Un secretaire savonese datato 1840

di Andrea Bardelli

La comparsa sul mercato o in qualche collezione privata di un mobile firmato e datato viene sempre accolta con una certa eccitazione, a cui subentra con un misto di ovvia curiosità, ma anche di apprensione.
Lo stato di apprensione deriva dall’incertezza se le teorie faticosamente formulate con metodo empirico e sulla base di esemplari anonimi restino o meno confermate.
Desta quindi una certa soddisfazione constatare che la recente apparizione presso un mercante milanese di un secretaire firmato e datato ci consente di confermare in modo sostanziale, riferendoci al caso specifico, alcune considerazioni svolte nel lavoro sullo stile Luigi Filippo in Italia.
Il mobile in questione [Figura 1] è lastronato in noce con intarsi in palissandro e acero; il piano, originale, è in marmo nero Serpentino; glii spigoli sono arrotondati, filettati verticalmente in bosso, mentre una fascia intarsiata a motivi geometrici taglia orizzontalmente il mobile sotto il piano calatoio. All’interno di questo troviamo uno scarabattolo scandito, dall’alto in basso, da un cartonnier, da alcuni vani e da una serie di tiretti [Figura 1 bis].

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Figura 1. Secretaire, cm. 157 x 100 x 50, Albenga (Sv), 1840, mercato antiquario.

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Figura 1 bis. Il secretaire aperto.

E’ certamente un bel mobile, ma la cosa più interessante è che su un cassetto si legge:
Nel anno, 1840 a 10 Marzo
Albenga nella Botega di
filippo pi (…) falegname e franco Conte
fecites” [Figura 1 ter].

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Figura 1 ter. L’iscrizione.

A parte l’uso disinvolto della grammatica e delle maiuscole, il cognome del primo ebanista non si legge chiaramente e, in ogni caso, anche operando per approssimazioni, nessuno dei due risulta censito tra gli artefici del legno raccolti nell’Archivio biografico curato da Antiqua, né in altre pubblicazioni sul mobile italiano dell’Ottocento.
Inequivocabili invece epoca e provenienze: 1840 e Albenga in Liguria, provincia di Savona.
Alla luce di questo, proviamo a sottoporre a verifica alcune convinzioni che si sono formate circa questi due aspetti.
Per quanto riguarda l’epoca, diremo subito che un mobile così passerebbe sbrigativamente sul mercato come Carlo X, espressione quanto mai generica che si tende ad attribuire a tutti i mobili dell’Ottocento tendenzialmente chiari e intarsiati. Questo stile, talvolta più correttamente definito Piena Restaurazione, è cronologicamente circoscritto al 1825-1830.
Detto per inciso, aver trovato la data del 1840 che sposta il mobile in una fase ritardataria, sotto il profilo rigorosamente commerciale, può risultare addirittura controproducente.
Sul piano stilistico, il nostro secretaire presenta effettivamente diversi elementi “Carlo X” (continuiamo a chiamarlo così), non tanto l’intarsio quanto gli spigoli marcatamente arrotondati. Eppure si tratta di un mobile assolutamente Luigi Filippo, da riferire quindi all’epoca immediatamente successiva (1830-1850), per cui la datazione al 1840 è perfetta.
Ciò che lo rende Luigi Filippo è la forma svasata del cassetto sotto il piano, autentica cifra di questo stile. Basterebbe questo, ma possiamo aggiungere due elementi:
a) i piedi a cipolla sono più consoni allo stile Luigi Filippo di quanto non sarebbero rispetto allo stile precedente che predilige, ad esempio, i piedi a vaso;
b) l’intarsio chiaro su fondo più scuro si afferma non prima del 1830, mentre lo stile Carlo X in senso stretto combina intarsi scuri su fondo chiaro.
Certo è che, proprio in virtù di una serie di riferimenti al gusto della Restaurazione, se la data non ci inchiodasse, questo secretaire sarebbe da collocare all’inizio dell’epoca Luigi Filippo, ossia al 1830 circa.

Veniamo ora alla provenienza.
Il decoro dello spigolo arrotondato (quando non si tratta di una vera e propria colonna) mediante scanalature o filettature verticali è particolarmente diffuso in Piemonte, Liguria ed Emilia. Anche il piano in marmo, mutuato dalla Francia, è compatibile con queste provenienze (meno di tutte con l’Emilia che è francofila solo in parte). Lo stesso dicasi per la forma particolarmente larga del “tulipano”, comune a tutte e tre le realtà, sebbene con diverse declinazioni (chi ha letto il lavoro sul mobile Luigi Filippo in Italia sa a che cosa mi riferisco).
Se guardiamo lo scarabattolo, che come sappiamo aiuta spesso a determinare la provenienza, questa particolare disposizione di vani e tiretti, semplice e austera tanto da far pensare agli scomparti di un ufficio postale, richiama soprattutto il Piemonte, tranne che per il cartonnier che è di gusto lombardo.
Tutte queste considerazioni ci avrebbero forse portato a optare per una provenienza piemontese che tenesse conto di varie suggestioni provenienti da altri ambiti. Ci saremmo andati molto vicini anche per via induttiva, tenuto conto che è arduo identificare questo mobile come “prettamente” ligure. Per altro, la provenienza certa dalla provincia savonese non è affatto incompatibile con il nostro ragionamento poiché, tanto Genova guarda altrove, addirittura all’Inghilterra, qui il debito pagato nei confronti dell’ebanisteria piemontese è molto elevato.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, settembre 2011

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