Placchetta di Marco Curzio del Maestro IO.FF.
di Attilio Troncavini (*)
… e povero anche il cavallo.
Enzo Iannacci, Ho visto un re
La placchetta mostra in primo piano al centro un uomo a cavallo che sprofonda in una voragine che si apre davanti a un tempietto a base esagonale con tetto a cupola, al centro del quale è appesa una lampada (nota 1). Assistono alla scena un cavaliere in armatura e diversi uomini seminudi drappeggiati all’antica, i quali rappresentano il “vagheggiamento della nudità eroica”, in sintonia con l’estetica rinascimentale e in linea con il significato della scena come sarà chiarito tra breve [Figura 1].
Figura 1. Maestro IO.FF (Giovanni Fonduli?), Marco Curzio, bronzo, ultimo quarto del XV secolo, Washington, National Gallery of Art (Commons Wikimedia).
È facile riconoscervi il sacrificio di Marco Curzio, così come narrato da Tito Livio (Tito Livio, La storia di Roma, libro VII, capitolo VI).
Si racconta che nel Foro si era formata una profonda fenditura nel terreno e una divinazione aveva predetto che essa si sarebbe chiusa quando Roma avesse offerto in sacrifico il bene che rappresentava la sua più grande forza; un giovane nobile, Marco Curzio, nella consapevolezza che armi e coraggio eroico costituivano questo massimo bene, si era proposto di immolarsi e mentre egli, in armatura completa col suo cavallo si gettava nel baratro, la terra si era rinchiusa.
L’idea è ispirata alle medaglie romane sul cui retro compaiono scene di sacrificio davanti a un tempio [Figura 2]. In questo modo, Marco Curzio è rappresentato come vittima sacrificale.
Figura 2. Retro di una medaglia in bronzo di Giulia (moglie di Settimio Severo) con scena di sacrificio a Vesta, Zecca di Roma 193-217 d.C., Milano, Castello Sforzesco, Gabinetto numismatico inv. 5495 Br. (Gianguido Bellomi, Gabinetto Numismatico, I, Electa, Milano 1977, p. 204 n. 665).
Di particolare interesse è proprio il tempietto che, a proposito dell’esemplare del British Museum, viene definito bramantesco (“a Bramantesque temple”, Bartrum 1995 n. 172).
Preferiamo tuttavia pensare a un riferimento alle architetture di Brunelleschi, i cui caratteri sono dominanti per tutto il XV secolo: colonne, capitelli, ecc. sono imitati dall’architettura romana, ma l’esilità delle colonne, la larghezza dei valichi e l’ampiezza elastica degli archi sono fiorentini e quattrocenteschi. A titolo puramente esemplificativo si possono citare la Cupola del Duomo di Firenze su un tiburio ottagono e il Loggiato degli Innocenti a Firenze per quanto riguarda, in particolare, i tondi con rilievi “robbieschi” che si vedono ai lati dell’arco. Nel 1434 Brunelleschi progetta inoltre il Tempio degli Scolari, primo edificio a pianta centrale della Rinascenza che resta incompiuto. A Brunelleschi si devono inoltre i primi decisivi studi di prospettiva e un tentativo di rappresentazione prospettica, non priva di qualche ingenuità e imprecisione, è riscontrabile proprio nel tempietto al centro della placchetta.
Questo riferimento potrebbe dare fiato all’ipotesi che il Maestro IOFF sia fiorentino, sebbene Brunelleschi abbia lavorato anche a Milano, Mantova e Ferrara.
La questione di chi si celi dietro la sigla IO.FF è ancora del tutto controversa; questa l’estrema sintesi di alcune prese di posizione: Molinier propone di identificarlo con il fiorentino Giovanni delle Corniole, Bode avanza il nome del bolognese Gian Francesco di Boggio, Pope-Hennessey lo identifica nel medaglista mantovano Giovan Francesco Ruberti e Fulton lo riconduce all’ambito bolognese facendo il nome di Giovan Francesco Furnio (ipotesi suffragata, seppur dubitativamente, da Francesco Rossi).
Nel 1950 la Terni de Gregory, con riferimento a un bronzetto raffigurante una Dea (Ninfa) seduta che si trova presso la Wallace Collection di Londra siglata OPUS/IO/CRE, scioglie la sigla IO.FF in Johannes Fondulino Fonduli, ossia Giovanni de Fondulis, appartenente a una famiglia cremonese con bottega orafa a Milano, padre del più noto Agostino, plasticatore e architetto in rapporto con Bramante e la corte milanese.
La Venturelli raccoglie tutte queste opinioni e non si sbilancia sull’identificazione, ma propende per un artefice di ambito milanese sia per la produzione di placchette decorative per armi, settore particolarmente fiorente a Milano, sia per la presenza di numerose impronte tratte da sue placchette, compresa quella del Marco Curzio, sulle rilegature del bibliofilo Jean Grolier, dal 1509 tesoriere generale dell’armata di Luigi XII di Francia a Milano e quindi politicamente legato al capoluogo lombardo.
La Venturelli cita anche un esemplare della placchetta del Maestro IOFF con Arianna a Nasso in collezione privata, di cui parlano Toderi e Vannel (op. cit. p. 73 nota 1), recante in esergo la sigla IO.F.FVI “che porterebbe ulteriore conferma al nome di Giovanni Fondulino Fonduli”.
In un recentissimo scritto inedito, Douglas Lewis legge la scena raffigurata nella placchetta in chiave cristologica, mettendo in relazione il sacrificio di Marco Curzio con la Passione di Cristo (nota 2). Egli cita in proposito il baldacchino dipinto da Ercole de Roberti nella predella della pala d’altare realizzata dal suo maestro Francesco del Cossa per la cappella Griffoni in S. Petronio a Bologna nel 1473 [Figura 3], facendo quindi propria l’ipotesi di un’origine emiliana.
Figura 3. Ercole de’ Roberti (Ferrara 1450 ca. – 1496), I miracoli di san Vincenzo Ferrer, 1473, tempera su tavola, cm. 30 x 215, Città del Vaticano, Musei Vaticani (predella della Pala Griffoni ora smembrata e distribuita in vari musei).
Senza con questo voler contribuire a un dibattito serrato e dalle sorti incerte, anzi parteggiando per l’ipotesi dell’origine lombarda del mastro IO.FF, segnaliamo due baldacchini – assai prossimi a quello raffigurato nella placchetta del Marco Curzio – dipinti nella predella di un’altra pala, quella eseguita da Piero di Cosimo, fiorentino, per la cappella della famiglia di Piero Del Pugliese nella chiesa domenicana di Santa Maria in Lecceto a Lastra a Signa, località poco distante da Firenze (nota 3). Si tratta anche in questo caso di due scene di sacrificio: gli Albigesi bruciano un libro con la vera dottrina data loro da san Domenico [Figura 4]; San Nicola fa abbattere un albero consacrato da alcuni contadini della Licia ad Artemide di Efeso, considerata l’incarnazione del demonio secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze [Figura 5].
Figura 4 e 5. Piero di Cosimo (Firenze 1462-1522), Pala del Pugliese (dettagli della predella), 1481-1485, Saint Louis Art Museum.
La placchetta del maestro IO.FF viene ripresa in controparte in una xilografia di Lucas Cranach il Vecchio [Figura 6], il quale compie lo stesso errore di mostrarci un tempietto, evidentemente a pianta esagonale, retto da quattro colonne.
Figura 6. Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Marco Curzio, xilografia cm. 33,5 x 23,5, 1506 ca., Dusseldorf/New York, Collezione Privata, per gentile concessione di C. G. Boerner (Cranach. L’altro Rinascimento, Roma, Galleria Borghese, 15.10.2010-13.2.2011). Grazie a Michael Riddick per la segnalazione.
Ci domandiamo, in conclusione, se e quanto la placchetta del Maestro IO.FF, direttamente o mediata dalla stampa di Cranach, oppure più in generale l’iconografia del Sacrifico di Marco Curzio, abbia influenzato pittori come Moretto nell’esecuzione della Conversione di San Paolo e in ultima analisi Caravaggio nelle due redazioni dello stesso soggetto.
NOTE
[1] Quello che Toderi-Vannel definiscono “tempietto tetrastilo” a proposito dell’esemplare del Bargello (Toderi-Vannel 1996 p. 75 n. 126) dovrebbe invece essere un tempietto esastilo ossia a sei colonne con base esagonale.
[2] Alcuni contenuti del manoscritto (agosto 2017) mi sono stati resi noti da Michael Riddick (Vedi), che ringrazio, nell’ambito di uno scambio di corrispondenza.
[3] Tazartes Maurizia, Piero di Cosimo “ingegno astratto e difforme”, Pagliai, Firenze 2010.
Bibliografia
-W. Terni de Gregory, Giovanni da Crema and his “Seated Goddess” in The Burlington Magazine, XVII, 1950 pp. 158-61).
-C. B. Fulton, The Master IO.F.F. and the Function of Plaquettes, in Italian Plaquettes, Studies in the History of Art, 22, Alice Luchs, Washington, National Gallery of Art, 1989.
-G. Bartrum, German Renaissance Prints, 1490-1550 (catalogo mostra Londra giugno-ottobre 1995), Londra, British Museum 1995.
-G. Toderi.- F. Vannel Toderi, Placchette secoli XV-XVIII nel Museo nazionale del Bargello, SPES, Firenze 1996.
-Paola Venturelli, Legature a placchetta per Jean Grolier, tesoriere generale di Luigi XII a Milano. Considerazioni sul maestro IO.F.F. (s.d. saggio pubblicato sul sito della Biblioteca Braidense di Milano, versione web a cura di V. Balsamo e G. Mura) [Leggi].
(*) Prima pubblicazione: Antiqua.mi, novembre 2017 firmato A.B. (alias Attilio Troncavini)
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