Un calamaio in argento di produzione veneta. Possibile rivisitazione ottocentesca di un modello originale del XVIII secolo

di Gianni Giancane

Il calamaio composto da vassoio più cinque pezzi [Figura 1] è riferibile ad uno stile molto di moda dal secondo all’ultimo quarto del Settecento, quando diverse tipologie di oggetti (caffettiere, teiere, zuccheriere e altre ancora) presentavano elementi fitomorfi e zoomorfi sia nelle parti strutturali che in quelle di completamento, quali prese, pomoli, piedini, sostegni.

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Figura 1.

L’oggetto appare complessivamente di gusto Rococò, anche se poco o nulla movimentato. Esso alterna i pomoli dei vasetti a guisa di frutti, con piedini zoomorfi a zoccolo di animale (spesso venivano riprodotti quelli di cervo), raccordati al corpo dei contenitori da palmette di gusto neoclassico, ma di impianto ottocentesco, ossia piuttosto grossolane e piatte.
Molto insolite risultano le basette poste ai piedi dei contenitori, a scapito di grazia ed eleganza per un oggetto del XVIII secolo, fissate inoltre con viti e sistema di avvitatura decisamente “moderni”, ossia riferibili al secondo se non addirittura al tardo Ottocento [Figure 2 e 3]

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Figura 2.

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Figura 3.

Oltretutto i diversi parametri metrici e di peso dei vari pezzi rendono il set “sbilanciato”, con massa e dimensioni tendenzialmente “eccessive” per il periodo ipotizzato.
Di tutto ciò terremo conto in opportuna sede.
Per quanto visibile dalle foto i vari contenitori sono stati realizzati manualmente, sicuramente con la tecnica della battitura, partendo da una lastra d’argento che veniva prima sagomata, quindi “tirata” a martello come ben visibile nell’immagine del coperchio di uno di essi [Figura 4].

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Figura 4.

Anche il vassoio dovrebbe essere stato realizzato con identica tecnica esecutiva; i piedini poi sono stati legati al corpo dello stesso con saldatura (così pure i pomoli dei coperchi). Piedini, prese dei coperchi e motivi godronati di riporto sono stati realizzati invece a fusione [Figure 5 e 6].

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Figura 5.

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Figura 6.

Da notare il grazioso motivo decorativo dello spargi sabbia con doppia serie di piccoli fori inframezzata da setti radiali simmetrici e disegno floreale centrale, in cui è facilmente leggibile il traforo, ad esecuzione manuale, su una piccola lastra d’argento [Figura 7].

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Figura 7.

L’accertamento della bontà di un argento d’epoca riferito al periodo ipotizzato, si avvale dell’analisi stilistica e di quella costruttiva che abbiamo appena svolto; ad esse si aggiunge quella relativa allo studio dei punzoni, della loro natura, tipologia, apposizione, congruenza, usura e stato di conservazione generale.
Finora, se da un lato l’analisi composito-costruttiva fa ben sperare, quella stilistico-formale non depone a favore di un manufatto realizzato nel pieno Settecento, per quanto precedentemente sottolineato.
Lo studio dei punzoni, pertanto, diventa assai importante.
I manufatti d’argento realizzati nella Repubblica di Venezia nel XVIII secolo, secondo le leggi vigenti all’epoca, dovrebbero riportare ben cinque punzoni:
1.Punzone dell’argentiere
2.Punzone di bottega
3.Punzone dell’assaggiatore
4.Punzone del contrassaggaitore
5.Punzone della zecca (Leone di San Marco in “moleca”)
In realtà, quasi mai sono stati reperiti oggetti con la punzonatura così completa; inoltre, spesso gli argentieri rifuggivano da regole prestabilite, vuoi per ignoranza o superficialità, vuoi per consolidate abitudini di natura probabilmente “evasiva”.
Sui pezzi del calamaio oggetto del nostro studio compaiono chiaramente tre differenti punzoni così riassumibili:

1)
Lettere D e M inframezzate da punto, in contorno ovale smerlato, attribuibili all’argentiere Domenego Morando, attivo a Venezia tra gli anni Sessanta e Settanta del Settecento [Figura 8].
2)
Lettere e numeri A 2 Z in contorno smerlato a profilo libero, scantonato, irregolare, riferibili ad Alessandro Zaffin, contrassaggiatore dell’argento della Fraglia degli Orefici di Vicenza (1776-1788 ca). Il numero 2 tra le iniziali A e Z è riferito alla città di Vicenza cui era stato assegnato. La Fraglia era una corporazione che si dava autonomo statuto e i cui dettati dovevano essere rispettati da tutti gli orefici [Figura 9].
3)
Probabile “Insegna di bottega” con motivo (vegetale?) non meglio identificato, né decifrabile [Figura 10 in basso a destra].

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Figura 8.

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Figura 9.

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Figura 10.

Studiando tali punzoni viene spontaneo chiedersi come mai un’opera realizzata da un argentiere veneziano sia stata poi “contrassaggiata” a Vicenza. È vero che spesso, come già detto, le regole di punzonatura erano piuttosto aleatorie, ma è pur vero che stiamo parlando di Venezia e dell’entroterra e che in assenza di riconoscimento dell’insegna di bottega, non credo si possa ascrivere correttamente l’opera ad un ben definito periodo storico e ad un preciso contesto territoriale. Solo ricerche molto più complesse, miranti anche all’individuazione di un eventuale argentiere attivo a Vicenza con punzone come quello identificato nella Figura 8 (sopra), oltre alla determinazione del titolo della lega d’argento (già 889/1000 per Venezia, esteso a tutto l’entroterra a partire dal marzo del 1758), potrebbero fornire indicazioni più precise e consentire un’attribuzione più attendibile.

Considerazioni conclusive
Incrociando i vari parametri conoscitivi, frutto delle considerazioni fatte finora, si ritiene che il calamaio oggetto della nostra disamina sia un bell’esempio di manufatto realizzato artigianalmente, con buona maestria, verso la prima metà del XIX secolo (ad emulazione di qualcosa più antico), al quale nella seconda metà del secolo siano state aggiunte impropriamente delle basette non consone, come si rileva dalle lievi, ma significative differenze nella godronatura: morbida,  rigonfia e continua nei bordi dei contenitori e del vassoio, più acuta e distanziata nelle basette [Figura 11].

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Figura 11.

Anche l’aspetto globale depone a favore di questa ipotesi. Il manufatto appare infatti piuttosto “fresco”, mancando a prima impressione di quel caldo fascino tipico delle argenterie antiche; patina ed usura sembrano poco presenti e non credo a causa di eccessiva e sistematica “pulizia” e manutenzione.
Appare inoltre tendenzialmente “greve”, privo di quella leggiadria, e forza al tempo stesso, tipica degli argenti del Settecento, in particolare del Rococò asimmetrico cui tenta di rifarsi.
Resta comunque un bell’oggetto, al quale si consiglia, in ogni caso, di sottrarre le basette postume [Figura 12].

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Figura 12.

Si precisa che quanto precede scaturisce da un’attenta e scrupolosa analisi che si basa tuttavia esclusivamente su documentazione fotografica.

Descrizione del set completo

Oggetto Altezza Larghezza/diam. Peso Note
Stoppiera 11,5 15,5 260
Porta Penne 9,5 5,5 110
Vasetto 1 11 7,5 200 Vuoto
Vasetto 2 11 7,5 200 Con “cemento” all’interno pesa 310
Vasetto 3 11 7,5 230 Con disco traforato spargi sabbia
Vassoio 4 31 x 22 730
Set completo 1730 Aggiunte postume

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, luglio 2010

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