Il ruolo dell’architetto nell’ebanisteria

di Manuela S. Carbone

Introduzione
In ogni specialità artistica, in mancanza di adeguata documentazione, l’esperto analizza particolari che ai profani possono apparire insignificanti per valutare autenticità, epoca, area geografica d’origine e, cosa ancor più difficile, l’esecutore.
Per le valutazioni è utilizzato il criterio della “somiglianza” rispetto ad esemplari paradigmatici, cioè ad esemplari per i quali si è in possesso di adeguate fonti archivistiche comprovanti epoca, committenza e artefici. In base a tele criterio nel settore dell’ebanisteria l’esperto è nelle condizioni di stabilire la provenienza di un determinato mobile da una regione e, a volte, da una specifica città.
Tale criterio, seppure utile e valido nella gran parte dei casi, non va inteso in modo troppo rigido. Ci sono infatti delle eccezioni, cioè situazioni in cui lo schema delle attribuzioni geografiche entra in crisi. Nel presente lavoro s’illustra un caso di mancato rispetto dei caratteri stilistici locali e si elabora un’interpretazione dell’accaduto: i soggetti responsabili delle “contaminazioni” sarebbero gli architetti che, acquisendo commissioni oltre la propria area territoriale, hanno facilitato l’esportazione di alcuni stilemi.
Il caso
Nelle sagrestie delle chiese di San Martino ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, e Santa Maria di Carmine a Milano sono presenti arredi molto simili [Figure 1 e 2].

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Figura 1. Alzano Lombardo (Bg), Basilica di San Martino, sagrestia.

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Figura 2. Milano, Santa Maria del Carmine, sagrestia.

Sebbene quella di San Martino sia più ricca e fastosa, mentre quella di Carmine è più austera e meno imponente, gli armadi delle due sagrestie presentano la stessa partitura delle ante, analoghe volute intagliate, uguale carattere barocco. Somiglianza troppo accentuata, secondo l’iconografia classica, fra un mobile di area bergamasca ed uno milanese: il primo infatti dovrebbe presentare motivi stilistici suoi propri, sensibilmente differenti da quelli del mobile meneghino.
Sono quindi state eseguite delle ricerche sui documenti delle due Chiese per cercare di identificare quali potessero essere le ragioni di tale somiglianza. Si riporta di seguito, in modo molto sintetico, le principali evidenze documentali riscontrate.
Basilica di San Martino
Nel 1656, grazie al generoso lascito di un ricco mercante, Nicolò Valle, si concepisce un profondo rinnovamento della struttura esistente. Il progetto è affidato al famoso architetto Gerolamo Quadrio noto interprete del barocco lombardo. Nel 1659 iniziano i lavori sulla struttura esistente. Nel 1679, proprio nell’anno della morte di Gerolamo Quadrio, i maestri Fantoni, famosi intagliatori bergamaschi, cominciano i lavori di realizzazione della prima sagrestia. I lavori terminano nel 1680, come risulta da un’iscrizione sul retro di una statua.
Chiesa di Santa Maria del Carmine
Importanti lavori di rinnovamento iniziano nel 1654: vengono rifatti il pavimento, il campanile e il portale. Tra il 1661 e il 1672 Gerolamo Quadrio disegna la bellissima sagrestia in legno di noce realizzata tra il 1692 e il 1707. Per quanto riguarda l’esecutore, i documenti parlano di Giovanni Quadrio, quasi certamente un parente del progettista.

Conclusioni
Risulta quindi che le sagrestie delle due chiese analizzate siano state realizzate da mani diverse, mentre, per entrambe, il progetto è stato ideato da Gerolamo Quadrio.
Da scartare quindi l’ipotesi che la somiglianza fra le due possa essere dovuta alla mano di uno stesso esecutore, così come l’ipotesi che l’idea originaria spetti ai Fantoni e che Gerolamo Quadrio ne abbia potuto copiare i disegni; quando i Fantoni iniziano a lavorare alla sacrestia di Alzano, infatti, Gerolamo era già morto.
L’ipotesi più probabile è che la somiglianza fra le due sagrestie sia dovuta all’ingegno dello stesso progettista, l’architetto Gerolamo Quadrio, che non si sarebbe quindi limitato a progettare l’ambiente, ma avrebbe disegnato anche i relativi arredi.
Si ritiene quindi che almeno i più importanti architetti, acquisendo commesse anche all’esterno della propria aria territoriale, abbiano svolto un ruolo più ampio rispetto a quanto comunemente riconosciuto. Si pensa cioè che essi, occupandosi della progettazione di un edificio, si siano spesso interessati anche del disegno della mobilia per renderla adatta e coerente allo stile degli interni. In fondo non è difficile immaginare che, analogamente a quanto avviene ai giorni nostri, anche in passato le più facoltose committenze fossero solite rivolgersi ai più famosi architetti, facilitando quindi la diffusione di caratteri e stili fra aree territoriali distinte.
Naturale conseguenza di ciò sarebbe un ridimensionamento della pretesa di stabilire, sic et sempliciter, coordinate stilistiche legate all’ambito locale in cui gli arredi sono stati realizzati.