Arazzo del Concilio degli Dei
della Redazione di Antiqua
La collezione Cagnola di Gazzada (Va) possiede un importante collezione di arazzi, in prevalenza provenienti da Belgio e Olanda, databili tra XVI e XVIII secolo. Si tratta per la precisione di 21 pezzi cui se ne è aggiunto recentemente un altro che si credeva perduto.
Uno dei più interessanti è sicuramente il Concilio degli Dei [FIGURA 1] esposto nel 1939 in occasione della celebre mostra su Leonardo a Milano.
Figura 1 Arazziere fiammingo, Concilio degli Dei, secondo quarto del XVI secolo, lana e seta, cm. 138 x 154, Collezione Cagnola, Gazzada (Va) in. AR.02.
Come sarà chiarito a breve, l’arazzo in questione c’entra poco con Leonardo, però, Leonardo con gli arazzi c’entra, eccome.
Si legge nel Vangelo (Mt 14):
12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo 14 e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi.
Ed ecco come Leonardo dipinge la scena per il refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano [FIGURA 2], disponendo su ciascuna delle pareti laterali quattro arazzi che purtroppo il tempo ha reso illeggibili.
Figura 2 Leonardo da Vinci, Cenacolo,post 1495 ante 1999, Milano, Santa Maria delle Grazie.
Ma questa non è questa l’unica circostanza che lega Leonardo agli arazzi: c’è un capolavoro di poco successivo al Cenacolo, fedele replica tessuta su arazzo (si discosta solo nello sfondo), che dal 1931 si può ammirare nei Musei Vaticani [FIGURA 3].
Figura 3 Arazziere fiammingo, Arazzo dell’Ultima Cena, 1516-1532, seta, argento e oro, cm. 500 x 900, Musei Vaticani, Pinacoteca, salone di Raffaello, inv. 43789.
L’opera è stato al centro di una presentazione nell’ambito delle celebrazioni per i 500 anni della morte di Leonardo, poi partito alla volta del Castello di Clos Lucé ad Amboise, ultima dimora di Leonardo, dove è stato esposto da giugno a settembre 2019, in occasione della mostra “La Cène de Léonard de Vinci pour François Ier, un chef-d’oeuvre en or et soie”, per arrivare poi a Palazzo Reale, a Milano dove è stato esposto dal 8 ottobre al 17 novembre 2019 nella mostra dal titolo “La cena di Leonardo per Francesco I: un capolavoro in seta e argento”.
L’ipotesi più suggestiva scaturita dagli ultimi studi in materia e che l’arazzo possa essere stato realizzato prima del settembre 1516, anno in cui Leonardo si trasferisce in Francia e che lo stesso Leonardo possa essersi impegnato almeno in una supervisione.
Ma torniamo al nostro arazzo, richiesto in prestito dalla Galleria Nazionale delle Marche per una mostra dal titolo Sul filo di Raffaello. Impresa e fortuna, concepita per sviscerare il rapporto tra l’arte di Raffaello e quella dell’arazzeria. Il prestito non è stato perfezionato, ma la mostra, programmata a Urbino dal 4 maggio al 13 settembre 2020, si farà.
Uno dei due curatori, Nello Forti Grazzini, è un grande esperto in materia, autore della sezione dedicata agli arazzi, senza dubbio la migliore, nel catalogo delle arti decorative della Collezione Cagnola (AAVV, La Collezione Cagnola. Le arti decorative, Nomos, Busto Arsizio, Varese, 1999, pp. 9-58).
Partiamo proprio dai dati forniti da Forti Grazzini per capire il rapporto del nostro arazzo prima con Leonardo e adesso con Raffaello.
I personaggi
Partendo da sinistra, vediamo Apollo con la lira, Bacco (Dioniso) incoronato con tralci di vite, Ercole con la clava, Vulcano e Giano bifronte; ai loro piedi due divinità fluviali; il Tigri e il Nilo, riproducenti una celebre coppia di statue presenti sul Campidoglio a Roma [FIGURE 4a e 4b].
Figura 4 a e b Ignoto scultore romano, Il fiume Tevere e il fiume Tigri, marmo, II secolo d.C. , Roma, Campidoglio.
Le due stature risalgono al II secolo d.C. provenienti dalle Terme di Costantino al Campidoglio e si trovavano già lì quando, nel 1543, Michelangelo (così abbiamo riunito tutti e tre i grandi!) le colloca ai piedi della nuova scala del palazzo Senatorio.
Una curiosità: la statua rivolta verso destra, una volta raffigurava il Tigri, trasformata nel XVI secolo (presumibilmente in occasione della sistemazione della piazza) nel Tevere, sostituendo alla tigre la lupa con i gemelli.
Lo sfondo
Ci siamo posti il problema di identificare lo sfondo partendo dal “roccione” che il prof. Gianni Giancane di Lecce, geologo, ha possibilmente identificato nella rupe di Orvieto, una conformazione di tufo su cui sorge la città [FIGURA 5].
Figura 5 Veduta di Orvieto.
Abbiamo esteso la ricerca all’abitato che, a prima vista, sembrava riprodurre un ambiente nordico per la forma dei tetti delle case [FIGURE A e B].
Figura A Dettaglio arazzo Figura 1
Figura B Ricostruzione grafica
Anche in questo caso, tuttavia, una plausibile conferma di Orvieto ci viene fornita dal confronto con l’immagine di uno scorcio di abitato con la facciata del Duomo [FIGURA 6] e di quella del Ponte Giulio [FIGURA 7] di origine romana, ricostruito sul modello antico per volere del Papa Giulio II della Rovere (pontefice dal 1503-1513).
Figura 6 Veduta di Orvieto
Figura 7 Orvieto, Ponte Giulio, primo ventennio del XVI secolo
Data e ubicazione (Orvieto) ci possono tornare utili per confermare epoca e ambito di produzione dell’arazzo. Decisiva ai fini della datazione è comunque la fonte iconografica dell’arazzo, costituita senza ombra di dubbio dallo stesso soggetto affrescato da Raffaello entro la fine del 1518 sulla volta della loggia di Villa Farnesina a Roma, penultimo episodio delle Storie di Psiche su commissione di Agostino Chigi [FIGURA 8].
Figura 8 Raffaello, Concilio degli Dei, ante 1518, affresco, Roma, Villa Farnesina.
Figura 9 Roma, Villa Farnesina, la loggia (fonte Wikimedia)
E’ curioso che Raffaello abbia immaginato il Concilio degli dei come un finto arazzo applicato al soffitto della Loggia [FIGURA 9].
Rispetto all’arazzo Cagnola si possono osservare numerose varianti, tra cui la completa trasformazione dell’ambientazione che si può considerare un’invenzione del cartonista [FIGURE C e D].
Figura C Dettaglio affresco Figura 8 (in controparte)
Figura D Arazzo Figura 1
Il confronto ci dice anche che l’arazzo è stato tagliato. Probabilmente era una “spalliera” e, poiché le spalliere erano molto diffuse nel primo e nel pieno Cinquecento, per poi diventare rare, fino a scomparire nella seconda metà del secolo, Forti Grazzini ipotizza che l’arazzo Cagnola sia da datare entro la metà del secolo “… non distante dal sicuro termine post quem; l’anno 1518 quando furono completati gli affreschi di Psiche”.
Il cartonista doveva conoscere il ciclo della Farnesina anche se si è probabilmente basato, viste le molte varianti, su disegni preparatori. Si esclude che utilizzato delle fonti a stampa perché quella più antica, incisa da Giovanni Jacopo Caraglio nel 1527, mostra una composizione del tutto diversa [FIGURA 10, nota 1].
Figura 10 Caraglio Giovanni Jacopo, Concilio degli Dei, 1527, incisione (fonte Alamy).
Perché Leonardo?
Nel 1939 l’arazzo fu ritenuto di manifattura lombarda e l’immagine raffaellesca scambiata per un prodotto figurativo del leonardismo lombardo. Forti Grazzini ipotizza che a suo tempo fu fatto un accostamento con il roccione che compare in un arazzo di manifattura milanese, raffigurante la Presentazione a Cesare della testa di Pompeo, che si trova al Museo delle Arti decorative di Parigi [FIGURA 11].
Figura 11 Arazziere milanese, Presentazione a Cesare della testa di Pompeo, Parigi, Museo delle Arti decorative
Chi è l’autore dell’arazzo.
Secondo Forti Grazzini, la presunta vicinanza sopra evidenziata con gli affreschi della Farnesina fa pensare che il cartone non sia stato eseguito in Nord Europa (nelle Fiandre i cartoni erano tratti per lo più da incisioni da Raffaello), “… ma verosimilmente a Roma da un artista italiano”, inoltre, l’arazzo non presenta i minuziosi erbari che contraddistinguono le tappezzerie disegnate nelle Fiandre (nota 2) e assai poco fiammingo è lo sfondo roccioso.Quindi, il cartone dell’arazzo Cagnola dovrebbe essere stato preparato a Roma tra la fine del secondo e l’inizio del terzo decennio del Cinquecento da un artista che, stando ad alcune semplificazioni, non dovrebbe rientrare nella ristretta cerchia di seguaci di Raffaello.
La presumibile identificazione di Orvieto come paesaggio di sfondo, di cui si è detto prima, acquisterebbe il senso di una ulteriore conferma dell’origine “laziale” del cartonista.
Poiché non risulta che all’epoca vi fossero manifatture di arazzi a Roma è ragionevole credere che il cartone fosse stato inviato per la tessitura nelle Fiandre, non necessariamente a Bruxelles. Infine, l’assenza di filati in oro e argento rende plausibile che fosse destinato a una committenza borghese piuttosto che a qualche corte.
NOTE
[1] Il fatto che il disegno dell’arazzo sia in controparte rispetto a quello dell’affresco non indica che sia stato tratto da un’incisione (sempre in controparte rispetto al disegno da cui è tratta), bensì il contrario. La tecnica di esecuzione degli arazzi, che in queste sede non è possibile descrivere, fa sì che anche l’arazzo, come l’incisione, risulti in controparte rispetto al modello.
[2] La FIGURA mostra una possibile, provvisoria, identificazione delle specie botaniche ottenuta grazie al contributo della studiosa di botanica Elvira Gerosa.
1 Aprile 2020 © riproduzione riservata