Un tavolino neoclassico firmato Giuseppe Maroni
di Andrea Bardelli
Durante l’ultima edizione di Mercanteinfiera a Parma, l’antiquario Barzan di Cologne (Bs) presentava un tavolino intarsiato di buona qualità esecutiva [Figura 1].
Figura 1. Giuseppe Maroni, tavolino, 1803, mercato antiquario.
Il piano, lastronato in radica di noce all’interno di un bordo di noce con profilatura in legno di rosa, reca al centro un medaglione in noce con identica profilatura e un intarsio in acero e ciliegio nel mezzo raffigurante due cornucopie incrociate e legate da un nastro [Figura 2].
Figura 2. Particolare della Figura 1.
I quattro lati della fascia sono lastronati in noce e semplicemente decorati da riquadrature in radica di pioppo entro profilature di legno di rosa; il solo lato anteriore contiene un cassetto intarsiato in acero a sottili motivi fitomorfi che troviamo anche sulle mazzette delle gambe. Le stesse riserve in radica di pioppo profilate in legno di rosa con gli stessi intarsi compaiono lungo le sottili gambe tronco piramidali, ma con una particolarità: le riserve sono inserite direttamente nello spessore delle gambe che sono in massello di noce. A dispetto di una certa disomogeneità decorativa tra piano e resto del tavolo, il mobile, che si presenta in ottime condizioni di conservazione, appare come un buon esempio di ebanisteria lombarda in stile Luigi XVI.
Ma ciò che ne aumenta l’interesse è la presenza di una scritta all’interno della fascia, precisamente sul lato posteriore [Figura 3].
Sull’abete che costituisce l’ossatura della fascia leggiamo:
Giuseppe Maroni fu Piero
fecit in 1803 in bottega
S. Lorenzo Parabiago
G.N.P.
Figura 3. Iscrizione, particolare della Figura 1.
Non siamo stati in grado di decifrare quest’ultima sigla e saremmo grati a chiunque avesse delle idee in proposito.
Quanto a Giuseppe Maroni, ne parla per la prima volta Beretti (G.Beretti, Laboratorio. Contributi alla storia del mobile neoclassico milanese, Inlimine, Milano 2005), pubblicando un tavolino già presentato dall’antiquario Aldo Chiale di Torino all’Internazionale dell’Antiquariato di Milano del 1996. Esso presenta qualche affinità con il nostro solo nella strozzatura che separa la mazzette dalla gamba vera e propria e in qualche singolo motivo intarsiato. Il tavolino pubblicato da Beretti è di qualità decisamente superiore, con un piano intarsiato a sei riquadri raffiguranti altrettanti episodi della parabola del figliol prodigo, tratti fedelmente da un ciclo di incisioni di Suntach, che il libro ci mostra definendole “francesi” (nota 1).
In una delle scene intarsiate sul piano compare incisa a bulino la scritta:
Giuseppe Maroni
1790
Milano
Lo stesso Beretti, nel confermare che il nome di Maroni non compariva in alcun documento, in alcuna cronaca, su alcun altro mobile, si augurava che potesse emergere qualche novità che consentisse di mettere a fuoco questo artefice.
Questa che presentiamo potrebbe essere una delle novità che, oltre ad aggiungere al catalogo di Giuseppe Maroni un secondo mobile, ci offre alcune preziose informazioni.
Ad esempio, il fatto che il padre di Maroni si chiamasse Piero, forse anch’egli un artigiano del legno, che l’attività della bottega si sia estesa su un arco di tempo di almeno un quindicennio circa e, soprattutto, che la bottega stessa si trovasse agli inizi dell’Ottocento a Parabiago in frazione S. Lorenzo.
Non è affatto infrequente che alcuni mobili firmati dallo stesso artefice indichino luoghi diversi di esecuzione. Può essere, infatti, che l’artefice faccia riferimento, talvolta, al luogo in cui il mobile è stato effettivamente eseguito, magari presso il committente, tal altra al proprio luogo di residenza. In qualche caso, poi l’artefice operava con singole unità produttive sia a Milano, sia in provincia, oppure ancora poteva essersi verificato un trasferimento dell’attività da un luogo all’altro. Se questo fosse il nostro caso, non stupisca un trasferimento da Milano – dove Maroni si trovava nel 1790 – a Parabiago agli inizi del XIX secolo perché più di una volta possiamo testimoniare queste tendenze centrifughe.
NOTA
[1] Suntach Antonio (1744-1828) e Suntach Giovanni (1776-1842) sono due incisori nativi di Bassano del Grappa (Vi). Vi sono numerose incisioni di Antonio eseguite su disegni di artisti stranieri, con testi in lingua francese o tedesca; alcuni di questi fogli sono conservati presso l’Accademia Tadini di Lovere (Bg). Non siamo invece riusciti a identificare l’inventore dei sei soggetti riguardanti il figliol prodigo, colui che si cela dietro la sigla J.A.Z.F.; anche in questo caso, ben vengano notizie illuminanti.
Prima pubblicazione: Antiqua.mi, dicembre 2011
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