La poltrona “fracastoro”

di Andrea Bardelli

La Fondazione Miniscalchi-Erizzo di Verona possiede ed espone in una sala del suo Museo un importante cimelio. Si tratta di un seggiolone, in parte ricostruito, che si vuole sia appartenuto a Girolamo Fracastoro [Figura 1].

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Figura 1. Seggiolone appartenuto a Girolamo Fracastoro, metà circa del XVI secolo, massello di noce, cm. 57 x 43, h 116, Verona, Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo.

Per chi non lo conoscesse, il Fracastoro nacque a Verona nel 1483, studiò medicina a Padova, dove ebbe come compagno Nicolo Copernico, fu nominato dal papa Paolo III medico ufficiale del Concilio di Trento e morì nel 1553 a Incaffi (Vr), dove si era ritirato.
Fu autore di vari trattati di medicina, ma anche trattati di geografia, astronomia, teologia e religione. Scrisse anche tre dialoghi filosofici, tra i quali il Naugerius sive de poetica, considerato un testo fondamentale per l’estetica del Rinascimento; in esso si discute dell’essenza della poesia come espressione del bello universale e non finalizzato. Il punto più originale del dialogo è quello in cui, ammettendo la possibilità di un bello finalizzato, Fracastoro formula una netta distinzione tra poesia e letteratura.
Scrisse infine un poema latino sulla sifilide, in tre volumi, intitolato Syphilis sive de morbo gallico, dove si racconta come, nel Nuovo Mondo, il pastore Sifilo si fosse macchiato di empietà e il Sole lo avesse punito con la malattia che da lui avrebbe preso il nome.
Ma torniamo al nostro seggiolone.
Esso è caratterizzato da montanti posteriori dritti, culminanti con piccole teste intagliate; lo schienale era presumibilmente costituito da una fascia di pelle o di stoffa tesa tra i due suddetti montanti.
I braccioli sono dritti e tesi, retti da sostegni torniti che si prolungano nelle gambe anteriori; queste ultime sono raccordate tra loro da una cartella sagomata e intagliata e alle gambe posteriori da traverse dritte. La seduta in legno è originale, come dimostra lo stato di vetustà e non in pelle o stoffa come sarebbe dovuto essere in sintonia con lo schienale; tuttavia, la seduta in legno è consono a numerosi sedili del tipo “a fratina” che troviamo sia in Lombardia, sia in Veneto.
L’ipotesi che questo sedile sia appartenuto a Fracastoro è accreditata da un rarissimo testo stampato a Verona nel 1842 e intitolato Cenni intorno alla casa di Girolamo Fracastoro nella terra di Incaffi. L’autore è Giovanni Orti Manara, studioso locale, già Podestà di Verona in epoca asburgica e considerato fonte del tutto attendibile.
Nel testo, che la Fondazione espone accanto al sedile, è contenuta un’incisione realizzata da Fioravante Penuti per la Litografia Guelmini Verona, nella quale il seggiolone compare così come appare oggi [Figura 2].

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Figura 2. Incisione di F. Penuti raffigurante la poltrona in quella che fu la casa di Fracastoro.

Dalla didascalia che lo correda si apprende che il cimelio pervenne agli inizi del Novecento nella famiglia Bottagisio, proprietaria dello stabile di Incaffi e che fu donato alla Fondazione dall’Ing. Alberto Bottagisio nel 1997.
Il seggiolone è già stato pubblicato da Clara Santini nel volume Mille mobili veneti, Volume II (Verona, Padova e Rovigo), Modena 2000 p.193 n.268-269, mentre è del tutto inedita la documentazione che ne suffraga la provenienza.
Si tratta, certamente, di un oggetto di grande rilevanza sotto il profilo storico documentale, esso consente, infatti, di datare alla metà circa del XVI secolo una tipologia di seggioloni che ebbe larga diffusione in quasi tutte le regioni italiane.
Inoltre, permette di estendere all’ambito veneto, segnatamente veronese, la peculiarità delle testine intagliate all’estremità superiore dei montanti dello schienale, che contraddistingue, in genere, gli ambiti bresciani e bergamaschi.
Pare di poter affermare che, dopo la dantesca, la savonarola e la andrea del sarto, il panorama dei sedili rinascimentali, si arricchisce di una nuova tipologia: la fracastoro.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, 23 maggio 2006

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