Mobili bergamaschi o “friulani” tra Sei e Settecento

di Andrea Bardelli

La proposta di un bel cassettone nel corso dell’asta tenuta a Genova da Wannenes lo scorso novembre, prudentemente non identificato quanto a provenienza geografica [Figura 1], riporta in auge la questione del rapporto tra mobili bergamaschi e “friulani” tra XVII e XVIII secolo.
Propongo un articolo “a tutto campo” nel tentativo di contribuire alla definizione di questo annoso problema.

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Figura 1. Bottega bergamasca, cassettone, Wannenes 19-20 novembre 2019 n. 123.

L’aver virgolettato friulani lo si deve al fatto che la confusione con mobili bergamaschi ( e talvolta bresciani) coinvolge anche alcuni mobili veneti, segnatamente delle province di Treviso e Belluno; si rimanda in proposito l’articolo sugli arredi della sacrestia della parrocchiale in Cusignana in provincia di Treviso [Leggi].
Qui desidero però concentrare la mia attenzione sulla tipologia di cassettoni del tipo di quello visto all’inizio dove le possibilità di confusione aumentano.
Cominciamo da alcune “certezze”, ossia da quanto è stato pubblicato in letteratura che, a parte qualche defaiance, presenta un grado di accuratezza e precisione più elevato nelle attribuzioni rispetto alle didascalie dei cataloghi d’asta.
Nel volume scritto con Silvia Broggi e Gianna Morandi nel 1990, Franco De Ruvo, uno dei più autorevoli esperti di mobili lombardi, pubblica come “emblematico” dello stile bergamasco un cassettone che sappiamo provenire dagli arredi di Villa Asperti di Almenno S. Bartolomeo (Bg) dispersi nel 1996 in occasione di un’asta Finarte [Figura 2].

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Figura 2. Bottega bergamasca, cassettone, Finarte 15 ottobre 1996 n. 150.

Altrettanto bergamasco possiamo considerare un cassettone passato sul mercato antiquario [Figura 3] che presenta un piede molto simile a quello del cassettone precedente, nonché un motivo intagliato tra le formelle che ricorda i mascheroni collocati nella stessa posizione in un cassettone ricondotto da Clelia Alberici alla bottega dei Fantoni (nota 2).

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Figura 3. Bottega bergamasca, cassettone, mercato antiquario (pubblicato in Il mobile antico, Galleria, Cassettoni … del Cinquecento e del Seicento, p. 2, De Agostini, Novara, opera a dispense).

Prendiamo in considerazione ora un altro cassettone che il noto antiquario bergamasco Previtali proponeva come di sicura provenienza orobica [Figura 4].

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Figura 4. Bottega bergamasca, cassettone, Galleria Previtali (fonte: Anticoantico.com).

Se lo mettiamo a confronto con il cassettone da cui siamo partiti, le uguaglianze sono così evidenti da far supporre che siano usciti dalla stessa bottega. A parte i piedi che sono diversi, si noti lo stesso fregio intagliato e traforato con testa di putto alato e volute vegetali, stessa scansione della fronte dei cassetti e stesso intaglio vegetale ai lati delle formelle più piccole, stessi profili con foglie d’alloro a scontornare i cassetti e stessa fascia di base (A e B).

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Confronto tra dettagli dei mobili delle Figure 1 e 4.

Da questo confronto entrambi i mobili risulterebbero di fattura bergamasca, contribuendo a negare che il fregio marcatamente aggettante e traforato sia una caratteristica da ricondurre prevalentemente se non addirittura esclusivamente all’ebanisteria orientale (Veneto, Friuli).
Allarghiamo ora il confronto a un mobile che, pur mostrando alcuni punti di contatto con i precedenti – un fregio traforato sui lati pressoché identico, simile scansione della fronte, intaglio vegetale e fascia di base – si allontana dalla tipologia bergamasca in cui si riconoscono d’acchito, ad esempio, i cassettoni di cui alle Figure 2, 3 e 4 [Figura 5].

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Figura 5. Bottega bergamasca (Fantoni?), cassettone, Antichità Santa Giulia, Brescia.

Tuttavia, anche in questo caso mi sento di confermare la provenienza bergamasca, a supporto della quale mostro un cassettone che proviene dalla dispersione nel corso di un’asta Finarte del 1967 degli arredi di Villa Zaccaria a Bordolano in provincia di Cremona, distante una trentina di chilometri dal confine con la provincia di Bergamo [Figura 6].

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Figura 6. Bottega bergamasca, cassettone, Finarte maggio 1967 n. 17, provenienza: Bordolano (Cr), Villa Zaccaria.

I due mobili, assai simili per quanto riguarda il disegno della fronte, divergono nei fregi laterali decorati con teste di putti e nei piedi che fanno, per altro, sempre eccezione come si nota in tutti gli esemplari considerati.
Giunti fin qui, se quanto finora sostenuto è plausibile, ci si domanda come sia nato l’equivoco tra mobili bergamaschi e veneto-friulani.
Procedo mostrando due cassettoni per i quali la provenienza friulana è data per certa, entrambi pubblicati da Tito Miotti in due diversi contributi sul mobile friulano [Figure 7 e 8], il primo dei quali viene scritto provenire dalla pianura friulana centrale.

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Figura 7. Bottega friulana, cassettone, Miotti T., Il mobile friulano, Gorlich, Milano 1970, p. 52 n. 57.

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Figura 8. Bottega friulana, cassettone, Miotti T., Nobiltà del mobile friulano, Del Bianco, Udine 1990, p. 119 n. 81.

Rispetto ai cassettoni bergamaschi sopra considerati, nonostante alcune affinità riconducibili alla comune matrice veneta, questi mobili presentano caratteristiche che li distinguono in modo abbastanza netto.
Non è così per un cassettone che lo stesso Miotti pubblica nel volume del 1990 attribuendolo “per la fascia di base all’area carnica” [Figura 9] e che invece ho sempre ritenuto bergamasco in base al confronto con i mobili bergamaschi di cui sopra (nota 3).

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Figura 9. Bottega bergamasca (?), cassettone, Miotti T. 1990, p. 120-121 n. 82-83-84.

Ho persino pensato che l’esistenza di diversi testi sul mobile friulano e nessuno sul mobile bergamasco, combinato con una certa predisposizione da parte degli studiosi “locali” a vedere ovunque solo mobili riferibili all’ambito a loro maggiormente noto, avesse fatto sì che gli autori friulani, più prolifici in letteratura, si fossero “appropriati” di esemplari di altre provenienze.
Purtroppo, la letteratura, impegnata in un ammirevole sforzo di classificazione, soffre della mancanza di elementi certi come la provenienza di un mobile asseverata da documenti o la presenza di firme apposte dagli artefici.
Diventa allora difficile attribuire un mobile all’una o all’altra regione sulla base di criteri di tipo morfologico, ossia identificando dettagli stilistici e formali ricorrenti in modo esclusivo (nota 4).
La situazione non migliora, anzi peggiore decisamente in termini di chiarezza, se includiamo nell’analisi alcune aree dell’Alto Veneto.
Nel suo volume Mille mobili veneti del 1999, dedicato alle province di Vicenza, Treviso e Belluno, Clara Santini pubblica due cassettoni che vengono definiti “feltrini”, ossia riconduci alla zona di Feltre nel Bellunese. Nel primo [Figura 10] riscontriamo una predominanza dell’intaglio che lo connette ai mobili presentati nell’articolo sopra citato sulla parrocchiale di Cusignana (Tv), ma si possono notare anche i fregi intagliati e traforati con teste di putti alati e volute vegetali ricorrenti nei mobili bergamaschi e i piedi con una corolla al centro e due volute laterali che ricordano molto da vicino il mobile di cui alla figura 6 [Figure C e D].

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Figura 10. Bottega feltrina, cassettone, Santini C., Artioli (Mo) 1999, p. 96 n. 189-190.

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Confronto tra dettagli dei mobili delle Figure 10 e 6.

Il secondo [Figura 11] presenta affinità ancora più sorprendenti con i mobili bergamaschi sopra esaminati, sebbene non sussistono dubbi sul fatto che questo mobile sia “feltrino”, dal momento che è documentata la sua provenienza dalla sagrestia della chiesa di San Giacomo Apostolo a Tomo (Bl). Disarmante.

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Figura 11. Bottega feltrina, cassettone, Santini C., Artioli (Mo) 1999, p. 97 n. 191-194.

A questo punto c’è veramente da chiedersi se tra Bergamo, il Friuli e l’Alto Veneto si siano verificati dei flussi migratori di artefici del legno che possano aver contaminato le rispettive produzioni locali, ma questo sarà il tema di un prossimo contributo.

NOTE

[1] De Ruvo F.- Broggi S.-Morandi G., Antico, finto antico o in stile?, De Agostini, Novara 1990, p. 56.

[2] Il cassettone è pubblicato in Alberici C., Il mobile lombardo, Gorlich 1969 (De Agostini 1996) p. 59; il mobile in questione rientra in una famiglia caratterizzata da intarsi con figure di animali, di cui mi sono occupato in più occasioni [Leggi] consente di accedere all’ultimo contributo della serie e da lì a tutti i vari articoli sull’argomento.

[3] Nel 1990 Miotti pubblicava come proveniente dalla “pianura friulana” un cassettone gemellabile con quello qui rappresentato in Figura 2 e con quello pubblicato dall’Alberici citato in nota 2.

[4] Non possiamo avvalerci come discriminante nemmeno nell’analisi tecnica e costruttiva, dal momento che sia Bergamo, sia il Veneto impiegano quasi esclusivamente l’abete per le parti strutturali non a vista.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2020

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