Mobili neoclassici intarsiati “all’etrusca”
di Andrea Bardelli
In un precedente articolo si è parlato di cassettoni neoclassici intarsiati con figure, tratte da vari repertori riconducibili alle collezioni di Sir William Hamilton. Due di questi erano attribuiti a Napoli, uno a Milano e una serie di circostanze ci avevano indotto a evocare il nome di Francesco Abbiati, per cui l’articolo si chiudeva con queste parole: “Quella di Abbiati o di qualche suo allievo o epigone resta quindi, per ora, solo un’ipotesi suscettibile di futuri approfondimenti” (nota 1).
Nel frattempo, non sono stati acquisiti elementi a sostegno di questa ipotesi, ma, in compenso, si è introdotto un terzo (e forse un quarto) incomodo.
Un recente approfondimento sul mobile neoclassico toscano e una più attenta lettura di alcuni numeri del Magazzino di Mobilia mi induce ad ampliare l’orizzonte (nota 2).
In particolare, di un cassettone pubblicato sul n. 7 del novembre 1798, ivi definito “Comod all’Etrusca” [Figura 1], si dice che la fronte del mobile “dove sono intarsiate varie figure in campo nero” si può alzare mediante due cerniere per portarla a livello del piano in marmo “ed accrescerlo”, rivelando una serie di cassetti all’interno (nota 3).
Figura 1. Cassettone neoclassico intarsiato, Firenze (Magazzino di mobilia n. 7 novembre 1798 p. LV n. 85, elaborazione grafica).
La costruzione “a vanteaux” ossia con cassetti a scomparsa e gli intarsi tratti dal repertorio classico costituivano le principali caratteristiche dei cassettoni esaminati nell’articolo citato sopra.
Mentre le scene intarsiate sulla fronte di due di questi (ivi Figure 1 e 2) erano state tratte dall’opera Collection of Engravings from ancient vases … (nota 4), così non è per quella intarsiata sulla fronte del mobile di Figura 1.
Potrebbe forse essere tratta da un altro repertorio riconducibile alle collezioni di Sir Hamilton, più precisamente di Collection Of Etruscan, Greek, And Roman Antiquities … (nota 5).
Non è stato possibile consultare l’intera opera per verificarlo, ma si riscontrano alcune analogie la fronte del cassettone di Figura 1 e alcune illustrazioni di repertorio [Figura 2], con particolare riferimento alla disposizione delle figure e al fregio che scontorna la scena.
Figura 2. Incisione colorata a mano tratta da Collection Of Etruscan, Greek, And Roman Antiquities.
Significativamente, sullo stesso numero del Magazzino di mobilia, nella successiva pagina LVI, si annuncia una nuova edizione proprio della “raccolta dei Vasi Etruschi pubblicati in Napoli dal Cavaliere Hamilton”, offerta con qualche agevolazione ai lettori della rivista (nota 6).
Nel Magazzino di mobilia il n. 3 del luglio 1797 viene pubblicato un interessante tavolo di cui si parla come “Piano di Tavolino di Tarsia Etrusco” (Tav. 33) e “Piedi corrispondenti a detto Piano” (tav. 34) [Figura 3].
Figura 3. Tavolino neoclassico intarsiato, Firenze (Magazzino di mobilia n. 3 luglio nov. 1797 p. XI, particolare).
La scena nel tondo raffigura la Gelosia che rimprovera a Mercurio l’uccisione del pastore Argo.
Rivolgendosi direttamente agli ebanisti, il commentatore raccomanda l’uso di pochi legni, riducendo il numero dei colori come in questo caso: mogano ed ebano “con poche foglie verdi”. Inoltre, nella fascia è stato soppresso il cassetto e sostituito con un fregio traforato per conferire al tavolino maggior leggerezza.
Riscontriamo lo stesso gusto compositivo, con particolare riferimento al piano, in una consolle toscana, più precisamente identificata come lucchese, piuttosto rara, passata in asta da Semenzato una ventina di anni or sono; al centro del piano, come ci informa la didascalia in catalogo, è illustrata la vicenda di Cefalo e Procri descritta da Ovidio (Metamorfosi, VII, 795-866) [Figura 4].
Figura 4. Consolle neoclassica intarsiata, Toscana (Lucca), Semenzato giugno 2003 n. 133.
Introduciamo ora due mobili, certamente usciti dalla stessa bottega, che sono stati attribuiti ad ambiti totalmente diversi e che ancora oggi non hanno avuto una classificazione soddisfacente. Si tratta, in entrambi i casi, di credenze “a vanteaux” che all’interno delle ante presentano una serie di cassetti, anziché un vano con o senza ripiani.
Il primo mobile è passato in asta presso Pitti, casa d’aste fiorentina, nel settembre 1996 con un’attribuzione alla Toscana [Figure 5 e 5a].
Figure 5 e 5a. Credenza neoclassica intarsiata, mogano, ebano e pastiglia nera, Toscana, Pitti 25.9.96 n. 750.
La forma delle gambe, le figure nere su fondo ocra che rimandano alle pitture vascolari, rendono plausibile inserire questo mobile nel contesto finora evidenziato.
Senonché, la stessa casa d’aste, solo un mese più tardi, mette in asta un secondo mobile del tutto simile attribuendolo però questa volta a Napoli [Figure 6 e 6a].
Figure 6 e 6a. Credenza neoclassica intarsiata, mogano, ebano e pastiglia nera, Toscana, Pitti ottobre 1996 n. 339 (ivi definita Napoli).
La forma delle gambe è leggermente diversa, rispetto all’esemplare di Figura 5, ma tutto il resto concorre a ricondurre le due credenze allo stesso ambito. Quella che appare come una differenza nel bordo del piano è in realtà dovuta al fatto che, nel mobile di Figura 5, il profilo modanato che delimita il perimetro del marmo incassato è mancante.
È probabile che qualche esperto abbia sostenuto la provenienza napoletana durante l’esposizione precedente l’asta del settembre 1996, inducendo i responsabili di Pitti ad attribuire a Napoli l’altro mobile in occasione della successiva asta (nota 7).
Si tratta a questo punto di decidere tra Firenze o Napoli, ipotesi quest’ultima che si potrebbe riallacciare a quanto sostenuto nel più volte citato articolo del giugno 2022 (vedi ancora nota 1).
Lo stesso mobile di Figura 6 ricompare nel 2000 da Semenzato con un’attribuzione al Piemonte (il quarto incomodo di cui si dice all’inizio) e, più precisamente, all’ebanista Gabriele Capello detto il Moncalvo (1806-1877) su disegno dell’architetto Pelagio Pelagi (1775-1860). Mostriamo un’immagine del mobile aperto per poterlo confrontare con quello di Figura 5a [Figura 7].
Figure 7. Credenza neoclassica, (una di una coppia), Semenzato novembre 2000 n. 389 (ivi attribuite a Gabriele Cappello [sic] detto il Moncalvo su disegno di Pelagio Pelagi); stesso mobile di Figura 6 aperto (nota 8).
Gli esperti di Semenzato, nel tentativo di risolvere il rebus, consci delle precedenti attribuzioni a Firenze e a Napoli, fanno leva sul rapporto di collaborazione tra il Moncalvo e Pelagio Pelagi, il quale aveva spesso attinto al mondo etrusco e greco per le sue ornamentazioni, come nel caso del gabinetto reale nel castello di Racconigi [Figura 8].
Pelagio Pelagi e Gabriele Capello detto il Moncalvo, Gabinetto etrusco, 1835 circa, Racconigi (Cn), Castello di Racconigi.
Effettivamente, si può notare una certa affinità tra il decoro delle ante delle credenze (vedi ancora Figure 5 e 6) e le pitture parietali del Gabinetto etrusco, tuttavia, questa attribuzione non viene presa in alcuna considerazione dal massimo esperto di mobilia piemontese, ossia Roberto Antonetto (nota 9).
Conclusioni
A dispetto del titolo del presente paragrafo, non si può certo dire di essere giunti a delle conclusioni certe e definitive, ma solo di aver fatto qualche passo in avanti.
Plausibilmente possiamo considerare toscani i mobili di cui alle Figure 1, 3 e 4, a cui aggiungerei le credenze di cui alle Figure 5 e 6, escludendo per queste ultime il Piemonte e, con qualche margine di dubbio, anche Napoli.
Per quanto riguarda i cassettoni presentati nell’articolo del giugno 2022, prevale l’attribuzione a Napoli, mantenendo però ancora viva l’ipotesi di un “contributo” da parte del lombardo Francesco Abbiati.
Banalmente, la difficoltà di pervenire ad attribuzioni certe su base stilistica deriva dal fatto che tutti, ebanisti e designer, da Milano a Napoli, passando per Firenze e Roma, potevano accedere ai repertori grafici prodotti attorno agli scavi archeologici di Ercolano e Pompei, oppure alle collezioni di personaggi come sir Hamilton.
NOTE
[1] Si rimanda a Cassettoni neoclassici di gusto “pompeiano”. Napoli o Milano? (giugno 2022) [Leggi].
[2] Magazzino di mobilia o sieno modelli di mobili di ogni genere (1796-1797); edizione a cura di Maria Cristina Tonelli, Spes, Firenze 1981 (copia anastatica dei sette quaderni” pubblicati a Firenze sul finire del Settecento).
[3] Il testo del 1798 elogia gli stipettai fiorentini e fa il nome di Francesco Spighi “troppo celebre in Europa tutta, per avere bisogno di Elogio”.
[4]
Collection of Engravings from ancient vases …mostly of pure Greek Workmanship discovered in sepulchers in the Kingdom of the Two Sicilies, Tischbei, Napoli 1791.
Come già riferito nell’articolo di nota 1, si tratta della seconda collezione di antichità di Sir William Hamilton (1730-1803), ambasciatore di sua maestà britannica presso la corte di Napoli, dopo che la prima fu venduta al British Museum di Londra nel 1772.
Autore delle incisioni, nonché editore fu il pittore Johann Heinrich Wilhelm Tischbei (1751-1829).
[5]
Collection Of Etruscan, Greek, And Roman Antiquities From The Cabinet Of The Honble. Wm. Hamilton His Britannick Maiesty’s Envoy Extraordinary At The Court Of Naples, a cura di Pierre Hugues d’Hancarville (1719-1805), Francesco Morelli, Napoli 1766 (vol. I), 1767 (voll. II-IV).
Da quest’opera, detto per inciso, è stata tratta la scena intarsiata sulla fronte di un terzo cassettone pubblicato nell’articolo del giugno 2022 (vedi ancora nota 1, ivi Figura 4).
[6]
Dalla stessa fonte apprendiamo che questa nuova edizione sarebbe stata realizzata avvalendosi dell’opera dello stesso Angelo Clener che aveva inciso quella napoletana del 1766-1767, circostanza ignota al momento della stesura del precedente articolo, citato nella nota 1.
Di Angelo Clener o de Clener si hanno scarsissime notizie. Il suo nome è spesso accompagnato da due date 1791-1812 che, evidentemente riferite ad anni in cui è stato attivo; alcune fonti lo danno per francese. Sappiamo con certezza che fu attivo come incisore a Napoli dove riscosse un certo successo: tra il 1790 e il 1794 ricevette diversi pagamenti per l’incisione di tavole destinate al Plantarum Rariorum Regni Neapolitani del medico e naturalista Domenico Cirillo (1739-1799) (Antonino De Natale, I disegni inediti di Domenico Cirillo nella Società dei Naturalisti in Napoli, Federico II University Press, Napoli 2021, p. 186).
[7] L’utilizzo di piani in marmo intarsiato è riscontrabile nel mobile napoletano anche se molto di rado rispetto a quello di piani in marmo di varie qualità, compresi quelli “di scavo”.
[8] Come indicato in didascalia, si tratta di una coppia di credenze. Pensiamo che si trattasse di una coppia anche in occasione dell’asta Pitti del 1996, ma, non avendo rintracciato il catalogo, non lo possiamo confermare con certezza. Gli stessi mobili, presumibilmente invenduti nel 2000, sono stati ripresentati in asta, sempre da Semenzato nel novembre 2002 n. 364.
[9] R. Antonetto, Gabriele Capello “Moncalvo”, Allemandi, Torino 2004; R. Antonetto, Il mobile piemontese nel Settecento, Allemandi, Torino 2010.
Luglio 2023
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