttosto con Il pasto di Tereo.
Si narra che il re trace Tereo avesse sposato Procne, la figlia di Pandione re di Atene, dalla quale nasce il figlio Iti.
Dopo qualche anno di matrimonio, Procne prega Tereo di andare ad Atene e di portare in Tracia la propria sorella Filomela. Tereo si innamora di Filomela e durante il viaggio di ritorno la violenta, le taglia la lingua per impedirle di parlare e la reclude in un luogo segreto, dicendo poi a Procne che la sorella era morta.
Durante la prigionia, Filomela tesse al telaio le immagini che raccontano la sua storia e riesce a far avere la tela a Procne per mezzo di un’ancella.
Procne libera la sorella Filomela e l’accoglie tra le Menadi al seguito di Bacco; per vendicarsi di Tereo, uccide il loro figlio Iti, lo cucina e lo serve a tavola allo stesso Tereo.
Dopo che il pasto è stato consumato dall’ignaro Tereo, Procne gli svela la natura del cibo che ha mangiato e introduce nella sala Filomela che reca la testa di Iti.
La rivelazione sconvolge Tereo che vuole vendicarsi sulle sorelle, ma un intervento divino li trasforma tutti in uccelli: Tereo in upupa, Procne in usignolo e Filomela in rondine (nota 2).
Nel dipinto di Carenzio si vede il re Tereo seduto a tavola mentre la regine Procne indica la tela, su cui è narrata la vicenda, che la sorella Filomela regge tra le mani. Evidentemente lo stupore atterrito di Tereo è dovuto alla comparsa di Filomela che aveva fatto credere morta e alla consapevolezza che Procne sa della violenza alla sorella e dell’inganno.
E’ probabile che in quello stesso momento sia stato detto a Tereo che il pasto da lui consumato consiste nella carne del figlio Iti, poiché la tovaglia è scomposta, i piatti e le stoviglie ribaltati e il cibo sparso a terra.
Belisario Carenzio ha voluto rappresentare una sintesi delle due nefaste rivelazioni, discostandosi dalla narrazione di Ovidio, secondo il quale Filomela entra in scena solo dopo, recando la testa di Iti (nota 3).
Si notino due particolari di contorno: il cagnolino ignaro che si avvicina a un piatto caduto non parendogli vero di poter partecipare al banchetto e il tondo dipinto sopra il camino in cui si vede Tereo che corteggia Procne, prima che i vari drammi si consumassero.
Confrontiamo lo stesso soggetto in un dipinto di possibile scuola emiliana che si trova a Bologna presso la Galleria Davia Bargellini. L’impostazione è simile, ma viene evidenziato il particolare macabro della testa di Iti servita a tavola [Figura 2].
Figura 2. Scuola Emiliana, Il pasto di Tereo, Bologna, Museo Civico Davia Bargellini.
Lo stesso dicasi per Rubens, il quale decide di rappresentare questa vicenda, poco frequentata nella storia dell’arte, mettendo in evidenza, nel dipinto del Prado, la presentazione a Tereo della testa del figlio da parte di Filomela; alle spalle di questa, Procne regge il tirso, ossia il bastone rituale delle Menadi [Figura 3].
Figura 3. Rubens, Il pasto di Tereo, Madrid, Museo del Prado.
NOTE
[1] Belisario Carenzio (Achaie, Grecia 1558-Napoli 1643).
[2]
Vedi Heinrich Krauss-Eva Utheman, Repertorio dei soggetti della pittura. Quel che i quadri raccontano, edizione originale, Monaco 1987; edizione italiana, Neri Pozza, Vicenza 1999 (licenza Longanesi), Milano 1994, p. 50.
Di questo mito parlano, con qualche variante e dando diversa rilevanza ai vari personaggi, alcuni autori tra cui Ovidio (Metamorfosi, VI 420-675).
[3] Sempre secondo Ovidio, Tereo viene invitato a tavola da Procne “fingendo che fosse un rito attico [Procne era ateniese come detto sopra], a cui soltanto il marito può stare, e con questo allontanò servi ed amici”, mentre nel dipinto di Carenzio il re compare con tutto il suo seguito.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2019
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