Spettacolare cornice barocca firmata Giuseppe
di Andrea Bardelli
Non possiamo che definire spettacolare una specchiera con cornice intagliata in noce, attualmente sul mercato antiquario statunitense, acquistata a Brescia diversi anni or sono [Figura 1].
Figura 1. Giuseppe Busi (?), Cornice per specchiera, cm. 208 x 145, fine del XVII secolo, Dalva Brothers, New York (Vedi).
Il contatto con la galleria antiquaria newyorchese che possiede questo ragguardevole manufatto è nato lo scorso dicembre, dopo che uno dei titolari, accingendosi a svolgere alcune ricerche in merito, si era imbattuto in un articolo pubblicato su Antiqua nel marzo del 2013 [Leggi].
Vi si parlava di un certo maestro Giuseppe di Parma, presso il quale il celebre intagliatore bergamasco Andrea Fantoni avrebbe svolto il suo apprendistato di scultore attorno agli anni Settanta del Seicento, ipotizzando che potrebbe essersi trattato dell’intagliatore Giuseppe Bosi, attivo presso i Farnese.
Si da il caso che sulla cornice compaiono due scritte; in un punto si legge GIVSEP. AVP. FC [Figura 1a] e in un altro AV. F. [Figura 1b].
Figura 1 a
Figura 1 b
Se non pare sussistano dubbi su Giuseppe (indipendentemente da quale Giuseppe si tratti) e se FC e F si possono interpretare come “fece”, non è stato possibile avanzare ipotesi plausibili sul significato di AVP e AV. Torneremo alla fine sulla questione dell’autore e della datazione per concentrare ora la nostra attenzione sul progetto iconografico che sostiene l’opera (nota 1).
Iconografia e fonti
Nel medaglione in alto al centro si vede Giove con i suoi tipici attributi, la folgore e l’aquila; sotto di lui due personaggi attorno alla cui identificazioni le discussioni si sono prolungate con toni appassionati, persino accesi [Figura 1c].
La fonte dalla quale la scena è stata ricavata è un’incisione di Michel Dorigny (1617-1665) [Figura 5], tratta da Simon Vouet (1590-1649) e facente a sua volta parte di un ciclo.
Figura 1 c
Figura 2. Michel Dorigny (da Simon Vouet), Giove, acquaforte a bulino, 1644, Bergamo, Accademia Carrara, Inv. 03927.
Reca le scritte Sim. vouet pinx./ Cum privil. Reg 1644 e Mic. Dorigny sc., nonché la frase: “Flammanti e solio vibras quos Iupiter ignes/ Excipiant Aquilae, sed nos haec fulmina terrent” (Quei fuochi [che tu] Giove scagli dal tuo trono fiammeggiante, le aquile afferrano, ma noi [ne] siamo atterriti).
Nel 1644 al pittore Simon Vouet viene chiesto da Anna d’Austria, reggente del trono di Francia dopo la morte del marito Luigi XIII, di eseguire dei dipinti (oggi perduti) raffiguranti i quattro elementi per il suo appartamento a Fontaibleau. Vuoiet crea cinque soggetti che suo genero Michel Dorigny incide e pubblica con il titolo Porticvs Reginae in Arcis Fontis-Bellaquae Vestibulo Picturae & ornatus (cinque incisioni e una copertina). Ciascuna incisione è firmata e riporta una frase in latino che si riferisce al soggetto rappresentato permettendo di riconoscerlo. Si tratta di Jupiter (Giove) che rappresenta il fuoco, Nettuno l’acqua, Giunone (e Iris) l’aria e infine Cibele (Cerere) la terra. Il quinto soggetto è l’Aurora con Titone che era stata dipinta da Vouiet per l’atrio dell’appartamento.
L’artista che ha intagliato la specchiera utilizza la scena con Giove in modo pressoché letterale, ma la associa all’elemento Aria e non all’elemento Fuoco che, come vederemo, decide di rappresentare altrimenti.
Ha quindi preso corpo l’ipotesi che il personaggio barbuto collocato sotto Giove sia Eolo e che il personaggio femminile sia una figura alata facente parte del suo seguito. Nella pittura del XVII e XVIII secolo, Eolo è spesso rappresentato come un vecchio coronato, talvolta associato a Giunone che gli chiede di liberare i venti, circondato da uomini (e donne) con ali sottili [Figura 3]. Le protuberanze alle spalle della figura femminile, simili ai remi di una barca, non sarebbero altro che ali.
Figura 3. Domenico Muzzi (1742-1812), Giunone ordina a Eolo di liberare i Venti (particolare), affresco, 1790 circa, Parma, Palazzo Sanvitale.
Questa associazione tra Giove e l’aria è sancita da alcuni commentatori delle incisioni di Dorigny a dispetto del fatto che l’elemento aria sia presidiato da Giunone e Iris e che la presenza nell’incisione di Giove di alcune facce dissimulate tra le nuvole a soffiare aria sottolineino semmai l’importanza dell’aria per alimentare il fuoco. A quest’ultimo proposito si osservi che queste facce che compaiono nell’incisione in basso destra scompaiono nella scena intagliata.
L’ipotesi di Eolo continua a risultare poco convincente. Si è pensato a lungo che il personaggio maschile, un vecchio con testa coronata e barba fosse Saturno e che nella mano sinistra reggesse ciò che restava di un falcetto oppure una clessidra, entrambe suoi attributi. Quanto al personaggio alla sua destra, una figura femminile discinta, l’ipotesi più plausibile è che si potesse trattare della Verità.
Saturno, infatti, nella sua accezione di Chronos-Tempo, appare talvolta in soggetti quali La Verità salvata o rivelata dal Tempo, che hanno a loro fondamento la frase classica “veritas filia temporis”.
In un arazzo di Jan Rost da Angelo Bronzino, ad esempio, compare il Tempo alato che abbraccia una giovinetta e le toglie anche il velo, manifestandola come una personificazione della Verità [Figura 4].
Sia quel che sia, la scena intagliata nella parte superiore della specchiera, sicuramente la più complessa, è identificabile con l’Aria, anche andando per esclusione in base a quanto diremo in seguito.
Figura 4. Jan Rost (da Angelo Bronzino), L’innocenza riscattata, Firenze, Uffizi (cfr. Erwin Panofsky, Studi di iconologia [Studies in Iconology]. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Einaudi, Torino 1975, p.114-119).
Certamente associata all’elemento Acqua è la scena intagliata nella parte bassa [Figura 1d] raffigurante Nettuno alla guida di un carro trainato da cavalli, mentre una “riluttante” Anfitrite è trattenuta da un Tritone. Anch’essa è tratta da un’incisione di Dorigny appartenente alla medesima serie [Figura 5], mentre la figura del Tritone è ricavata in controparte da un disegno di Vouet che si trova al Louvre.
Figura 1 d
Figura 5. Michel Dorigny (da Simon Vouet), Nettuno, acquaforte a bulino, 1644,Bergamo, Accademia Carrara, Inv. 03929.
Reca le scritte Sim. vouet pinx./ Cum privil. Reg 1644 e Mic. Dorigny sc., nonché la frase: “Rapta per undosi campos maris Amphitriate/ Imperium raptoris habet: tenet illa tenentem” (Rapita nella vastità di un mare tempestoso, Anfitrite ha potere sul rapitore: possiede colui che la possiede).
La scena sulla sinistra, per chi osserva la specchiera, rappresenta Ercole che uccide l’Idra di Lernia insieme a Iolao [Figura 1e]. Poiché Ercole si trovava in difficoltà nell’uccisione dell’Idra che rigenerava le sue nove teste man mano che le venivano tagliate, Iolao gli permette di portare a termine l’impresa cauterizzando col fuoco il collo del mostro non appena Ercole ne mozzava la testa. L’autore della specchiera preferisce quindi quest’immagine a quella di Giove per mettere in evidenza l’elemento Fuoco.
L’immagine è tratta da un disegno che si trova alla Morgan Library di New York [Figura 6], ivi attribuito a Michel Dorigny, ma tratto ancora una volta da Vouet e inciso dallo stesso Dorigny in controparte. Simon Vouet aveva creato questo soggetto, insieme a quello di Apollo che vedremo tra breve, per la decorazione dell’Hotel Séguier, ossia il palazzo di Pierre Séguier, cancelliere di Francia protetto del cardinale Mazzarino. La decorazione comprendeva una serie di allegorie politiche che celebravano Mazzarino e le vittorie sugli Ugonotti, quindi nulla a che vedere con i quattro elementi, e anche da queste Michel Dorigny trasse una serie di incisioni pubblicate nel 1651 [Figura 7].
L’autore della specchiera, che possiamo dire avesse una conoscenza piuttosto ampia della produzione grafica di Dorigny, decide di utilizzare quest’immagine di Ercole per rappresentare l’elemento Fuoco.
Figura 1 e
Figura 6. Michel Dorigny, Hercules and Iolaus Slaying the Hydra (Ercole e Iolao uccidono l’Idra), disegno, New York, Morgan Library.
Figura 7. Michel Dorigny, Ercole e Iolao uccidono l’Idra di Lernia, incisione,1651, Monza, Civica Raccolta di Incisioni Serrone Villa Reale, Inv. DEF. 3406. Reca la scritta S. Vouet pinxit/Cum privilegio Regis/Mich. Dorigny. Sculp. 1651.
Come già accennato, si deve alla medesima provenienza (nota 2) la scena che raffigura Apollo nell’atto di uccidere il serpente Pitone a Delfi [Figura 1 f], immagine utilizzata per rappresentare l’elemento Terra dal momento che si riteneva che Pitone avesse la sua tana proprio al centro della Terra.
Figura 1 f
Datazione, provenienza e artefice della specchiera
Abbiamo presentato la specchiera per la sua eccezionalità ed abbiamo approfondito con qualche risultato gli aspetti iconografici. Purtroppo, nonostante la presenza di una firma, non ci sentiamo, allo stato attuale delle conoscenze, di fare alcuna ipotesi sull’artefice. La mancanza di uno studio monografico sull’intagliatore Giuseppe Bosi e le poche immagini di sue opere certe presenti in letteratura [Figura 8] non consentirebbero che pure illazioni.
Figura 8. Giuseppe Bosi, Soffitto ligneo, 1701, Rocca di Soragna, Soragna (Pr) (Cirillo-Godi, Il mobile a Parma fra Barocco e Romantico. 1600-1800, Parma 1983 p. 74 n. 162).
Inoltre, la Parma di fine Seicento non è permeata di quella cultura francese che la caratterizzerà ben più tardi e quindi meno si giustificherebbe l’utilizzo delle immagini create da Vouet e incise da Dorigny che pure ebbero grande diffusione.
Per quando riguarda invece la datazione è possibile sbilanciarsi, seppure con qualche esitazione.
La specchiera si colloca stilisticamente non prima della fine del XVII e siamo propensi a collocarla proprio in quell’ambito temporale, nonostante le incisioni dalle quali sono stati tratti i soggetti principali datino dal 1644 al 1651, quindi ben prima.
Essendo in presenza di un autentico capolavoro del suo genere e dovendo pensare a una committenza di estremo riguardo e quindi a un progetto attentamente studiato e innovativo, potrebbe destare un certo stupore la distanza temporale tra la sua realizzazione e la cronologia delle fonti iconografiche di riferimento. Nondimeno, abbiamo recentemente dimostrato come un artefice del calibro di Giacomo Bertesi (1643-1710), per un suo importante bassorilievo, si sia servito di un’incisione di circa 100 anni prima [Leggi].
NOTE
[1]
Quanto segue è il risultato di un imponente carteggio via mail tra chi scrive e Leon Dalva della omonima galleria antiquaria che possiede la specchiera, iniziato appunto in data 1 dicembre 2014 e per certi versi tutt’ora in corso. A Leon Dalva e alla sua tenacia si deve il reperimento delle fonti iconografiche delle quali l’intagliatore si è servito per comporre le scene principali.
[2] Il disegno originale di S. Vouet risulta conservato presso il Rijksmuseum di Amsterdam, ma non è stato possibile reperirne alcuna riproduzione.
Sul sito della Dava Brothers Inc. è pubblicato un saggio sulla specchiera al quale rimandiamo per le splendide immagini e per l’approfondimento relativo agli elementi intagliati e scolpiti complementari della cornice, anch’essi rieccheggianti il tema dei quattro elementi.
Sullo stesso argomento:
Ancora sulla cornice barocca firmata Giuseppe (aprile 2016) [Leggi ]; Un disegno inedito di Simon Vouet in relazione alla cornice firmata Giuseppe (luglio-agosto 2020) [Leggi].