Il trumeau laccato del civico museo d’arte di Pordenone
di Lucien Zinutti
Il mobile in esame appartiene alle collezioni del Civico Museo d’Arte di Pordenone e mostra una raffinata decorazione in lacca coeva alla struttura, da considerarsi straordinaria e pregiata testimonianza dell’ebanisteria veneziana della prima metà del XVIII secolo [Figura 1].
Figura 1. Cassettone scrittoio con alzata (trumeau) del XVIII secolo, Pordenone, Civico Museo d’Arte.
Esso si presenta in ottimo stato di conservazione, senza rifacimenti posteriori.
La base, di salda impostazione “Luigi XIV”, è sagomata a linea convessa sulla fronte e concava sui fianchi, e poggia su una base a zoccolo sorretta da piedi a mensola. L’alzata è sagomata a linea concava sui fianchi e presenta due porte pannellate e centinate nella parte superiore, sovrastate da una cimasa chiusa ed aggettante.
La decorazione detta a chinoiserie risalta su una campitura in lacca verde scuro, denominata lacca Coromandel. Il nome deriva dalla stazione commerciale della Compagnia Inglese delle Indie Orientali situata sulla costa indiana di Coromandel (Costa orientate del Dekkan indiano), porto d’imbarco delle merci dell’Estremo Oriente verso l’Europa. Questa tecnica di laccatura è simile a quella degli smalti cloisonné. Si incollava sul legno una tela fine sulla quale venivano stesi alcuni strati di lacca o di pastiglia. La decorazione veniva poi disegnata ed incisa, dorando poi le superfici intagliate o dipingendole; il tutto veniva ricoperto con una lacca protettiva.
Le scene della decorazione del nostro mobile sono di raffinata interpretazione: nella parte superiore troviamo allegorie allusive al commercio delle spezie e della seta d’oriente, sullo sfondo di un paesaggio esotico con fiori di loto, ninfee, volatili e in lontananza un veliero in navigazione. Sulla fronte del corpo inferiore sono rappresentate scene con pescatori e portatori di the, mentre sui fianchi troviamo delle pagode e il classico ponte, praticamente la stessa decorazione detta “a ponticello” e “a pagoda” che compaiono sulle maioliche e porcellane venete del Settecento, un motivo decorativo molto gradito alle maggiori corti europee del periodo Luigi XV, attorno alla metà del XVIII secolo [Figura 2].
Figura 2. Piatto in maiolica con decorazione “a pagoda”, Manifattura Pasquale Antonibon, Nove di Bassano (Vi), 1750 circa.
Gli interni del vano scrittoio e dell’alzata, suddivisi in vari scomparti a giorno, cassetti e segreti, sono decorati in lacca detta “di Pechino”, la preziosa lacca rossa colorata col cinabro, un solfuro di mercurio in masse granulari rosso vermiglio. Vi sono raffigurati motivi di fiori e volatili dorati.
La pregiata e sapiente decorazione di questo mobile riconduce indubbiamente alle manifatture del polo artistico lagunare del XVIII secolo; nella timida provincia di terraferma non si sarebbe main osato tanto lusso e modernità. Un altro esemplare di trumeau veneziano laccato a chinoiserie, conservato nelle Civiche Raccolte d’Arte Applicata al Castello Sforzesco di Milano, presenta al suo interno la stessa decorazione in lacca di Pechino [Figure 3 e3 bis].
Figure 3 e 3 bis. Trumeau veneziano, Milano, Raccolte civiche d’arte del Castello Sforzesco.
Una prima osservazione da fare al nostro mobile è che l’impianto costruttivo evidenzia un certo anacronismo per la severa e perentoria impostazione di forte carattere barocco, un po’ “attardata” rispetto alla nuova moda d’ispirazione orientale di gusto Luigi XV che si adatta assai meglio a leggeri impianti in stile barocchetto.
Un’impostazione strutturale, quindi, non al passo con una decorazione a tema così leziosa quale la chinoiserie. Per chiarire quanto affermato può essere utile confrontare il nostro mobile con la commode conservata nella “camera delle lacche verdi” del museo di Ca’ Rezzonico a Venezia [Figura 4].
Figura 4. Cassettone laccato, Venezia, 1750 circa, Venezia, Museo di Cà Rezzonico.
Il mobile proviene da palazzo Calbo-Crotta agli Scalzi sul Canal Grande e risale al 1750 circa.
Qui troviamo la stessa decorazione a sfondo verde, ma, al contrario, applicata su di una struttura Luigi XV, con gamba alta, abbellita da grembiale centinato, che evidenzia uno spirito più consono e coerente con la sua decorazione.
Il nostro mobile presenta invece una foggia imponente che ricorda le soluzioni stilistiche dello Stato Pontificio, rimasto pesantemente ancorato ai moduli impaginativi secenteschi.
Alcuni particolari (quali la marcata modanatura di base e soprattutto il piede a mensola con la tradizionale sagoma a ricciolo) evidenziano chiaramente l’appartenenza geografica della struttura di questo mobile all’area marchigiana oppure bolognese. Venezia risolveva questi dettagli con soluzione molto più leggiadre.
Un’altra conferma alla paternità dell’impianto costruttivo di questo manufatto viene dalla cornice in rilievo che contorna i cassetti sia della fronte che del vano scrittoio. Anche la nicchia a giorno, che centra la cassettiera interna, rientra nei modi dell’ebanisteria emiliana e marchigiana, non veneziana [Figura 5].
Figura 5. Particolare della cassettiera interna del cassettone scrittoio con alzata del Civico Museo d’Arte di Pordenone.
Nelle soluzioni dell’alzata troviamo altre conferme alle mie intuizioni: le porte cieche, ad esempio, mentre Venezia usava in prevalenza le ante a specchi, a volte incisi con scene galanti.
Le sobrie paraste incorniciate che scandiscono le partizioni del corpo superiore, riproposte in simmetria sui fianchi, sono un’altra peculiarità dell’ebanisteria marchigiana. Anche se poco usate nel XVIII secolo, eventuali paraste venivano abbellite a Venezia con ricaschi a motivi vegetali o a rocaille. Pure la cimasa chiusa non è una caratteristica dei mobili veneziani, che prediligevano invece soluzioni a timpano spezzato, che conferivano levità alla struttura.
Vedi alcuni mobili marchigiani per confronto [Figure 6, 7, 8, 9].
Figura 6. Cassettone a ribalta marchigiano, San Benedetto del Tronto, collezione Rambelli.
Figura 7. Cassettone a ribalta marchigiano, Sotheby’s, Milano 2 aprile 1981. Si noti la modanatura di base e il piede a mensola con sagoma a ricciolo.
Figura 8. Credenza marchigiana, Ostra Tevere, collezione privata. Si notino le sobrie paraste incorniciate che scandiscono le partizioni del mobile.
Figura 9. Cassettone a ribalta con alzata, Marche, collezione Trionfi Honorati. Si noti la cimasa chiusa.
Infine, anche la tecnica di costruzione dell’impianto dà ragione alle mie intuizioni: lo schienale è costruito con tavole disposte verticalmente in legno di pioppo, come si usava nelle Marche e in centro Italia [Figura 10] e non con tavole orizzontali in legno di abete, come si usava in Veneto [Figura 11].
Figura 10. Schienale dell’alzata del trumeau di Figura 1.
Figura 11. Schienale di un mobile veneto del XVIII, dove è visibile il foro derivante dal trasporto dalle Alpi mediante fluitazione. Si notino le sgorbiature lungo le tavole disposte longitudinalmente.
Nel Veneto si usava l’abete per la costruzione degli interni dei mobili, un legno facilmente reperibile in tutta l’area alpina circostante; veniva trasportato a valle mediante fluitazione e a questo scopo i tronchi venivano forati alle loro estremità per esser legati insieme. Trovare quindi traccia di questi fori nelle tavole interne di un mobile significa attribuirne l’origine veneta.
In conclusione: l’impianto costruttivo di questo mobile non deriva da una unità produttiva veneziana o veneta, sia per la tecnica di costruzione che per i materiali impiegati, ma proviene invece da una manifattura centro-italiana. La foggia del mobile appare ingessata in un accademismo privo di slanci creativi, vincolata a canoni con nostalgie barocche, evidenziando soluzioni stilistiche caratteristiche delle Marche.
Al contrario, la raffinata decorazione a lacca a motivo di chinoiserie, cosi all’avanguardia all’epoca, è stata senz’altro realizzata nella bottega di un grande polo culturale quale Venezia, dove avvenivano frequenti scambi culturali internazionali ed era presente una committenza aulica e dai gusti internazionali.
L’autore ringrazia la dott.ssa Isabella Reale, conservatrice del Civico Museo d’Arte di Pordenone.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, settembre 2015
© Riproduzione riservata