Ursula e Warren Kirkendale, La “tempesta” di Giorgione e il suo programma iconologico derivato dalla Teogonia di Esiodo. Il poeta. Amaltea, Zeus bambino e le muse, 182 pagine formato 21 x 14, Olschki, Firenze 2022, euro 28,00.
Ursula e Warren Kirkendale sono due storici della musica di fama mondiale nati nel 1932; Ursula, che aveva studiato anche archeologia classica e storia dell’arte, è morta nel 2013 dopo un ictus invalidante che l’aveva colpita nel 1971. Nel 2015 esce per Olschki: Hesiod’s Theogony as Source of the Iconological Program of Giorgione’s “Tempesta”, che firmano entrambi, composto sulla base degli scritti di Ursula e a cui pare tenessero molto.
Per capire questa riedizione del 2022, tradotta in italiano, bisogna partire da Warren Kirkendale che nel verso del frontespizio scrive la seguente dedica: In memoriam amatissimae coniugis Ursulae, et grato animo erga adversarios nostros Giorgionisque pro stimulatione huius opuscoli edendi (in memoria dell’amatissima moglie Ursula e grato ai nostri avversari e a Giorgione per lo stimolo a pubblicare questo opuscolo).
Sotto, si firma Varenus de Ceulo in Valle. Ex Urbe, ante diem tertium idus Aprilis, MMDCCLXXV.
Varenus sta per Warren, mentre non è stato ancora possibile decriptare de Ceulo in Valle; la dedica proviene da Roma ed è stata scritta prima del giorno terzo delle Idi di Aprile del 2775!
Egli intende il giorno terzo prima delle Idi di Aprile (13 aprile) dell’anno 2775 dalla fondazione di Roma (753 a. C.), quindi l’11 aprile 2022, come abbiamo avuto poi modo di verificare a p. 115 alla fine dell’Appendice I di cui diremo.
Ancora più sotto, un verso (v. 436) dall’Hippolytos di Euripide: Αί δευτεραί πως φροντίδες σοφώτεραι (le seconde idee sono più sagge).
Qui c’è tutto, l’amore per la moglie e per Giorgione, l’animosità verso i nemici, lo sfoggio di cultura classica e il gusto per il raffinato gioco dei significati nascosti.
Nell’introduzione (I) si affermano due importanti premesse: la prima è che le fonti letterarie prevalgono sulle altre fonti, ad esempio quelle iconografica, la seconda è che non si può negare l’interesse di alcune ipotesi anche se non tutte sorrette da prove concrete.
Nel capitolo che segue (II), i Kirkendale demoliscono, anche se in modo cavalleresco, l’interpretazione resa da Salvatore Settis alla Tempesta nel 1978 (Adamo, Eva e Caino), che la critica ritiene la più convincente. Altre ipotesi seguono la stessa sorte e a pagina 87 viene fornita una preziosa tabella delle “interpretazioni errate” dal 1530 al 2019.
Nei capitoli successivi (III-XVI) si chiariscono le ragioni per le quali la Tempesta di Giorgione sarebbe ispirata alla Teogonia di Esiodo e i principali personaggi raffigurati sarebbero Esiodo stesso, Giove bambino e la sua nutrice la ninfa Amaltea.
La tesi appare del tutto convincente come tutte le tesi sorrette da argomentazioni espresse con una coerenza esemplare. Straordinaria, ad esempio, è l’identificazione dell’altare con due colonne che appare nel dipinto in un’incisione pressoché coeva di Nicoletto da Modena raffigurante Apelle (con quanto ne consegue sul piano interpretativo). Un po’ più azzardata appare invece la proposta di identificare nella luna, in due nuvole e nel fulmine l’occhio, le gote e la bocca di un ciclope.
In ogni caso, qualunque ipotesi, anche se audace, può rivelarsi interessante e far procedere la ricerca e il dibattito (con buona pace dei positivisti che Kirkendale tanto detesta).
A pagina 91 inizia l’Appendice I (la II è dedicata a un necrologio di Ursula Kirkendale scritto da Alberto Basso nel 2013). Si tratta di un testo inedito del 2022 (qui tradotto in inglese) in cui Warren Kirkendale non si trattiene e sferra un attacco contro Sergio Alcamo e il suo mentore Settis (ancora lui) accusandoli di aver tentato di perpetrare una dannatio memoriae nei confronti del lavoro suo e della moglie, non preso in seria considerazione in uno studio sulla Tempesta pubblicato nel 2019 (scritto da Alcamo con una lunga prefazione di Settis).
Pare quasi che la pubblicazione del volume che stiamo recensendo, oltre a fornire la traduzione italiana di quello uscito nel 2015, abbia lo scopo di rispondere per le rime.
I toni sono accesi (“… sorprendente disonestà intenzionale e ingannevole …”), ma anche in questo caso gli argomenti con cui Kirkendale riafferma il punto di vista suo e della moglie appaiono condivisibili. Lo stesso dicasi a proposito delle critiche a un lungo articolo pubblicato da Antony Colantuono nel 2020 a cui Kirkendale non le manda a dire.
Rivolgendosi questa volta ai recensori, soprattutto americani, Warren Kirkendale lamenta un certo degrado culturale nella società (americana) che rende difficile comprendere il significato di un lavoro come quello sulla Tempesta da loro proposto. Lo studio dell’antichità classica gode di poco seguito e il concetto di élite (intellettuale) è diventato un termine negativo (non si capisce perché attribuisca questa tendenza all’estrema sinistra immatura e ingrata).
Dopo aver letto cosa pensa Warren Kirkendale dei “… giornalisti incapaci di apprendere tanto il metodo quanto il contenuto del libro (p. 92)”, non è facile tirare le conclusioni dimostrandoci quelli che Kirkendale definisce recensori peer (che potremmo tradurre “all’altezza”).
Non è davvero per una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli autori che possiamo affermare che il libro è bellissimo, imperdibile per chi segue la “telenovela” della Tempesta di Giorgione, ma anche per chi sarà conquistato dalla chiarezza espositiva degli autori, prima ancora che dalle loro stimolanti argomentazioni.