Le sculture del trittico Vivarini a Villa Cagnola
della Redazione di Antiqua
Antonio e Bartolomeo Vivarini si possono considerare tra i principali esponenti della tradizione quattrocentesca veneta del cosiddetto polittico “misto”, ossia di una pala d’altare nella quale convivono parti dipinte e parti scolpite, all’interno di una cornice intagliata e dorata (Albertario-Ibsen-Pacia 2016, p. 20).
Ne sono esempio il polittico di Sant’Antonio dei Musei Vaticani [Figura 1] e il polittico della Pietà del Fine Art Museum di Boston con al centro una Pietà del tipo Vesperbild [Figura 2].
Figura 1. Antonio Vivarini, Polittico di Sant’Antonio (1464), Città del Vaticano, Pinacoteca.
Figura 2. Bartolomeo Vivarini, Polittico della Pietà, Boston, Fine Art Museum.
Antonio Vivarini (Murano 1418-20 ca.-Venezia 1476-1484 ca.) è, insieme a Jacopo Bellini, uno dei principali innovatori della pittura tardo gotica veneziana in senso rinascimentale. Solo nel 1450 a lui si unisce il fratello Bartolomeo (Venezia 1430 ca.-1491), presumibilmente dopo la morte Giovanni d’Alemagna (1398-1450), socio di Antonio e loro cognato. In quell’anno i due fratelli eseguono una delle loro opere più celebri: il polittico di Bologna dove la parte scolpita lascia interamente spazio alla parte dipinta [Figura 3].
Figura 3. Antonio e Bartolome Vivarini, Polittico (1450), Bologna, Pinacoteca Nazionale.
Quando i Vivarini si accingono alla loro impresa bolognese, la “rivoluzione” era già avvenuta a opera di Jan Van Eick a Gand nel celeberrimo Polittico dell’Agnello mistico databile tra il 1423 e il 1432 (nota 1).
L’opera di Gand è solo dipinta e Van Eyck ribalta completamente la tradizionale gerarchia che vedeva addirittura la parte scolpita prevalere su quella dipinta; la scultura viene dipinta a trompe d’oeil ed emarginata sulle ante esterne del polittico.
Come è noto, la tradizione più antica è rappresentata dall’ancona interamente scolpita e intagliata secondo un’impostazione che in Veneto e altrove perdura fino alle soglie del Cinquecento; lo stesso dicasi per il polittico misto.
La Madonna con le mani giunte in atto di adorare il Bambino in grembo, collocata dai Vivarini al centro della pala bolognese, diventa un’iconografia frequente nella pittura veneta del Quattrocento e incontra grande fortuna anche nella produzione scultorea lignea di area veneta della stessa epoca.
Possiamo quindi affermare che i Vivarini hanno per la scultura lignea veneta la stessa importanza di Mantegna per quella lombarda. Citiamo, ad esempio, la serie di Madonne col Bambino riferibili a Bartolomeo Giolfino e Giovanni Zabellana [Figura 4].
Il modello dei Vivarini viene seguito anche per opere minori, destinate alla devozione privata, come questo “altarolo” che appartiene alla collezione del Metropolitan Museum di New York [Figura 5], che potremmo definire uno dei tanti “prodotti da esportazione” delle botteghe muranesi, secondo un’espressione coniata da Raffaele Casciaro e Patrizia Zambrano (Casciaro-Zambrano, 1993 pp. 345-368).
Figura 4. Giovanni Zebellana (attr,), Madonna con Bambino, mercato antiquario (Archivio Semenzato).
Figura 5. Artefice veneziano, “altarolo” (1450-1475 ca.), New York, Metropolitan Museum of Art [Vedi].
Ma nell’ambito della scultura d’altare non ci sono solo Madonne col Bambino. Si veda, ad esempio, questo gruppo dell‘Annunciazione, attribuito ad artefice veneto attorno al 1440, attualmente conservato a Clusone (Bg) nella chiesa di San Bernardino [Figura 6].
Figura 6. Artefice veneto, Annunciazione (1440 ca.), Clusone (Bg), San Bernardino.
Questo soggetto ci introduce, al termine di una ampia e speriamo opportuna premessa, all’argomento evocato nel titolo.
Due anni dopo la prova bolognese, ossia nel 1452, Antonio e Bartolomeo firmano “MCCCCLII Antonius et Bartolomeus fratres de Murano pinxeru[nt]” uno straordinario trittico misto che si trova attualmente nella Collezione Cagnola di Gazzada presso Varese. Al centro vediamo un gruppo ligneo dell’Annunciazione, mentre le due figure laterali sono Sant’Agostino e Filippo Benizzi [Figura 7], entrambi legati all’Ordine dei Servi di Maria o Servati (nota 2).
Figure 7. Antonio e Bartolomeo Vivarini con la partecipazione di un intagliatore veneto (Moranzone ?), Trittico dell’Annunciazione, Gazzada (Va), Collezione Cagnola, inv. DI.23 (Foto Vivi Papi, Varese).
E’ proprio sulla parte scolpita che desideriamo concentrare l’attenzione.
La scultura è di qualità più elevata rispetto ad altre che ornano i polittici dei Vivarini. Non si può non notare l’idea delle ali, una in riposo e l’altra ancora dispiegata a dimostrare la rapidità con cui l’angelo irrompe sulla cena accrescendo la sorpresa e l’apprensione di Maria.
Non abbiamo trovato riscontro in altre immagini dell’Annunciazione, se non in alcune icone dell’Annunciazione, comunque databili non prima del XVI secolo.
Con particolare riferimento al possibile artefice, nel 1960 frate Davide Maria Montagna attribuisce il gruppo dell’Annunciazione a Clemente Tortelli di Chiari (Montagna 1960, pp. 207-226), il quale è però da escludere perché dovrebbe essere nato nel 1500 .
Poco più tardi, nel 1962, Rodolfo Pallucchini identifica l’autore delle sculture in Antonio Vivarini (Pallucchini 1962), pur ricordando la presenza di numerosi intagliatori presso la bottega.
E’ nota, ad esempio la collaborazione di Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna, nel 1443, con l’intagliatore Ludovico da Forlì, in relazione a tre polittici, di Santa Sabina, della Madonna del Rosario e del Redentore [Figura 8] per la chiesa di san Zaccaria a Venezia.
Figura 8. Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna con la partecipazione di Ludovico da Forlì, Polittico del Redentore (1443), Venezia, chiesa di San Zaccaria (Foto Archivio Alinari).
L’opinione di Pallucchini è condivisa sia da Guido Cagnola (1861-1954), proprietario dell’opera, sia da Paolo Roberto Ciardi, autore del primo catalogo della Collezione Cagnola (Ciardi 1965, p. 42 n. 25).
Ciò sembra, tuttavia, in contrasto con il “pinxerunt” della firma; semmai i Vivarini potrebbero aver dipinto le sculture. C’è poi da considerare la carpenteria che, presumibilmente, è stata eseguita da una terza mano.
Secondo Giuliana Ericani, l’Annunciazione sarebbe da ricondurre alla bottega dei Moranzone (nota 3). Per motivi cronologici, si dovrebbe trattare di uno dei tre figli di Caterino Moranzone, ossia Andrea, Giacomo (per il quale si propende) o Gasparino.
Una relazione tra quest’ultimo e i Vivarini è testimoniata dal Sansovino, il quale assicura che Gasparino realizzò la cornice (solo carpenteria senza parti scultoree) del Polittico di s. Girolamo, dipinto nel 1441 da Antonio Vivarini e Giovanni d’Alemagna per l’altare della cappella Molin in S. Stefano a Venezia, ora a Vienna (già collezione Estense) e quella della Pala di s. Andrea di Francesco dei Franceschi in S. Giobbe, disperso (Sartor 2012).
Sebbene le ridipinture possono risultare oltremodo travisanti, mostriamo per confronto un Sant’Antonio di Giacomo Moranzone, facente parte della pala lignea intagliata tra il 1450 e il 1451 per l’altare dalla confraternita di S. Antonio da Padova in S. Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, sola scultura conservatasi, ora al centro di un altare barocco [Figura 9].
Figura 9. Giacomo Moranzone, Sant’Antonio (1450-1451), Venezia, S. Maria Gloriosa dei Frari.
Sempre riferite a Giacomo Moranzone presentiamo per un confronto due diverse sculture lignee di Madonna con Bambino passate sul mercato antiquario [Figure 10 e 11].
Figura 10. Giacomo Moranzone, Madonna con Bambino, Milano Galleria Antiquaria Longari a confronto con un particolare della Figura 7.
Figura 11. Giacomo Moranzone, Madonna con Bambino, Bologna, Antichità all’Oratorio (Ars. Opere d’arte dal Medioevo all’età barocca, Antichità al’Oratorio, Bologna 2009, catalogo a cura di Francesca Gualandi, scheda di Serenella Castri, p. 24 n. 8).
Confronto tra un particolare di Figura 11 e un particolare di Figura 7.
NOTE
[1] [Vedi].
[2] L’opera proviene infatti dal convento dei Servati di Rovato (Bs) eretto su un terreno concesso nel 1449 dal comune di Rovato. Dopo varie vicende, il convento è soppresso nel 1772 e venduto l’anno successivo a un privato. Solo nel 1959/60 l’ordine riscatta il convento e riprende la vita monastica al termine della ristrutturazione ultimata nel 1964. Le ultime notizie del trittico a Rovato risalgono al 1875. Il nobile Guido Cagnola lo acquista sul mercato antiquario nel 1902.
[3] Comunicazione verbale in data 7 luglio 2016 in attesa di ulteriori approfondimenti.
Bibliografia citata
-Montagna D.M., La cronichetta di fra Cozzando per la Santissima Annunziata di Rovato, in Studi Storici dell’Ordine dei Servi di Maria, X, 1960.
-Pallucchini R., I Vivarini: Antonio, Bartolomeo, Alvise, Neri Pozza, Venezia 1962.
-Ciardi Roberto Paolo, La Raccolta Cagnola, Edizioni di Comunità, Cremona 1965.
-Casciaro R.-Zambrano P., Cornici ed incorniciature del Quattrocento in Lombardia, La pittura in Lombardia. Il Quattrocento, Electa, Milano 1993.
-Albertario M.-Ibsen M._Pacia A., Pietro Bussolo scultore a Bergamo nel segno del Rinascimento, Lubrina Bergamo 2016.
-Sartor L., Moranzone, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 76, 2012.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, dicembre 2016 (intitolato Le sculture del trittico Vivarini a Gazzada).
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