L’Attilio Regolo di Giovanni Maffezzoli

di Andrea Bardelli

E’ apparsa di recente sul mercato antiquario una tavola intarsiata raffigurante il Martirio di Attilio Regolo [Figura 1], eseguita nel 1806 dall’ebanista cremonese Giovanni Maffezzoli che la firma con caratteri pirografati, a sinistra della composizione, come segue: “Giovanni Maffezzoli di Cremona fece Anno 1806 aprovato dalla R. Academia delle Belle Arti in Milano” [Figura 1bis].
Nella parte bassa della stessa composizione compare un’altra scritta simile che recita: “Quadro delle manifature più pregevoli, v. p. g. l. 8”. Diremo subito che la prima parte della seconda scritta può essere considerata come una sorta di auto attestato, mentre l’acronimo che segue e tutt’ora in corso di interpretazione [Figura 1 ter].

giovanni-maffezzoli-attilio-regolo-tavola-intarsiata-1806

Figura 1. Giovanni Maffezzoli, Martirio di Attilio Regolo, 1806, tavola intarsiata in legni vari, cm. 44 x 72, collezione privata.

giovanni-maffezzoli-attilio-regolo-tavola-intarsiata-1806

Figura 1 bis. Iscrizione sulla tavola intarsiata di Figura 1.

giovanni-maffezzoli-attilio-regolo-tavola-intarsiata-1806

Figura 1 ter. Altra iscrizione sulla tavola intarsiata di Figura 1.

Per quanto riguarda l’autore possiamo dire, in estrema sintesi, che Giovanni Maffezzoli (1776-1818) è stato uno degli allievi prediletti da Giuseppe Maggiolini, alla cui bottega si aggrega attorno al 1791. Nel 1795 risulta già attivo a Cremona, sua città natale, anche se pare che solo nel 1803 egli lasci il suo maestro per aprire una propria bottega.
La data riportata sul nostro tableau, il 1806, dimostra che Maffezzoli continua a mantenere rapporti con Milano presentando questo suo lavoro nel corso dell’esposizione annuale organizzata presso l’Accademia delle Belle Arti, l’attuale Accademia di Brera. Queste esposizioni, inaugurate nel 1805, saranno destinata a diventare, per tutto l’Ottocento, la più importante manifestazione d’arte contemporanea.
La data del 1806 è anche importante perché anticipa di qualche anno la datazione di quella che viene considerata l’ultima produzione di Maffezzoli, ossia proprio quella di pannelli intarsiati con scene tratte dal repertorio classico.
Per la prima volta ne parla lo storico cremonese Giuseppe Grasselli (G. Grasselli, Abecedeario biografico dei pittori, scultori e architetti cremonesi, Milano 1827, ad vocem), il quale, annoverando Maffezzoli tra i principali artisti del suo tempo, ne elenca sei.
Si tratta di Socrate che beve la cicuta e Gli Argonauti, entrambi su disegno del pittore cremonese Giuseppe Diotti, premiati nel 1813 a Milano dall’Istituto Reale delle Scienze di Milano collegato all’Accademia. Vengono poi citati Il sacrificio di una vergine al fiume Nilo e Saulo all’ombra di Samuele, questa volta su disegni del pittore fiorentino Luigi Sabatelli, premiati nel 1816 dall’Accademia di Parma. Infine, sempre su disegno di Diotti, Facione che ricusa i doni di Alessandro ed Ercole al bivio.
Grasselli precisa che ben cinque di questi sono di proprietà degli eredi di Antonio Maria Guida di Soresina. Sappiamo poi che i cinque sono passati nella collezione D’Alessandro, sempre a Cremona (Luisa Bandera, Giovanni Maffezzoli intarsiatore cremonese, in Antichità viva, settembre-ottobre 1964 n.7-8, p. 42 e ss.).
Di questi pannelli la stessa Bandera (op.cit.) ci fornisce le misure 91 x 162 e ci informa dell’esistenza di un altro pannello col medesimo soggetto del nostro [Figura 2], non ricordato dal Grasselli, conservato presso il Museo Civico di Cremona e proveniente dal lascito Ponzoni, attualmente non esposto per ragioni di conservazione, schedato come Il sacrificio di Attilio Regolo (A. Puerari, Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona. Raccolte artistiche, Libreria del Convegno, Cremona 1976).

giovanni-maffezzoli-attilio-regolo-tavola-intarsiata-cremona-museo-civico-ala-ponzone

Figura 2. Giovanni Maffezzoli, Il sacrificio di Attilio Regolo, tavola intarsiata in legni vari, cm. 66,5 x 92,5, Cremona, Museo Civico Ala Ponzone.

Un altro pannello dal titolo Il supplizio di Attilio Regolo [Figura 3] è appartenuto (e quasi certamente ancora appartiene) alle collezioni del Palazzo Reale di Milano, insieme a un’altra versione del Socrate che beve la cicuta.

giovanni-maffezzoli-attilio-regolo-tavola-intarsiata-milano-palazzo reale

Figura 3. Giovanni Maffezzoli, Il supplizio di Attilio Regolo, tavola intarsiata in legni vari, Milano, (già?) Palazzo Reale.

Queste due ultime opere sono pubblicate con semplici didascalie che li datano al 1813-1818, senza ulteriori spiegazioni e senza una precisa indicazione delle misure e dell’attuale ubicazione (E.Colle-F.Mazzocca, Il Palazzo Reale di Milano, Skira, Milano 2001 p. 257).
Rispetto alle due versioni appena citate, quella in esame si dimostra di qualità superiore per essere riuscita a rendere, entro dimensioni più contenute, la complessità della scena con un numero maggiore di dettagli e l’impiego di essenze lignee più varie. Si noti, ad esempio, come è stato reso il cielo che incombe sulla scena, minaccioso e ingombro di nubi, che non compaiono nelle altre due versioni, dove il cielo è stato realizzato con un’unica essenza lignea.
Per motivi cronologici, per la presenza della firma per esteso e per la superiore qualità dell’intarsio, possiamo presumere che la nostra tavola datato 1806 costituisca il prototipo dei due sopra menzionati.
E’ stato inoltre interessante approfondire l’aspetto iconografico perché nell’opera di Diotti o di Sabatelli non è riscontrabile alcun soggetto analogo.
Infatti, la tavola raffigurante la morte di Attilio Regolo deriva esattamente da un dipinto del pittore napoletano Salvator Rosa (1615-1673), che attualmente si trova in Virginia al Museum of Fine Arts di Richmond [Figura 4].

salvator-rosa-attilio-regolo-olio-su-tela-richmond-museum-of-fine-arts-williams

Figura 4. Salvator Rosa, (Morte di Attilio Regolo), olio su tela, cm. 152 x 219, Richmond (Virginia), Museum of Fine Arts, (inv. 59.15, lascito Williams).

E’ probabile che Maffezzoli abbia ricavato il soggetto da una riproduzione a stampa, ma potrebbe anche averlo visto dal vero oppure aver visto il disegno, attualmente agli Uffizi Firenze, proveniente dalla collezione Saltarelli, già appartenuto al letterato Giovan Battista Ricciardi che lo avrebbe avuto dallo stesso Rosa nel 1662. (Mario Epifani, Bella e ferace d’ingegni […], Napoli 2007).

Ringrazio, in ordine di apparizione nella vicenda che ha prodotto questo studio, Renato Allemandi e Mauro Beltrametti, antiquari a Brescia e Milano, Mario Marubbi, direttore del Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona e Giancarlo Tossani, responsabile della Biblioteca-Fototeca dello stesso museo.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, luglio 2014

© Riproduzione riservata