Vaso cinese Qian Long con lavandaie
di Irene Di Paola
Il vaso proposto alla nostra attenzione è di forma cilindrica, leggermente strombato verso il basso, con spalla spiovente, collo a tromba e base sporgente circolare. È ascrivibile alla cosiddetta “famiglia rosa”, nata nel Settecento e riscontrabile soprattutto nell’era dell’imperatore Qian Long (1736-1796), così denominata per i colori dominanti derivati dal porpora, a cui si aggiungono il verde, il giallo, il celeste e il marrone, oltre al nero, al rosso e all’oro [Figura 1, nota 1].
Figura 1. Vaso in porcellana, famiglia rosa, stile Qian Long, Cina, collezione privata.
Il vaso in questione presenta il rosa nel bordo inferiore del collo e nei fiori di peonia che lo ornano, nella base del vaso, oltre che nelle figure dipinte nel corpo. Larghi spazi sono lasciati al bianco, interrotto solo da un crinale di collina ai lati della rappresentazione principale [Figura 1a] e dagli ideogrammi di un’iscrizione in calligrafia corsiva sul retro [Figura 1b].
Figure 1a e 1b. Particolare del vaso di Figura 1.
Il sigillo sotto la base reca gli ideogrammi propri dell’Imperatore Qian Long (1736-1796) [Figura 1c].
Figura 1c. Particolare del vaso di Figura 1.
Molto graziosa è la rappresentazione della scena centrale, in cui si vedono due lavandaie che recano cesti con strisce di seta da lavare in un torrente. Una è inginocchiata accanto ad un cestino, mentre ritira dall’acqua i tessuti e l’altra, in piedi, attende il suo turno. Porta sul braccio sinistro la cesta delle strisce ben piegate e tiene nella mano destra una canna che le servirà per immergere la seta, entrambe le mani sono coperte dalla lunga manica secondo l’uso cinese del tempo (vedi ancora figura 1). Ai lati della scena si vedono disegni di piante con piccolissime gemme e il volo di due rondini, chiari simboli della primavera [Figura 1d].
Figura 1c. Particolare del vaso di Figura 1.
La scritta sul lato posteriore (vedi ancora Figura 1b) riporta una similitudine letteraria con la scena dipinta, in osservanza del canone, prettamente cinese, secondo cui poesia, pittura e calligrafia sono inscindibili perché tutte riunite sotto il gruppo delle “arti del pennello” (nota 2).
La traduzione letterale non può risultare comprensibile se non si conosce la storia antica della Cina perché ripete il verso di un vecchio canto poetico con riferimenti al periodo dei “regni combattenti”.
Questo è quanto si può leggere:
Il canto delle lavandaie (nota 3)
I regni di Wu e di Yue sono scomparsi (nota 4),
restano acque e monti,
nonostante siano passati mille anni (nota 5).
La complessità dei concetti espressi nella scrittura poetica e il legame con la scena dipinta farebbero pensare ad un vaso di pregio, probabilmente antico, ma anche nel caso che risultasse un’imitazione, è inconfutabile la bellezza della scena e del contenuto che si esprime.
NOTE
[1] Il rosa e l’oro sono colori introdotti in Cina da Giuseppe Castiglione nel 1720, missionario gesuita milanese, il quale insegnò a usare tecniche e colori propri dell’arte occidentale alla corte di Kang Xi (1668-1722) prima e poi del figlio Yong Zheng (1723-1735) e infine di Qian Long (1736-1796).
[2] Qiang Yen Yuan, critico d’arte del IX secolo d.C., sostiene che quanto non si possa esprimere con la pittura, si possa dire con la poesia e quanto non si possa dire con la poesia, si possa esprimere con la pittura. I cinesi dividono le arti in arti del pennello e arti del fuoco. Al primo gruppo appartengono infatti poesia, pittura e calligrafia perché si servono dello stesso strumento, cioè il pennello.
[3] Si tratta del titolo della poesia e anche del dipinto, in ossequio all’unicità delle arti del pennello. I caratteri usati appartengono ad una scuola di calligrafia chiamata Calligrafia corsiva.
[4]
Wu e Yue erano regni del periodo chiamato dei Regni combattenti e risalenti al IV secolo a.C. Furono annientati da Qin Shi Huang Di, primo imperatore cinese, che li sottomise a seguito della fondazione dell’Impero nel 221 a.C. In particolare, il regno di Wu era uno dei tre regni che si combatterono per il primato, ma poi furono sconfitti dalla dinastia Qin.
Il regno di Yue, corrispondente all’incirca alle regioni meridionali della Cina e del nord Vietnam, fu sottomesso nel 214 a.C e aggregato all’Impero cinese dopo la sua fondazione sette anni più tardi, con la promessa di assimilarne le tradizioni.
[5] I mille anni trascorsi, di cui si fa cenno, farebbero risalire il canto alla fine della dinastia Tang (618-907). Il senso dei versi è che, sebbene i regni possano essere rasi al suolo, tuttavia la natura resta e nel dipinto si completa il concetto con la rappresentazione della primavera, delle acque e dei monti, simboli di lunga vita e rinascita.
Per la traduzione si ringrazia il dott. Liu Tao, laureato in economia e lingua italiana presso l’Università di Pechino.
Post scriptum
Non abbiamo voluto modificare il testo originale incentrato sull’interpretazione del soggetto e sulla preziosa decifrazione delle scritte. Tuttavia, come per altro suggerito velatamente dall’autrice nel finale, l’oggetto non è da considerare antico. Dovrebbe essere stato prodotto attorno alla metà del XX secolo e il marchio dell’era Qian Long (1736-1796) è quindi apocrifo, come spesso accade, senza alcun intendo fraudolento, nella produzione cinese “in stile”.
Valgano i confronti con alcuni oggetti simili, di buona qualità come quello in esame, apparsi sul mercato e identificati come di fattura novecentesca (Figure A e B).
Figura A. Vaso in porcellana, famiglia rosa, altezza cm. 49, stile Qian Long, Cina, metà XX secolo, mercato antiquario.
Figura B. Vaso in porcellana, famiglia rosa, altezza cm. 47, stile Qian Long, Cina, metà XX secolo, mercato antiquario.
Settembre 2022
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