Ma cos’è esattamente la ceramica?!
di Pia Virgilio
Qual’è la differenza fra ceramica e porcellana? E la maiolica allora… cos’è?!!
Sono queste le domande che spesso mi vengono rivolte sia dai semplici curiosi ma frequentemente anche dai miei stessi clienti.
Persone magari già abituate all’acquisto dell’antico e non di rado anche dagli stessi commercianti, soprattutto quando non siano particolarmente specializzati nella vendita di ceramica.
Partiamo innanzi tutto dalla parola stessa: ceramica. Spesso erroneamente utilizzata per designare le tipologie di ceramica più popolari. Si tratta piuttosto di un termine estremamente generico sotto il quale va raccolta una sterminata famiglia di prodotti sia tradizionali (porcellana, gres, maiolica e terraglia) sia industriali, a volte anche frutto di raffinata sintesi (i pannelli per il rivestimento dello space shuttle o i candidi coltelli da cucina di nuova generazione).La confusione o gli errori nelle definizioni sono spesso stati alimentati dal fatto che storicamente ogni categoria di persone che si sia occupata di ceramica (artigiani, archeologi, collezionisti, ceramologi, antiquari, ecc) abbia sviluppato in modo autonomo terminologie proprie che poi, rafforzate dalla consuetudine e dal tempo, sono diventate dure da sradicare. E’ successo così, ad esempio, che per indicare un unico prodotto ceramico si incorra nella sovrapposizione di più definizioni: faiance, maiolica, terracotta smaltata, ecc.
L’approccio più tecnico vuole che si definisca ceramico “qualunque materiale inorganico, non metallico, foggiato a freddo e consolidato per azione del calore”. La cottura (spesso più d’una per lo stesso oggetto) quindi costituisce un passaggio indispensabile e questa viene eseguita con temperature che possono andare dai 900° ai 1400° a seconda degli ingredienti di partenza e dei prodotti ultimi da ottenere.
Per orientarsi con facilità nel mondo ceramico, un sistema molto pratico è stata elaborato dai faentini che hanno messo ordine con una classificazione che parte dall’osservazione di elementi oggettivi. E cos’è più oggettivo della materia stessa? Valutando la qualità degli impasti (se porosi o compatti), il loro aspetto cromatico (se bianchi o colorati), e infine verificando presenza e natura dei rivestimenti, tutto diventa semplice.
Lo schema sottostante può costituire un ottimo strumento:
Quando sono presenti i rivestimenti (smalti, invetriature, ingobbi, etc.) l’ideale sarebbe quello di poter osservare l’oggetto nel suo spessore come quando è frammentato come nelle foto [Figure 1-5], ma fortunatamente anche gli oggetti integri offrono spesso la possibilità di leggerne gli aspetti materici. A volte è sufficiente capovolgere gli oggetti e osservare l’anello d’appoggio di piatti e vasi che quasi sempre, per motivi esecutivi, vengono lasciati privi di rivestimento. Oppure quando così non sia, si può cercare sulle superfici una sbeccatura, anche minima, che consenta di vedere l’impasto sottostante.
Figura 1. Terracotta.
Figura 2. Maiolica.
Figura 3. Gres.
Figura 4. Terraglia.
Figura 5. Porcellana.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, 11 dicembre 2009
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