La medaglia della Battaglia di Canne. Un crossover italo-tedesco?
di Michael Riddick (*)
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(*)
Questo articolo appartiene a una serie di cinque concernenti il Moderno e la sua scuola che Antiqua pubblica in collaborazione con Renbronze.com ( www.renbronze.com ).
Galeazzo Mondella, detto il Moderno, fu il più prolifico produttore di piccoli rilievi in bronzo del Rinascimento. Mentre alcune delle sue produzioni erano evidentemente concepite come opere d’arte indipendenti, altre erano probabilmente destinate a essere raggruppate in una serie. Ulteriori esempi tentavano apparentemente di preservare creazioni da lui concepite originariamente in materiali più preziosi.
Nel corso degli studi, diverse placchette in bonzo attribuite al Moderno sono state invece riassegnate a seguaci o presunti anonimi collaboratori di bottega. Questi artisti sono oggi identificati da pseudonimi come il Maestro delle Fatiche di Ercole, il Maestro di Coriolano, il Maestro dei Tondi di Orfeo e Arione, il Maestro delle nuvole di spighe di grano, il Maestro di Lucrezia e altri.
Sebbene molti di questi pseudonimi siano stati applicati solo negli ultimi decenni, l’identità proposta di questi artisti o la loro possibile riconsiderazione come Moderno è stata poco esplorata a causa dell’assenza di informazioni o ulteriori critiche. Tuttavia, alcune osservazioni possono fornire ragionevoli suggerimenti riguardo al loro contesto o alla paternità, in particolare per quanto riguarda l’opera di Matteo del Nassaro, un incisore di gemme che Giorgio Vasari notò essere stato allievo del Moderno, nonché allievo del contemporaneo veronese Niccolò Avanzi.
Già pubblicato:
Moderno & Artisti Associati. Associazione tra figlio e nipoti di Galeazzo Mondella (marzo 2024) [Leggi].
Un contesto per la Vergine col Bambino e l’Imago Pietatis del Maestro delle nubi a spiga [Leggi]
Proposta di Matteo del Nassaro come autore dei tondi di Orfeo e Arione[Leggi].
Prossimo titolo:
Riavvicinamento al Maestro di Coriolano come Moderno e collaboratore a Roma.
La medaglia della Battaglia di Canne. Un crossover italo-tedesco?
La paternità di una medaglia celebrativa della Battaglia di Canne ha occasionalmente goduto di una duplice attribuzione da parte degli studiosi [Figura 1].
Figura 1. Dritto di una medaglia in bronzo raffigurante la Battaglia di Canne di Hermann Vischer il Giovane (?), da Galeazzo Mondella, detto il Moderno, 1506-1507 circa (?), Venezia (?). Washington, National Gallery of Art, inv. 1957.14.273.a.
La scena di battaglia raffigurata sul dritto della medaglia è stata tradizionalmente attribuita a Moderno o al suo ambito (nota 1) e, nell’ultimo secolo, a un altro artista anonimo della cerchia di Moderno, soprannominato il Maestro di Coriolano (nota 2) la cui stessa scena di battaglia è alternativamente descritta come Coriolano combatte sotto le mura di Roma per la sua presenza tra una serie di piccole placchette raffiguranti scene della storia di Coriolano – note anche attraverso fusioni indipendenti – applicate su un calamaio conservato presso il Victoria & Albert Museum di Londra [Figura 2].
Figura 2. Lato di un calamaio in bronzo dorato e argentato con scena di battaglia (a destra), attribuito al Maestro di Coriolano, 1500 circa, Italia. Londra, Victoria & Albert Museum, inv. M.167-1921.
A dispetto di questa complicazione, l’esecuzione della scena di battaglia è quasi certamente dovuta alla paternità del Moderno, come adeguatamente dimostrato da Douglas Lewis (nota 3). Lewis ne nota la derivazione da composizioni precedenti attribuite al Moderno come il rovescio della sua medaglia per Agostino Mazzanti e il suo rilievo autografo del Trionfo Senatorio che appare variamente sotto forma di placchetta e come rovescio di medaglia. Inoltre, il rilievo prodotto dal Maestro di Coriolano tronca l’originaria composizione circolare della scena in un formato rettangolare, privandola della parte inferiore. La sua composizione deriva da fonti antiche (nota 4) e si collega a un tondo della Caccia al leone del Moderno e a una placchetta con scena di battaglia che riporta la legenda DVBIA FORTVNA. Gli elementi di queste composizioni raggiungono collettivamente il loro apice in un cameo di Scena di battaglia, probabilmente del Moderno, già nella collezione del Duca d’Orleans (nota 5).
La scena di battaglia del Moderno e la composizione DVBIA FORTVNA sembrano essere state diffuse come modelli che hanno trovato la loro strada nell’ambito di varie botteghe. Come notato da Lewis, Andrea Briosco, detto Riccio, sembra aver preso in prestito quest’ultimo per il rilievo in bronzo del suo Combattimento alla porta della città e Severo da Ravenna ne riproduce un esempio sotto i piedi di una scultura della Chimera a lui attribuita (nota 6). Sembrerebbe plausibile che il Moderno abbia preparato questa composizione, e i suoi corollari, come opera d’arte indipendente e la sua diffusione tra colleghi o altre botteghe abbia portato alla sua successiva appropriazione da parte del Maestro di Ciriolano – se non identificabile con lo stesso Moderno (nota 7) – e del produttore della medaglia della Battaglia di Canne. La fedeltà del rilievo sulla medaglia soffre in termini di qualità e suggerisce che probabilmente provenisse da una fusione successiva (nota 8).
Le invenzioni di Moderno circolarono postume, come si può dedurre dalla collaborazione commerciale intrapresa dal figlio e dai nipoti dopo la sua morte (nota 9) e, analogamente, dalla caratteristica delle fusioni dei suoi modelli riscontrabili nei bronzi padovani prodotti successivamente nella bottega di Desiderio da Firenze (nota10). Testimonianza dell’uso contemporaneo dei suoi modelli all’interno di altre botteghe è segnalata anche da un documento del 1522 che cita un orafo veneziano che era in possesso di un ‘San Giorgio a cavallo con drago, in forma di modello in cera di mano del Moderno‘ destinato ad essere utilizzato nella produzione di una spilla di diamanti (nota 11). Questo modello del Moderno è stato collegato a un rilievo tradizionalmente associato a un collaboratore attivo nella bottega di Riccio, il quale utilizza il guerriero raffigurato nella suddetta composizione DVBIA FORTVNA a volte attribuita al Moderno, altre volte alla sua bottega (nota 12).
La piccola composizione con scena di battaglia del Moderno utilizzata sulla medaglia della Battaglia di Canne deve risalire ai primi anni del XVI secolo – successiva ai rovesci di medaglia con scene di battaglia realizzati a Mantova durante gli anni Novanta del Quattrocento – da datare quindi intorno al 1503-1505 o 1508, quando si ritiene che egli fosse attivo a Roma (nota 13).
Come notato in precedenza, la scena di battaglia originale era realizzata in forma circolare e probabilmente era priva di legenda. La legenda in rilievo sulla medaglia della Battaglia di Canne è diversa dalle altre legende presenti sulle placchette e sulle medaglie del Moderno ed è stata evidentemente aggiunta da una mano diversa. In particolare, la legenda commemora ingegnosamente la vittoria di Annibale sui romani a Canne nel 216 a.C. e viene riproposta nelle conquiste dei francesi durante le campagne d’Italia dal “Gran Capitano” Gonzalo Fernandéz de Córdoba y Aguilar che, nella battaglia di Cerignola presso Canne, sconfisse i francesi nell’aprile del 1503.
Sulla base di questa data, si è pensato spesso che la medaglia della Battaglia di Canne fosse stata realizzata subito dopo la battaglia. La medaglia forma l’elsa di una spada appartenuta a Córdoba [Figura 3, nota 14] che originariamente si credeva gli fosse stata donata da Papa Alessandro VI tra l’aprile e l’agosto di quell’anno, ovvero successivamente alla battaglia che commemora e precedentemente alla morte del pontefice.
Figura 3. Dritto e rovescio dell’elsa in bronzo dorato della spada di Gonzalo de Córdoba, 1504-1515 circa. Madrid, Armeria Reale, inv. G 29.
Tuttavia, studi più recenti hanno datato la spada al 1504-1515 e ora si ritiene che sia stata donata a Córdoba da Papa Giulio II (nota15). Giulio II, “il papa guerriero”, donò anche altre spade commissionate durante il suo mandato, come quelle che donò all’imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano I e al re Giacomo IV. Recenti analisi della spada hanno confermato che è stata prodotta in Italia (nota 16) e, in base al suo stile, è probabilmente opera di uno spadaio veneto che apparentemente utilizza il monogramma “P.” (nota 17).
La determinazione della data per la medaglia della Battaglia di Canne può essere ulteriormente ristretta sapendo del suo utilizzo sulla rilegatura del Filostrato di Jean Grolier. In particolare, è dibattuta la datazione dell’edizione della copia di Grolier del Filostrato, che si ritiene sia stata stampata tra il 1501 e il 1504 e Paul Needham ha teorizzato che la datazione più probabile della rilegatura sia da collocare attorno al 1509-1510 (nota 18). Queste osservazioni restringono del tutto la datazione probabile per la medaglia della Battaglia di Canne tra il 1504 e il 1509, laddove l’invenzione originale del modello da parte del Moderno risalga a qualche tempo prima, probabilmente al 1503-1505, anche a causa della sua chiara influenza romana.
La caratteristica della composizione della scena di battaglia sulla medaglia della Battaglia di Canne ha spesso portato gli studiosi ad attribuire inavvertitamente l’intera medaglia o il suo dritto al Moderno o al Maestro di Coriolano, tuttavia, Lewis ha giustamente notato che mentre la scena di battaglia originale è certamente un’invenzione di Moderno, la medaglia si appropria solo del disegno, mentre, nel complesso, è “così eccentrica da collocarsi in una certa misura al di fuori della tradizione medaglistica italiana“, aggiungendo che la medaglia è, “in un certo senso“, tedesca (nota 19).
Il presente autore introduce qui un ulteriore, seppur avventuroso, approfondimento dell’osservazione di Lewis.
La tradizione medaglistica fu riservata principalmente all’Italia per tutto il XV secolo e, sebbene la medaglia della Battaglia di Canne suggerisca qualcosa di tedesco, generalmente si ritiene che la tradizione medaglistica in Germania non abbia avuto inizio prima del 1507 con la famiglia di fonditori di bronzo Vischer attiva a Norimberga (nota 20).
Un gruppo ristretto di medaglie che rappresenta la genesi di quest’arte in Germania viene generalmente attribuite a Peter Vischer il Giovane, figlio mediano di Peter Vischer il Vecchio che presiedette a una serie di importanti commissioni in bronzo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Le prime medaglie tedesche rappresentano i busti dei due figli maggiori di Peter Vischer il Vecchio: una medaglia di Hermann Vischer il Giovane del 1507 [Figura 4a] e una medaglia di Peter Vischer il Giovane del 1509 (nota 21).
Figura 4a. Dritto e rovescio di una medaglia in ottone con autoritratto di Hermann Vischer il Giovane, 1507, Norimberga. Parigi, Cabinet des Medailles, Bibliotheque Nationale.
Il presente autore ha sostenuto che queste medaglie commemorano il ritorno di questi figli dal loro Wanderjahre, un rito di passaggio tedesco tradizionalmente previsto dai membri della gilda dopo il loro apprendistato e che tipicamente avviene intorno all’età di 19 o 20 anni (nota 22). La medaglia raffigurante Hermann Vischer il Giovane presenta un rovescio raffigurante probabilmente le Colonne d’Ercole, che secondo l’autore è un’allegoria riferita al ritorno di Hermann dall’Italia con nuove conoscenze. In seguito alla morte prematura della moglie nel 1513, è documentato che Hermann fece un viaggio a Roma tornando con una quantità di schizzi da utilizzare nella loro bottega, viaggio che il presente autore aveva in precedenza suggerito fosse una possibile replica del suo Wanderjahre che si suppone avvenuto nel 1507 (nota 23).
Mentre la medaglia con ritratto di Hermann fu probabilmente realizzata in Germania nel 1507, si deve presumere che egli abbia inizialmente sperimentato l’arte della medaglistica durante il suo presunto Wanderjahre (1506-1507 circa). La conoscenza di Hermann della fusione del bronzo lo avrebbe logicamente collegato ad altri che lavoravano con questo stesso mezzo e i legami di Norimberga con l’industria delle armi potrebbero averlo candidato a preparare un manufatto da incorporare sull’elsa di una spada, a parte il prestigio associato all’opera della bottega paterna quale principale fonderia di bronzo della Germania.
Se il Wanderjahre di Hermann avvenne in Italia attorno al 1506-1507, presumiamo che un primo passaggio sia avvenuto attraverso Venezia dove era presente una significativa popolazione tedesca e un’industria mercantile tedesco-veneziana ben avviata (nota 24). Possiamo ricordare i primi viaggi di Albrecht Dürer in Italia, giunto e soggiornante a Venezia sia nel 1494 e ancora nel 1505 (nota 25). Dürer conobbe sicuramente i Vischer, avendo fornito nel 1512-1513 i disegni per la tomba in bronzo del conte Hermann VIII di Henneberg e di sua moglie Elisabetta, contessa di Brandeburgo, la cui fusione fu opera della bottega dei Vischer e la sua progettazione occasionalmente attribuita a Hermann Vischer il Giovane. Dürer avrebbe poi collaborato con i Vischer su altri progetti grandi e piccoli e l’amico di Hermann, Wolf Traut, lavorò nello studio di Dürer (nota 26). Se Hermann il Giovane avesse fatto il suo Wanderjahre in questo periodo, lo avrebbe fatto mentre Dürer era anche lui a Venezia.
Un altro ipotetico impulso al viaggio a Venezia per il suo Wanderjahre potrebbe essere dovuto all’influenza del pittore veneziano Jacopo de’ Barbari che si trasferì da Venezia a Norimberga nel 1500 ed ebbe un impatto significativo sugli artisti di quella città. La fornitura da parte di Jacopo dei progetti per l’esecuzione da parte di Peter Vischer il Vecchio della lapide per la tomba della duchessa Sofia di Meclemburgo nel 1504 (nota 27) giustificherebbe l’impressione ricavata dal giovane Hermann su questo maestro veneziano, il quale aveva fatto grande impressione anche su Dürer.
Significativamente, il Moderno fu particolarmente attivo a Venezia in questo periodo ed è documentato lì per almeno due settimane (nota 28), mentre svolgeva anche il suo secondo incarico come capo della corporazione degli orafi a Verona. Sembra abbia ricevuto incarichi da vari committenti veneziani in questo periodo, come indicato dalle iscrizioni presenti sui calchi dei suoi piccoli rilievi della Madonna col Bambino e due angeli, databili a questo periodo, così come del suo gruppo capolavoro della Flagellazione di Cristo e di quello della Sacra Conversazione per il cardinale Domenico Grimani, nonché l’elaborata impugnatura della spada probabilmente eseguita per il comandante veneziano Giorgio Cornaro (nota 29). Dal momento che condividevano la stessa attività, ossia la fusione in bronzo, sembrerebbe possibile che Hermann il Giovane, se in Italia o in Veneto nello stesso momento, abbia potuto incontrare il Moderno, forse anche prestando servizio nella sua bottega o nel suo ambito, oppure ne abbia conosciuto le creazioni attraverso altri canali (nota 30).
Il rovescio e l’iscrizione nella medaglia della Battaglia di Canne [Figura 4b] potrebbero, teoricamente, essere di mano di Hermann, poiché c’è una particolare consonanza tra le proporzioni e l’ingenua rappresentazione di Ercole e Giano sul rovescio della medaglia di Canne e quella di Ercole sul rovescio della medaglia con il ritratto di Hermann (vedi ancora Figura 4a).
Figura 4b. Rovescio della medaglia in bronzo raffigurante la Battaglia di Canne (Figura 1) di Hermann Vischer il Giovane (?), da Galeazzo Mondella, detto il Moderno, 1506-1507 circa (?), Venezia (?). Washington, National Gallery of Art, inv. 1957.14.273.b.
La legenda rozzamente articolata sulla medaglia delle Battaglia di Canne ricorda la mano di un incisore in legno ancora influenzato dai caratteri gotici tedeschi, come osservato anche sulla medaglia di Hermann e forse ancora più evidente è la stessa diligente idea classicheggiante riscontrabile dietro la medaglia delle Battaglia di Canne, che si riflette similmente nella medaglia ritratto di Hermann. L’interesse dei Vischer per il mondo classico e l’Umanesimo era parte integrante dell’influenza dei loro colleghi e mecenati di Norimberga, tra cui Hartmann Schedel, Sebald Schreyer e Pangraz Schwenter (nota 31). Possiamo notare, ad esempio, i disegni di Peter Vischer il Giovane basati sulla traduzione tedesca di quest’ultimo dell’Historia Herculis o la raffigurazione di Martin Lutero nei panni di Ercole in un suo disegno allegorico della Vittoria della Riforma (nota 32).
Purtroppo, la morte prematura di Hermann e le scarse informazioni riguardanti la sua attività di scultore forniscono poca o nessuna comprensione della sua capacità creativa. Anche la sua medaglia ritratto del 1507 viene spesso ingiustamente attribuita all’invenzione del fratello minore piuttosto che a lui, anche se c’è poca coerenza stilistica tra i due (nota 33). Tuttavia, la sua presenza teorica in Italia nel 1506-1507 e la sua presunta sperimentazione nella medaglistica, presenterebbe una sequenza temporale adeguata che collima con l’invenzione della medaglia della Battaglia di Canne e la sua successiva apparizione sulla spada di Córdoba.
La medaglia delle Battaglia di Canne sembra essersi fatta strada in tutta Europa, impiegata come rovescio per le successive medaglie di Francesco I (dopo il 1515), una medaglia tedesca di Carlo V di Spagna (dopo il 1519) e, in forma molto degradata, su una medaglia postuma di Luigi II d’Ungheria, datata 1532 e attribuita a Michele Hohenauer (nota 34). Oltre all’antica medaglia tedesca di Carlo V di Spagna, appare anche come parte del bordo – tra altre composizioni basate su placchette – nel libro di preghiere tedesco del 1521 di Matthäus Schwarz miniato da Narziss Renner ad Augusta (nota 35).
Un’altra medaglia rara relativa alla famiglia Córdoba, e parimenti portata alla nostra attenzione da Lewis, presenta un’ulteriore appropriazione di un modello del Moderno (nota 36). La medaglia è forse in memoria di Elvira de Córdoba, la figlia del “Gran Capitano”, che morì prematuramente nel 1524. La medaglia presenta una sua rappresentazione immaginaria attraverso un rilievo rozzamente modificato del modello in altorilievo di Faustina del Moderno (nota 37), mentre il rovescio presenta una scena realizzata in modo ingenuo raffigurante Morte e Pace che chiudono la porta del Tempio di Giano [Figura 5].
Figura 5. Dritto e rovescio di una medaglia in bronzo di Elvira de Córdoba, 1524 (?), da Moderno (dritto), Washington, National Gallery of Art, inv. 1957.14.1116.a-b.
Forse non è irragionevole suggerire per questa medaglia anche una vaga, potenziale origine all’interno del laboratorio Vischer. In particolare, il suo formato ricorda un’opera con una datazione vicina, 1525 circa, una medaglia di Sebald Rechs assegnata alla bottega Vischer (nota 38) che presenta visivamente un formato simile anche se la legenda sulla medaglia di Elvira è molto più italianizzata che tedesca [Figura 6].
Figura 6. Dritto e rovescio di una medaglia di piombo di Sebald Rech, 1525 circa, attribuito alla bottega di Peter Vischer il Giovane, Norimberga. Germanisches Nationalmuseum, inv. MED 10597.
NOTE
[1] Èmile Molinier suggerì per primo che l’autore di queste placchette fosse il maestro che si firma IO.F.F. (Èmile Molinier (1886): Les Bronzes de la Renaissance. Les plaquettes. Parigi, nn. 140 e 634); Wilhelm Bode fu il primo ad attribuirle al Moderno (Wilhelm von Bode (1904): Beschreibung der Bildwerke der Christlichen Epochen: Die Italienischen Bronzen. Berlino, Konigliche Museen zu Berlin, n. 786); Erik Maclagan diverge leggermente associandole alla scuola del Moderno (Erik Maclagan (1924): Catalogue of Italian Plaquettes. Victoria and Albert Museum, Londra, p. 41); Ernst Bange suggerisce un artista padovano che collabora con il Moderno (Ernst Bange (1922): Die Italienischen Bronzen der Renaissance und des Barock. Vol. II: Reliefs und Plaketten. Vereinigung Wissenschaftlicher Verleger Walter de Gruyter & Co., Berlino e Lipsia, n. 508).
[2] Seymour de’ Ricci concorda con la valutazione di Bange riguardo all’origine padovana di un artista sotto l’immediata influenza del Moderno, soprannominandolo il “Maestro di Coriolano” (Seymour de’ Ricci (1931): The Gustave Dreyfus Collection. Reliefs and Plaquettes. Oxford, no. 148, pag. 118).
[3] Douglas Lewis (1987): The Medallic Oeuvre of “Moderno”: His Development at Mantua in the Circle of “Antico” in The History of Art, vol. 21, National Gallery of Art, Washington, DC, pp. 77-97 and Douglas Lewis (1989): The Plaquettes of ‘Moderno’ and His Followers in Studies in The History of Art, vol. 22, National Gallery of Art, Washington, DC, pp. 105-41.
[4] La scena di battaglia richiama altre scene di battaglia e di caccia derivate dai sarcofagi romani classici e dal grande fregio traianeo dell’Arco di Costantino. Vedi D. Lewis (1989): op. cit. in nota 3. Sebbene Lewis suggerisca che il suo design possa essere stato sviluppato da disegni del suo amico Giovanni Maria Falconetto, che trascorse del tempo a Roma, è forse anche possibile che Moderno abbia utilizzato queste fonti mentre era lui stesso a Roma durante alcuni periodi del primo decennio del XVI secolo (Michael Riddick, Riavvicinamento al Maestro di Coriolano come Moderno e collaboratore a Roma, di prossima pubblicazione).
[5] D. Lewis (1989): op. cit.in nota 3). Anche Attilio Troncavini ha discusso il rapporto tra queste composizioni (Attilio Troncavini (2019): Fonte da o per il Moderno. Atiquanuovaserie.it) [https://www.antiquanuovaserie.it/fonte-da-o-per-il-moderno/ ].
[6] Bode Museum, inv. 1943.
[7] M. Riddick, vedi ancora nota 4.
[8] Il rilievo è di qualità persino peggiore ed è stato forse rielaborato per l’esemplare presente sulla spada di Gonsalvo de Córdoba.
[9] Michael Riddick (2023): Moderno and Associated Makers. Renbronze.com. Trad.: Moderno & Artisti Associati … (marzo 2024) [Leggi].
[10] Fusioni apprezzabili delle composizioni del Moderno sembrano essere stati riprodotte a Padova intorno al 1530 e compaiono su produzioni in bronzo eseguite da Desiderio da Firenze (D. Lewis (1989): op. cit. in nota 3). Vedi anche Jeremy Warren (2016): The Wallace Collection. Catalog of Italian Sculpture. The Trustees of the Wallace Collection, London and M. Riddick (2017): A selection of plaquettes from the Villa Cagnola: Their Function and Meaning, Renbronze.com [Leggi].
[11] Clifford Brown (1997): The Archival Scholarship of Antonino Bertolotti. A Cautionary Tale in Essays in Honor of Carolyn Kolb, Artibus et Historiae. Vienna-Krakow, p. 68 ff.
[12] E. Bange (1922): op. cit.in nota 1, no. 386, p. 53.
[13] Francesco Rossi (2011): La Collezione Mario Scaglia. Placchette, Voll. I-III. Lubrina Editore, Bergamo, pp. 165-66 e 236.
[14] La spada originale è conservata presso l’Armeria Reale di Madrid, Inv. G 29. Da notare l’utilizzo di un altro rilievo “Coriolano” sull’elsa di una spada conservata al Museo Correr: l’elsa di questa spada presenta la composizione Coriolano e le Donne di Roma del Maestro di Coriolano. Vedi Emil Jacobsen (1893): Plaketten im Museo Correr zu Venedig in Repertorium fur kunstwissenschaft, xvi, p. 68.
[15] Gabriel Pozo Felguera (2017): Localizamos las dos espadas más queridas del Gran Capitán, desaparecidas de su panteón en San Jerónimo hace varios siglos in El Independiente de Granada, 23 luglio 2017. Da notare che esistono diverse copie antiche della spada e l’esemplare conservato nell’Armeria Reale di Madrid sembra essere l’originale, essendo stato citato anche in un inventario del XVII secolo. Una versione della medaglia della Battaglia di Canne appare sotto forma di elsa di spada al Louvre (inv. OA 769 e/o OA 7346), donata nel 1856 e, secondo l’opinione del presente autore, potrebbe essere una di queste copie antiche della spada di Córdoba.
[16] Centro de Publicaciones del M.o de Defensa (2015): Catálogo exposición El Gran Capitán. Museo del Ejército, Toledo.
[17] Sembra che ci sia un particolare spadaio veneto che utilizza questo monogramma attorno alla fine del XV secolo, sebbene il presente autore non sia a conoscenza se il monogramma sia confrontabile con quello raffigurato sulla spada di Gonzalo de Córdoba. Il monogramma potrebbe riferirsi allo spadaio noto come Maestro Pippo. Vedi ad esempio i nn. 142, 144 e 146-149 in Lionello Boccia e Eduardo Coelho (1975): Armi Bianchi Italiane. Bramante Editrice.
[18] Paul Needham (1979): Twelve Centuries of Bookbinding, exh. cat., Pierpont Morgan Library, pp. 139-43.
[19] D. Lewis (1987): op. cit.in nota 3.
[20] Il presente autore identifica una medaglia della prima moglie di Peter Vischer il Vecchio, datata 1490, ma c’è da chiedersi se questa medaglia sia stata realizzata nel 1490 o forse successivamente quando la bottega Vischer divenne più consapevole della tradizione medaglistica attraverso i loro legami documentati con l’Italia, forse nel 1508-1509 e certamente nel 1513. Per i riferimenti documentari riguardanti la famiglia Vischer in Italia vedere Michael Riddick (2020): The Earliest German Medal? Peter Vischer der Altere’s Memorial Medaille to His First Wife Margaretha. Renbronze.com [Leggi].
[21] Hermann Maué (1986): The Development of Renaissance Portrait Medals in Germany in Gothic and Renaissance Art in Nuremberg 1300-1550, Metropolitan Museum of Art, NY, pp. 105-07.
[22] I documenti che citano un Peter Vischer responsabile della vendita di copie della Weltchronik (Cronaca mondiale) di Hartmann Schedel in tutta Italia nel 1509 sono stati variamente interpretati come se si trattasse del fonditore del bronzo Peter Vischer il Giovane. Il presente autore sostiene la teoria secondo cui questo è effettivamente il figlio mediano di Peter Vischer il Vecchio, i cui interessi per l’Umanesimo avrebbero incoraggiato la vendita di copie del libro a persone con interessi affini. La famiglia Vischer conosceva Schedel e si dedicò alla stampa di xilografie durante gli anni Ottanta del Quattrocento e rimase in contatto con amici che lavoravano anch’essi in questo settore. Per dettagli riguardanti la vendita dei libri di Schedel in Italia vedere Andrew Pettegree (2010): The Book in the Renaissance. Yale University Press, pp. 77-78. Per la produzione delle prime xilografie di Peter Vischer il Vecchio vedere Betty Schlothan (2013): Intriguing Relationships: An Exploration of Early Modern German Prints of Relic Displays and Reliquaries. Tesi di dottorato. Università della California.
[23] M. Riddick (2020): op. cit.in nota 19.
[24] Benjamin Ravid (2017): Venice and its Minorities in Printed_Matter. Centro Primo Levi Online Monthly. Primolevicenter.org.
[25] Erwin Panofsky (1955): The Life and Art of Albrecht Durer. Princeton. See also Kristina Herrmann Fiore (ed.) (2007): Dürer e l’Italia. Exh. Cat., Rome, Scuderie del Quirinale, 10 marzo – 10 giugno 2007. Electa, Milan.
[26] Cecil Headlam (1901): Peter Vischer. London
[27] Beate Böckem (2016): Jacopo de’ Barbari: Künstlerschaft und Hofkultur um 1500. Vienna, pp. 200-05.
[28] Luciano Rognini (1975): Galeazzo e Girolamo Mondella, artisti del Rinascimento veronese in Atti e Memorie della Accademia di Agricultura, Scienze, e Lettere di Verona, series 6, vol. 25, pp. 95-119.
[29] D. Lewis (1989): op. cit. in nota 3.
[30] Si potrebbe ipotizzare che Hermann abbia portato con sé a Norimberga alcune delle invenzioni del Moderno. Ad esempio, la composizione DVBIA FORTVNA appare sullo scudo di bronzo che accompagna la grande figura in bronzo di Maria Bianca Sforza per il cenotafio dell’imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano I nella Hofkirche di Innsbruck. La statua fu modellata nel 1512 da Gilg Sesselschreiber e dalla sua bottega. Anche i Vischer furono coinvolti in questo progetto e produssero le figure in bronzo di Re Artù e Teodorico il Grande, entrambi con prevalenti influenze italiane. Vinzenz Oberhammer (1935): Die Bronzestandbilder des Maximiliangrabes in Hofkirche zu Innsbruck. Innsbruck, pp. 145-49. La Deposizione di Moderno e i suoi busti di Medusa sono riprodotti sulla lastra tombale del cardinale Albrecht von Brandenburg nel 1540, fusa a Francoforte da Konrad Gobel. Il figlio più giovane dei Vischer, Hans, partecipò alla preparazione della tomba di Albrecht. Cecil Headlam (1906): The bronze founders of Nuremberg: Peter Vischer and his family. Londra, pp. 122-23.
[31] Jeffrey Chipps Smith (1983): Art and the Rise of Humanism in Nuremberg, a Renaissance City, 1500-1618. University of Texas Press, pp. 39-44.
[32] Conservato presso il Goethe National Museum di Weimar.
[33] Circa le varie argomentazioni concernenti l’attribuzione delle medaglie vedi Georg Seeger (1897): Peter Vischer der jüngere: Ein Beitrag zur Geschichte der Erzgiesserfamilie Vischer. E.A. Seemann, Leipzig, pp. 6-13, 142; Georg Habich (1929): Die deutschen Schaumünzen des XVI. Jahrhunderts, Volumes 1-2. F. Bruckmann, vol. 1, nos.1-3, p. 3; Max Bernhart (1936): Kunst und Künstler der Nürnberger Schaumünze des 16. Jahrhunderts. Mitteilungen der Bayerischen Numismatischen Gesellschaf, vol. 54, nos. 67, 70, pp. 1-61; Klaus Pechstein (1962): Beiträge zur Geshichte der Vischerhütte in Nürnberg. Ph.D. dissertatione, Berlin, pp. 75-80; Heinz Stafski (1962): Der Jüngere Peter Vischer, Nuremberg, pp. 37-38; H. Maué (1986): op. cit. in nota 21, nos. 187-88, p. 387; Ulrich Pfisterer (2013): Wettstreit in Erz, Portratmedaillen der Deutschen Renaissance in Deutscher Kunstverlag, no. 59, pp. 154-55.
[34] La medaglia era stata in precedenza attribuita a Hieronymus Magdeburger. Vedi G. Habich (1929): op. cit. in note 33. Per un’approfondita discussione su questa medaglia e il suo rapporto con la medaglia della Battaglia di Canne vedi Papp Júlia (2019): Az 1526. Évi mohácsi csata 16–17. Századi képzőművészeti recepciója in Több mint egy csata: mohács az 1526. Évi ütközet a magyar tudományos és kulturális emlékezetben. Budapest, pp. 149-93.
[35] Berlino, Staatliche Museen, fol. 2r. Per un recente saggio su questo argomento vedi Jeremy Warren (2014): A note on the display of plates in Medieval and Renaissance Sculpture in the Ashmolean Museum, vol. 3: Placchette. Pubblicazioni dell’Ashmolean Museum, Regno Unito.
[36] D. Lewis (1987): op. cit.in nota 3.
[37] Per una recente discussione di questo modello e della sua probabile derivazione da un originale scolpito in pietra dura vedi J. Warren (2014): op. cit. in nota 34, no. 327, fig. 321, pp. 870-71.
[38] H. Maué (1986): op. cit.in nota 21, no. 202, p. 407.
Agosto 2024
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