Importanti novità su G.B.M. ebanista milanese del Settecento
di Andrea Bardelli
In un articolo pubblicato sul sito in-opera.org [Leggi], Giuseppe Beretti sostiene che dietro la sigla G.B.M., con la quale sono stati firmati numerosi mobili intarsiati eseguiti a Milano a fine Settecento, si cela Giovanni Battista Maroni e non Gaspare Bassani, come ritenuto finora da altri studiosi compreso lo stesso Beretti (nota 1).
Questa scoperta si deve al reperimento, in una collezione privata, di un gruppo di mobili costituito da due cassettoni, due comodini e un tavolino, di cui, purtroppo, non vengono mostrate le immagini, fatta eccezione per il particolare di una firma che compare su uno dei due cassettoni [Figura 1].
Figura 1. Firma di Giovanni Battista Maroni.
Si legge: “Io Giovanni Battista Maronus fece adi 23 novembre”. Poiché sull’altro cassettone, che col primo costituisce una coppia, compare la sigla G.B.M. e la data 1797, ecco svelato finalmente il mistero.
Alcune ricerche d’archivio coordinate da Beretti e condotte da Alessandro Wegher hanno rivelato che il padre Carlo Giuseppe, nato presumibilmente attorno al 1730, era titolare di una bottega di falegnameria a Milano, prima nella parrocchia di Santo Stefano, poi in quella di San Fedele (nota 2).
Egli sarebbe l’autore (a sessant’anni!) di un tavolo più volte pubblicato e firmato: “Giuseppe Maroni 1790 Milano” rispetto al quale Beretti, con rara lungimiranza, ravvisava qualche affinità proprio con la produzione di G.B.M. (nota 3).
Osservo che la vicinanza tra la data del tavolo di (Carlo) Giuseppe, 1790, e quella dei due cassettoni di Giovanni Battista “G.B.M.”, 1797, fa supporre che padre e figlio avessero lavorato insieme, oppure che si fossero divisi, oppure ancora che tra il 1790 e il 1797 si fosse verificato il “passaggio di testimone” da padre a figlio.
Giovanni Battista Maroni nasce nel 1750 e muore attorno al 1816. Dei suoi due figli, solo Giovanni Battista Junior (1780-1848) intraprenderà l’attività di ebanista.
Fatte queste premesse, l’articolo di Beretti volge l’attenzione a un gruppo di mobili lombardi intarsiati di epoca neoclassica che si trovano presso la Casa Bonaparte di Ajaccio.
Si tratta di una coppia di cassettoni, di due cassettoni singoli e di un secretaire, acquistati a Milano nel 1797 da Joseph Fesch, zio materno di Napoleone, che Beretti qui attribuisce definitivamente a Giovanni Battista Maroni (nota 4).
Egli deriva questa convinzione dall’esame di uno di questi mobili (Figura 2), un cassettone già noto agli studi con un’attribuzione a Giuseppe Maggiolini (nota 5).
Figura 2. Giovanni Battista Maroni (attr.), cassettone, Ajaccio, Casa Bonaparte.
Il mobile ricalca fedelmente un disegno di Agostino Gerli per una coppia di cassettoni eseguiti da Maggiolini poco prima del 1777 per un esponente della famiglia Carpani (nota 6). Questa coppia di mobili è comparsa brevemente sul mercato prima di essere acquistata da un privato. Sono al momento in grado di mostrare solo un’immagine di dettaglio e una della scritta “Carpani” che compare su una traversa nel sotto piano che regge il marmo (Figure 3 e 4).
Figure 3 e 4. Particolari di un cassettone (uno di una coppia) eseguiti da Giuseppe Maggiolini per la famiglia Carpani.
Ciò ha reso possibile a Beretti confrontare questi ultimi mobili con quello di Ajaccio deducendo che solo la coppia è attribuibile a Giuseppe Maggiolini, mentre il cassettone di Ajaccio, in ragione di un netto divario di qualità, non può che essere attribuito a un imitatore, a Giovanni Battista Maroni appunto, il quale aveva accesso ai disegni di bottega di Maggiolini, avendo lavorato nella stessa, come spiega Beretti nell’articolo.
Sul piano metodologico si afferma un principio di enorme importanza che Beretti ha sempre sostenuto: per attribuire un mobile a una artefice non basta dimostrare la sua aderenza a esemplari firmati o attribuiti in modo certo (sulla base di disegni, documenti o altro), ma è necessario un esame diretto che ne attesti qualità esecutiva e criteri costruttivi, onde scongiurare l’ipotesi che si tratti dell’opera di un epigono, se non addirittura di un falso (nota 7).
Ad esempio, sono stati avanzati alcuni dubbi su una coppia di cassettoni, che condivide il medesimo apparato decorativo degli ultimi esemplari discussi, passata in asta presso Sotheby’s a New York nel novembre 2015 come mobili “alla maniera” di Maggiolini (Figura 5).
Figura 5. Seguace di Giuseppe Maggiolini, cassettone, Sotheby’s New York, novembre 2015 n. 286.
NOTE
[1] All’identificazione di G.B.M. in Gaspare Bassano mi sono allineato in più occasioni con un’argomentazione che ritenevo decisiva: la pubblicazione di una scrivania passata in asta da Finarte, recante uno dei tipici decori di G.B.M. costituito da una coppia di grifoni affrontati e firmata Gaspare Bassano Milanese, la cui autenticità è stata contestata, ad esempio, dallo stesso Beretti. Si rimanda all’articolo L’ebanista milanese che si sigla GBM (luglio 2011) [Leggi]. Vedi anche Tra Milano e Parabiago alcune figure di ebanisti sulla scia di Maggiolini: GBM, Francesco Preda e Giuseppe Maroni, in AAVV (a cura di Enrico Colle), Giuseppe Maggiolini un virtuoso dell’intarsio e la sua bottega in Parabiago, Parabiago (Mi) 2015, pp. 53-64.
[2] Il nome di Carlo Giuseppe Maroni non compare tra gli iscritti all’Università dei “legnamari” di Milano attorno al 1773, quando la corporazione viene soppressa. Si rimanda all’articolo “Legnamari” attivi a Milano nella seconda metà del Settecento (15.11.2009) [Leggi].
[3]
Giuseppe Beretti, Laboratorio. Contributi alla storia del mobile neoclassco, Inlimine, Milano 2005 p. 114-119.
Di Giuseppe Maroni, autore di un tavolino firmato e datato 1805, eseguito però a San Lorenzo di Parabiago, mi ero occupato in un articolo pubblicato su Antiqua nel dicembre 2011 dal titolo Un tavolino neoclassico firmato Giuseppe Maroni [Leggi], supponendo che si trattasse dello stesso autore del tavolo eseguito a Milano nel 1790.
All’esiguo catalogo si era aggiunto un tavolino su cui compariva la scritta “…….. 1804” di cui non mi era stato possibile pubblicare l’immagine per volontà del proprietario (Tra Milano e Parabiago …, cit.). Effettivamente, comparando la firma sul tavolo del 1790 a quella del 1805, sembra appartengano a mani diverse.
[4] Per la descrizione dei mobili, alcuni dei quali decorati con inserti di marmi antichi e pannelli in alabastro dipinto, si rimanda all’articolo segnalato all’inizio.
[5] Enrico Colle, Le arti decorative, in AAVV, Milano neoclassica, 2001, p. 581 e ss.; Giuseppe Beretti, Il mobile dei Lumi. Milano nell’età di Giuseppe Maggiolini, Milano 2010, p. 156.
[6] Il disegno è pubblicato in G. Beretti-A. Gonzales Palacios, Giuseppe Maggiolini. Catalogo ragionato dei disegni, Inlimine, Milano 2014, p. 250 n. C 40. In basso a destra si legge, scritto a penna: “Giuseppe Gerli Fece p. Carpani Maggiolini eseguì”.
[7] Questo, ovviamente, senza mettere completamente in crisi il metodo comparativo, spesso eseguito sulla base di immagini di repertorio, su cui poggiano molti studi dedicati agli arredi lignei antichi.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, gennaio 2019
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