Pittura cinese e fiamminga

della Redazione di Antiqua (*)

Premessa
Questo articolo è stato scritto nella speranza che qualche esperto di cultura cinese o fiamminga possa interloquire al fine di corroborare o smentire quanto qui suggerito. Per rendere il testo scorrevole, si è inteso non appesantire la trattazione con troppe note e riferimenti bibliografici (che pure si è cercato di reperire e verificare), al fine di centrare l’attenzione sulla tesi sostenuta.

La possibilità di una relazione tra pittura cinese e pittura fiamminga è stata suggerita da una mostra della pittrice contemporanea Fang Zaholin (1914-2006) tenutasi a Milano nel Palazzo della Permanente nell’estate del 2017.
Essa si basa sull’osservazione di alcuni elementi di costruzione delle scene dipinte da Fang Zaholin che trovano apparente riscontro in alcuni dipinti eseguiti dai più noti maestri fiamminghi.
Mi riferisco in particolare a due schemi compositivi: il villaggio campestre con ambientazione invernale e la veduta dall’alto di uno scorcio marino con nave [Figure 1, 2, 3 e 4].

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Figura 1. Fang Zaholin, “Villaggio sotto la neve”.

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Figura 2. Peter Breughel, Paesaggio invernale con trappole per uccelli.

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Figura 3. Fang Zaholin, “Paesaggio con rocce e barche”.

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Figura 4. Peter Breughel, Paesaggio col volo di Icaro.

Spero che il confronto tra due opere di Fang Zaholin e altrettante celebri opere fiamminghe forniscano un esempio abbastanza eloquente della tesi proposta (nota 1).
Se questo confronto appare convincente o comunque è tale da suscitare curiosità, possiamo procedere nel ragionamento.
C’è da chiedersi, innanzi tutto, se Fang Zaholin faccia nel suo lavoro un deliberato riferimento alla pittura fiamminga. La pittrice ha viaggiato a lungo fuori dalla Cina fino a collocare un suo studio a New York, ma dalla sua biografia non è possibile ricavare un’influenza diretta sul suo lavoro dell’arte fiamminga che pure doveva esserle nota. Nel settembre del 1984 scrive da Liangxi:”…ho viaggiato da est a ovest, visitando famose montagne e grandi fiumi in Europa e in Asia.
Per contro, la pittura e la cultura cinese sembrano essere un punto di riferimento costante. Nel 1981, da New York, l’artista scrive: “La nostra cultura cinese ha cinquemila anni di storia. Solo in questo modo, possiamo guadagnare il rispetto degli occidentali. Noi non rifiutiamo l’essenza degli altri popoli, soltanto non dobbiamo rinunciare alle caratteristiche della nostra cultura cinese”.
E ancora (scritto in data non precisata): “I miei lunghi viaggi quest’anno hanno allargato il mio orizzonte e la mia mente. Per creare i miei tratti artistici distintivi, dovrei continuamente tentare di imparare le tecniche migliori da tutti i grandi artisti e migliorare la mia. Mentre lo faccio, non dovrei perdere la tradizione dell’arte cinese. Dobbiamo promuovere e sviluppare la cultura Cinese e diffonderla in ogni angolo del mondo.
Se accogliamo l’ipotesi di una relazione tra pittura cinese e pittura fiamminga e se pensiamo che Fang Zaholin non abbia avuto una recente fascinazione per quest’ultima e che la tradizione cinese costituisca il suo faro, possiamo immaginare che il rapporto tra pittura cinese e fiamminga si sia consumato in epoca antica.
Sempre lavorando nel campo delle ipotesi cerchiamo di capire a quando possa risalire e in quale direzione si sia manifestata (nota 2).
Semplificando al massimo, sembra poco plausibile che siano stati i fiamminghi, per altro inventori e portatori di una cultura figurativa del tutto originale, a influenzare un’arte come quella cinese consolidatasi attraverso una tradizione secolare. Sembrerebbe semmai più ragionevole pensare il contrario.
La pittura fiamminga di cui stiamo parlando è quella che assume una precisa quanto originale fisionomia attorno alla figura di Peter Breughel il Vecchio (1525-1569), che si sviluppa quindi attorno alla metà del XVI secolo.
C’è un’osservazione che merita di essere fatta: se i paesaggio rocciosi a strapiombo sul mare sono abbastanza familiari nel pur vasto territorio cinese, essi sono assolutamente inusuali nelle terre note come “Paesi Bassi”. E possibile quindi che questo specifico aspetto sia derivato da altri luoghi, segnatamente dalla Cina?
Ora, se cerchiamo di identificare quando si sono verificati i primo contatti tra il mondo fiammingo e la Cina dobbiamo risalire a non prima degli inizi del XVII secolo. Solo nel 1601, infatti, gli olandesi fanno il primo tentativo di instaurare rapporti commerciali con la Cina, ma ottengono un netto diniego da parte delle autorità cinesi in ragione delle strette relazioni tra la Cina e i portoghesi che si erano insediati dal 1535 a Macao (nota 3).
Quindi gli olandesi intratterranno relazioni con la Cina solo in una fase successiva allo sviluppo della pittura fiamminga di cui stiamo parlando.
Si è allora pensato che la ceramica potesse aver costituito un veicolo di trasmissione di modelli iconografici. La produzione di ceramica è stata introdotta nei Paesi Bassi nel XVI secolo ad imitazione della maiolica italiana e spagnola, ma le principali manifatture (Bolsward, Gouda, Harlingen, Hoorn, Utrecht e Makkum e soprattutto Delft) iniziano la loro attività solo all’inizio del XVII secolo. Esse subiscono in un primo momento la concorrenza della porcellana cinese, inducendole ad adottare le stesse forme, decorandole però con paesaggi olandesi (nota 4).
Per questioni tanto cronologiche, quanto stilistiche, è difficile credere che dalla ceramica cinese sia derivata una eventuale diffusione nelle Fiandre di taluni stilemi che possano avere influenzato la pittura.
Al termine di questo breve excursus, viene da a pensare che due realtà culturali così distanti abbiano saputo elaborare in modo del tutto autonomo, magari in tempi diversi, una simile impostazione figurativa nelle opere di pittura.
Tratto apparentemente comune non risulta solo il paesaggio, ma anche la scelta di rappresentare frequentemente scene di genere, tuttavia con una distinzione abbastanza netta che prescinde dalla composizione delle scene: quelle cinesi legate agli ambienti di palazzo, quelle fiamminghe alla vita del popolo e della borghesia.
E i paesaggi?
E probabile che i fiamminghi identificassero le montagne come un luogo alieno, un paesaggio ideale intriso di mistero e che, sul piano pratico, la conoscenza delle montagne fosse stata sperimentata, almeno per molti artisti, durante il transito delle Alpi nel corso dei loro abbastanza frequenti viaggi in Italia, piuttosto che da cognizioni mediate dalla letteratura dei più antichi viaggi in Oriente.

NOTE
[1] Non disponendo del catalogo della mostra, non si è in grado di fornire i dati tecnici del dipinto di cui alla Figura 1, ivi esposto e fotografato (il titolo è di pura fantasia). Alcune citazioni che qui trascritte sono state tratte da alcuni pannelli presenti in mostra.
[2] La letteratura cinese in materia d’arte tradotta in lingue di più facile accesso è per ora piuttosto scarsa e non facilmente confrontabile con la nostra per quanto riguarda il metodo di analisi e di trattazione; lo stesso vale per i testi scritti da autori occidentali, alle prese con le difficoltà legate alla trasposizione di una realtà complessa e variamente correlata.
Non disponiamo ancora di una vera e propria storia della pittura cinese in cui identificare il succedersi di scuole e di stili, così come avviene per la pittura occidentale.
[3] I rapporti della Cina con l’Europa segnano alti e bassi in rapporto alle vicende storiche che si sono succedute. Sull’argomento si veda in rete il corposo saggio di Giovanni Giuseppe Nicosia intitolato Una piccola storia di contatti tra Mediterraneo e Cina, pubblicato il 26 Novembre 2013 [Leggi].
[4] Wikipedia, Ceramica di Deft [Leggi].

* Questo articolo è uscito su Antiqua.mi nel settembre 2019 a firma Michele Ruggeri (nome di fantasia).