La fonderia artistica Sacchi di Milano
di Bruno Ronzetti
La Fonderia artistica in bronzo è stata fondata da Giovanni Sacchi (1883-1946) a Milano, presumibilmente nel primo dopoguerra, ed è cessata durante la seconda guerra mondiale a seguito della defezione fraudolenta di un socio. La sede era in via Varesina 214, dopo il vicolo Mapelli, in prossimità della ferrovia. Tra le sue produzioni troviamo numerose placchette in gran parte di soggetto sacro, ma anche piatti di varie forme e con vari decori, da appendere oppure da usare come centro tavola.
Particolarmente vivace è stata la produzione di piccole sculture in bronzo, alte dai 20 ai 45 centimetri tra le quali prevalgono i soggetti profani, in alcuni casi ammiccanti, in altri addirittura osé come nel caso della procace schiava tratta da una celebre scultura in marmo di Giacomo Ginotti [Figura 1].
Figura 1. La schiava, bronzo, altezza cm. 42, Fonderia Sacchi, Milano, inizi XX secolo.
La scultura originale in marmo di grandi dimensioni di Giacomo Ginotti (1845-1897) fu presentata all’Esposizione Nazionale di Napoli nel 1877 con il titolo L’emancipazione dalla schiavitù, ma è nota a tutti come La schiava.
Quando il soggetto appare legato alla religione, come nel caso del frate che porta sulle spalle una pesante gerla, basta staccare un pezzo della gerla ed ecco apparire un personaggio licenzioso [Figure 2 e 2 bis].
Figure 2 e 2 bis. Frate, bronzo, altezza cm. 27, Fonderia Sacchi, Milano, inizi XX secolo.
Nonostante la loro ingenuità, oggetti come questi erano molto graditi e fornivano spunti per lazzi e momenti di autentico divertimento, soprattutto tra le persone meno colte. Sebbene in un contesto più serioso, ritroviamo lo stesso meccanismo di varie chiusure a incastro in un salvadanaio composito della Banca di Tripoli [Figura 3], fondata agli inizi del Novecento in relazione alla conquista italiana della Libia (1911-12).
Figura 3. Salvadanaio della Banca di Tripoli, bronzo, misure n.d., Fonderia Sacchi, Milano, inizi XX secolo.
Decisamente di gusto eclettico appare uno scrigno su cui lati e sul coperchio troviamo scene legate alla coltivazione dei campi e alla vendemmia [Figure 4 e 4 bis].
Figure 4 e 4 bis. Scrigno decorato con scene agresti, bronzo, cm. 13 x 8,5, altezza 12, Fonderia Sacchi, Milano, inizi XX secolo.
Più controversa è la questione se alla Fonderia Sacchi si debba ricondurre un’acquasantiera in ottone che raffigura la Madonna della Seggiola di Raffaello e che costituisce un esemplare largamente diffuso [Figura 5]. Questo oggetto sarebbe stato un dono di nozze fatto nel 1929 da alcuni membri della famiglia Sacchi a loro parenti.
Figura 5. Acquasantiera, bronzo, cm. 22 x 10, Fonderia Sacchi (?).
Gli artisti
Non risulta che la Fonderia Sacchi, come facevano invece tante altre fonderie a Milano e altrove, producesse su commissione di qualche artista, tra i tanti famosi all’epoca, poiché non sono stati trovati esemplari firmati. Eppure, accanto alle riproduzioni in scala ridotta di celebri sculture, bassorilievi o dipinti [Figura 6], la Fonderia produceva una propria gamma di oggetti esclusivi, ma non è stato possibile identificare chi fossero gli scultori che avessero creato le opere originali.
Figura 6. Placchetta raffigurante La Madonnina di Roberto Ferruzzi, bronzo, diametro cm. 5, Fonderia Sacchi, Milano, inizi XX secolo [Leggi].
Campione di fonderia e prototipo
È stato però possibile puntualizzare un’importante questione, quella del cosiddetto campione di fonderia, un pezzo unico in bronzo, ricavato partendo da un modello in cera con le consuete tecniche fusorie, la più comune delle quali è quella “a cera persa”.
Questo pezzo unico veniva meticolosamente rifinito a cesello e fungeva appunto da “campione”, da cui ricavare degli stampi e produrre una o più serie di multipli.
Esso si distingue per la qualità dell’esecuzione, per la nitidezza dei particolari e per l’attenta rifinitura e cesellatura. Rispetto ai modelli in altri materiali (terracotta, legno, cera), il campione in bronzo presentava il vantaggio di una maggior durezza e indeformabilità, quindi lo stampo che si poteva ricavare era più preciso. I campioni di fonderia erano in genere conservati nella collezione della fonderia e passavano successivamente nella collezione degli eredi, come testimoniano tutti gli oggetti qui riprodotti che sono appunto campioni di fonderia.
Dal campione di fonderia si ricavava uno stampo, in genere di materiale refrattario, con il quale si procedeva a produrre un certo numero di pezzi uguali detti multipli.
Il primo esemplare dei multipli che risultava della qualità richiesta era detto prototipo.
Dal prototipo in avanti, il numero dei multipli dipendeva dal grado di resistenza dello stampo. La qualità, rappresentata dalla definizione dei particolari (dita, occhi, panneggi, ecc.), era decrescente.
Quando il multiplo risultava pressoché illeggibile, la produzione si interrompeva. I primi multipli potevano essere ulteriormente rifiniti con lime e cesellatore; gli ultimi, in genere, erano venduti a prezzi inferiori. L’abilità stava nel produrre il maggior numero di multipli di qualità media accettabile con un solo stampo. Per fare una nuova produzione, era necessario produrre un nuovo stampo partendo dal campione.
Questo articolo si deve alla cortesia del sig. Giovanni Carcano, nipote del Sacchi, che ha fornito diverse testimonianze. Si ringraziano anche i signori Ettore e Bianca Tosi.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, ottobre 2013
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