Tre curiosi angeli reggicortina: tra Tardogotico e protorinascimento lombardo

di Roberta Delmoro

Questo insolito, quanto inedito insieme di tre angeli reggicortina [Figura 1] appare come la porzione superiore di una più ampia composizione ad affresco che poteva ospitare, secondo un’iconografia diffusa fin dall’età bizantina, una Vergine in trono col Bambino e ulteriori angeli laterali.

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Figura 1. Anonimo lombardo, Angeli reggicortina, affresco strappato posizionato su telaio, cm. 55 x 330 cm., seconda metà del XV secolo (1485 circa), ambito di Vincenzo Foppa e Bergognone, collezione privata.

Nella storia dell’arte si incontrano vari generi di soggetti iconografici sacri accompagnati da angeli reggicortina, quali la Madonna dell’Umiltà, la Sant’Anna Metterza [Figure 2 e 3] e, più frequentemente, l’Incoronazione della Vergine; più rare le composizioni con un singolo santo.

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Figura 2. Benozzo Gozzoli, Madonna dell’Umiltà e angeli, Bergamo, Accademia Carrara.

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Figura 3. Masolino e Masaccio, Sant’Anna Metterza, Firenze, Uffizi.

Le misure notevoli dell’opera (55 x 330 cm), che si presenta attualmente come un frammento di affresco strappato con ampie aree di ridipintura, indicano una certa estensione dell’originale, la cui provenienza è plausibile fosse da un complesso monastico soppresso a fine XVIII secolo.  Oltre a una verosimile Vergine in trono col Bambino, il dipinto poteva contare la presenza di angeli e di santi laterali.
Lo stile del dipinto si evince particolarmente dalle porzioni meglio conservate, che permettono di apprezzare la qualità davvero sostenuta dell’originaria stesura pittorica dalle pennellate finissime e dai colori brillanti. A tale proposito è necessario prendere in esame i volti dei due angeli, quello centrale e quello di destra, che permettono alcune riflessioni e accostamenti stilistici [Figure 1 a e 1 b].

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Figura 1a. Angelo reggicortina centrale, particolare dell’affresco di Figura 1.

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Figura 1b. Angelo reggicortina di destra, particolare dell’affresco di Figura 1.

La morbidezza del volto dell’angelo centrale, che sorride di scorcio al riguardante, i sottili trapassi del carnato, i biondi e gonfi riccioli che incorniciano il volto, sono derivazioni da invenzioni di Vincenzo Foppa e rammentano senza dubbio alcuni particolari di dipinti del maestro bresciano, come ad esempio il più arcaico volto dell’angelo musicante nella Madonna dell’Umiltà e Angeli della Collezione Berenson di Firenze (1450 circa) [Figura 4] o l’angelo reggicortina a destra della Madonna col Bambino, Angeli e il donatore Battista Malletta (1462, Princeton, University Art Museum [Figura 5] e ancora l’angelo che suona il liuto nell’Adorazione del Bambino con San Benedetto e Angeli (1478, The Detroit Institute of Arts).

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Figura 4. Vincenzo Foppa, Madonna dell’Umiltà e angeli, Firenze, Collezione Berenson.

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Figura 5. Vincenzo Foppa, Madonna col Bambino, Angeli e il donatore Battista Malletta, Princeton, University Art Museum.

Senza spingersi ad un’identità di mano (è più plausibile che il frammento sia opera di un artista della cerchia o bottega del grande pittore bresciano, particolarmente attivo tra Brescia, Milano, Pavia e la Liguria nella seconda metà del Quattrocento), è tuttavia da sottolineare il naturalismo “accostante” di tali dettagli, evidenti nel volto dell’angelo di destra, ben confrontabile sia con l’angelo musicante nella Madonna col Bambino e un Angelo presso le Civiche Raccolte del Castello Sforzesco di Milano (già Galleria degli Uffizi), sia con l’angelo reggicortina della, credo, più tarda Madonna col Bambino e Angeli [Figura 6], che si accompagnano anche all’uso, nella bottega del pittore, di realizzare le aureole perfettamente rotonde e doppiamente profilate, ancora eredi della tradizione della pittura tardogotica, come possiamo osservare nello stesso lacerto.

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Figura 6. Vincenzo Foppa, Madonna col Bambino e Angeli, 1495 circa, collezione privata.

Queste risultano incise nell’intonaco, onde accogliere stesure ad oro che si sono perse con la storia conservativa del dipinto, ma che indicano un preziosismo in origine proprio dell’ambito lombardo del periodo. Anche i lunghi solchi a semi-cerchio alle spalle dell’angelo centrale è verosimile ospitassero stesure a oro, in linea col gusto suntuario del primo Rinascimento lombardo, indicando un contesto iconografico che indirizzerebbe alla rappresentazione del Paradiso.
Come ha gentilmente osservato il prof. Mauro Natale: “I dipinti che più si avvicinano a questo frammento sono quelli assegnati agli inizi di Bergognone: gli affreschi di Caselle Lomellina e la minuscola lunetta con tre angeli che cantano, che in origine coronava la Madonna allattante il Bambino del Museo Poldi Pezzoli. Le affinità non si spingono però fino a supporre un’identità di mano” (comunicazione scritta).
Ad affresco, esempi in Lombardia di Madonne col Bambino in trono accompagnate da angeli reggicortina ce ne pervengono pochissimi, come ad esempio la Madonna col Bambino in trono tra i ss. Bernardino e Francesco della chiesa di Santa Maria di Bienno (Bs); per lo più si tratta di scene di Incoronazione della Vergine con gli angeli reggicortina decisamente più piccoli rispetto all’impianto generale dell’opera, mentre qui assumono fattezze piuttosto ampie.
Escluderei, per il momento, l’iconografia dell’Incoronazione della Vergine per l’antico insieme da cui proviene questo frammento, poiché solitamente, nel contesto lombardo della seconda metà del XV secolo, gli angeli centrali sorreggono anche la corona.
Di particolare interesse, a tale proposito, ma anche relativamente ad affinità stilistiche con il frammento di affresco qui in esame, si pone la Madonna col Bambino, quattro Angeli e Dio Padre [Figura 7], affresco strappato proveniente dalla chiesa di Santa Maria dei Servi di Milano di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, artista scaturito anch’egli dalla bottega di Vincenzo Foppa.

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Figura 7. Ambrogio da Fossano, detto Bergognone, Madonna col Bambino, quattro Angeli e Dio Padre, 1490 circa, Milano, Pinacoteca di Brera.

Dell’opera, credo quasi coeva al nostro frammento – che sarei propensa a datare all’aprirsi del nono decennio del secolo – sebbene molto ammalorata e probabilmente un po’ più tarda, è interessante confrontare i trapassi morbidissimi dei carnati, di cui Bergognone era maestro nella padronanza della tecnica ad affresco, la sottigliezza nella resa dei capelli degli angeli, le profilature brune dei contorni nei tratti dei volti, piuttosto affini ai nostri angeli, e le attenzioni per gli sguardi delicati e naturalissimi. Così anche i biondi angeli affrescati da Bergognone a lato dell’Incoronazione della Vergine, nel catino absidale dell’antica sede benedettina di San Simpliciano di Milano (1508 ca.), ci riconducono entro il panorama artistico del primo Rinascimento da cui scaturisce l’ignoto artista qui indagato, nutrito ancora di influssi tardogotici e di quella sensibilità accostante propriamente lombarda dovuta a una congiuntura di influenze d’Oltralpe, liguri e piemontesi, dai colori sgargianti nella pittura su tavola e ad affresco, di cui Vincenzo Foppa, dopo Donato de’ Bardi, ne fu portavoce altissimo.

Dicembre 2021

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