Vincenzo Barberis e l’Ancona di Caiolo (So)
di Attilio Troncavini
Nella Chiesa di S.Vittore a Caiolo (So) si trova un’ancona lignea con una Natività al centro, quattro figure di santi ai lati (da sinistra, S.Vittore e S.Mauro sul registro superiore e S. Pietro e S. Paolo su quello inferiore) e una Pietà, nella tipica versione a mezzo busto con la Vergine e S.Giovanni ai lati del Cristo [FIGURA 1].
Figura 1
Essa è firmata da Vincenzo Brixensis, 7 maggio 1539 su un cartiglio sorretto da due putti, dipinto alla base del gruppo centrale [FIGURA 1bis].
Figura 1 bis
Ne percorriamo brevemente il percorso critico.
La Gnoli Lanzi, in un inventario redatto nel 1938, ipotizza che l’autore provenga da Bressanone equivocando tra “brixensis” e “brixiensis”.
In un bellissimo articolo del 1962, Adriano Peroni riporta l’opera all’ambiente lombardo e l’attribuisce a Vincenzo Civerchio. L’articolo ha tra l’altro il merito di riprodurre l’immagine dell’ancona prima che il furto sacrilego la privasse delle figure dei SS. Vittore e Mauro [FIGURA 2]
Figura 2
Nel 1985, Paolo Venturoli attribuisce l’intaglio a Stefano Lamberti, introducendo per primo l’ipotesi di una distinzione di mani tra scultore e pittore; nello stesso anno, Simonetta Coppa propone di identificare Vincenzo “brixensis” con l’artista che collabora con Bernardino de Donati al ciclo di affreschi in Sant’Antonio a Morbegno.
Sempre nel 1985, Battista Leoni conferma l’intuizione della Coppa e documenta la presenza di Vincenzo Barberis a Caiolo a più riprese tra il 1538 e il 1543, citando un manoscritto seicentesco che attribuisce al pittore la perduta pala del Battesimo di Cristo per la chiesa dei SS. Gervaso e Protaso a Sondrio e quella della chiesa di Sassella presso la stessa città.
Accertata dunque l’identità del pittore, il Leoni sembra dare per scontato che egli abbia eseguito anche la parte scultorea.
Nel 2000, Raffaele Casciaro attribuisce invece la parte scultorea ad Andrea da Saronno, sulla base di un confronto stilistico con le opere accertate di quest’ultimo.
Il Venturoli, torna ad esprimersi nel 2005 e accoglie l’ipotesi di Casciaro che l’ancona sia stata intagliata da Andrea da Saronno e dipinta da Vincenzo da Brescia, ossia da Vincenzo de Barberis.
Tutto ciò premesso, i due presunti autori dell’ancona di Caiolo, Andrea da Saronno e Vincenzo de Barberis – per i quali si rimanda alle rispettive biografie sotto riportate – presentano un curriculum che li accomuna in più occasioni e che potrebbero effettivamente far pensare che i due si conoscessero e collaborassero.
Andrea lavora come scalpellino prima, poi come “magister figuris” per la Fabbrica del Duomo di Milano a più riprese, nel 1519 e dal 1525 al 1535 ed è in contatto con Bernardino Luini, uno dei registi dell’allestimento di Saronno, tra il 1528 e il 1532, anno della morte di Luini.
Vincenzo cresce nella cerchia di Bernardino Luini e lavora alla Sala del Capitolo del Duomo di Milano. Si noti, inoltre, che lo stesso Luini è attivo in Valtellina dove dipinge la lunetta del portale maggiore della chiesa di S. Maurizio a Ponte.
Tuttavia, nonostante quanto sopra e nonostante le autorevoli considerazioni di Casciaro, ribadite nel 2005, l’attribuzione dell’ancona di Caiolo ai due non pare del tutto convincente.
Ci si domanda ora se l’intuizione di Peroni circa un unico autore, confortata dalla ricerche di Leoni che ne attribuiva tout court la paternità a Vincenzo de Barberis non sia da rivalutare.
Ma non è questa la sede per rivedere il profilo attributivo.
Interessa invece chiederci se Vincenzo de Barberis non sia da identificare con l’omonimo, detto “da Manerbio”, attivo a Brescia dal 1551, del quale riferisce lo studioso Velentino Volta.
La circostanza che un pittore Vincenzo de Barberis sia stato attivo in Valtellina dal 1521 al 1551 e che un Vincenzo de Barberis sia documentato a Brescia dal 1551 al 1576 non può apparire casuale.
E’ quindi probabile che Vincenzo, nativo di Manerbio (Bs), si sia recato prima a Milano, forse a Mantova e poi in Valtellina e che solo dopo il 1551 sia tornato alla terra natia.
Il fatto che sia qui ricordato come scalpellino non significa che non esercitasse o avesse esercitato altre attività artistiche, come di prassi nelle botteghe cinquecentesche. Sappiamo, ad esempio, che nel 1556 Vincenzo de Barberis partecipa al paratico dei falegnami e, d’altro canto, lo stesso Andrea da Saronno esercita a lungo attività di scultore in pietra.
Bibliografia
Pietro Martire Lavizari, manoscritto, XVII secolo, Sondrio, Biblioteca Civica.
B.Zamboni, Memorie intorno alle Pubbliche Fabbriche più insigni della città di Brescia, Brescia 1778
M.Gnoli Lenzi, Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, IX, Provincia di Sondrio, Roma 1938U.Thieme-F.Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Kunstler, XXIV, Lipsia 1940
A.Peroni, Il Civerchio e la scultura lignea lombarda, Arte Lombarda, VII, 1962
S.Coppa, I dipinti e le sculture, in La chiesa di S.Giorgio a Grosio, Sondrio 1985
B.Leoni, L’ancona lignea nella chiesa di S.Vittore a Caiolo e il suo autore, Bollettino della Società Storica Valtellinese, XXXVIII, 1985
P.Venturoli in La Madonna per San Sisto di Raffaello e la cultura piacentina della prima metà del Cinquecento (a cura di P.Ceschi Lavagetto), Atti del convegno, Parma 1985
R.Casciaro, La scultura lignea lombarda del Rinascimento, Milano 2000
P.Venturoli, Scultura lignea lombarda, Allemandi, Torino 2005R.Casciaro in Legni sacri e preziosi. Scultura lignea in Valtellina e Valchiavenna tra Gotico e Rinascimento, Milano 2005
V.Volta, Ignorati artisti manerbiesi nel XVI secolo in Manerbio nel XVI secolo, Brescia s.d..
V.Volta, Vincenzo Barbieri da Manerbio in Manerbio nel XVI secolo, Brescia s.d.
www.associazioneteregua.it
www.altavaltellinacultura.com
Andrea da Saronno
Nel 1498 è tra i collaboratori di Giovanni Antonio Amedeo.
Nel 1502 partecipa all’esecuzione del monumento funebre di Erasmo Brasca.
E’ documentato in Francia dal 1509.
Ante 1514, esegue probabilmente i due dolenti per S.Lorenzo a Mortara (non documentati) e il piccolo Compianto per S.Francesco a Saronno
Nel 1514 è probabilmente presente a Roma al seguito di Bambaia, con il quale collabora, nel 1518, alla realizzazione della tomba di Gaston de Foix a Milano.
Nello stesso anno è attivo nella Fabbrica del Duomo.
Post 1520, realizza il Compianto di S. Vittore a Meda e il San Maurizio, ora in collezione privata.
Nel 1523, la Scuola dello scurolo di Sant’Ambrogio gli commissiona nove statue.
Dal 1525 al 1535 Andrea compare nella Fabbrica del Duomo, prima come scalpellino e infine come “magister a figuris”.
Quasi certamente è l’Andrea da Milano che esegue le sculture per il santuario di Saronno tra il 1528 e il 1536.
Nel 1539, l’ultima opera attribuita ad Andrea (con le debite riserve espresse in quest’articolo) è l’ancona di San Vittore a Caiolo (SO), dipinta da Vincenzo de Barberis da Brescia.
Ante 1547, realizza l’Adorazione dei Magi in Santa Maria del Monte a Varese e l’Addolorata e Pie donne in San Vittore, sempre a Varese.
Nel 1547 Andrea e altri si impegnano ad eseguire le statue in terracotta, stucco e marmo per la cappella Trivulzio in San Nazaro.
Altre fonti gli attribuiscono lavori anche a Craveggia, Masera e Milano.
Vincenzo de Barberis
Vincenzo de Barbieris o Barbieri nasce presumibilmente a Manerbio (BS) all’inizio del XVI secolo.
Figlio di Giacomo, ha un fratello di nome Francesco.
Cresce nella cerchia di Bernardino Luini e lavora alla Sala del Capitolo del duomo di Milano.
Sempre per quanto riguarda il suo apprendistato, alcune fonti lo identificano con l’omonimo che lavora con il Cesariano a Mantova.
Si trasferisce in Valtellina dove è documentato dal 1521-1551.
Con la collaborazione di Andrea de Passeris, Vincenzo de Barberis affresca la chiesa della
Madonna della Sassella presso Sondrio.
A Teglio, in Palazzo Besta esegue le storie dell’Eneide e gli affreschi della sala dell’Orlando Furioso.
In Valtellina, lascia profonda traccia di sé anche a Morbegno, Campo Tartano, Talamona, Fusine, Torre Santa Maria Valmalenco, Stazzona, Mazzo, Grosotto.
In Alta Valle affresca sia la chiesetta dei Santi Pietro e Marcellino di Piatta in Valdisotto, sia probabilmente quella di Santa Lucia nell’omonima parrocchia sempre in Valdisotto.
Nel 1546 (altre fonti riportano il 1555), Vincenzo De Barberis porta a termine gli affreschi che decorano l’abside della chiesa Chiesa della Santissima Trinità a Valfurva, frazione Teregua, dove il tema della Trinità vi è svolto con evidenti richiami all’iconografia bizantina del Pantocratore e dei Tetramorfi. A Teregua, egli si avvia a concludere la sua trentennale stagione valtellinese.
Dal 1551-1576 è documentato a Brescia dove risiede con il fratello Francesco presso S.Alessandro dove esercita – in via pare esclusiva – la professione di lapicida. Ciò nonostante, nel 1556, partecipa al paratico dei marangoni.
Già nella monumentale opera di Baldassarre Zamboni viene dato come presente, attorno alla metà del XVI secolo, nei due cantieri più significativi della città: la Loggia e il Santuario di Santa Maria dei Miracoli, ma è Valentino Volta che gli attribuisce in modo documentato «un ruolo di primo piano nella scultura marmorea bresciana negli anni tra il 1551 e il 1576».
Per la città di Brescia Vincenzo Barberi esegue numerosi lavori per la Loggia, insieme ad altri artefici della pietra e nel 1576 viene incaricato di eseguire alcune opere per la Basilica di Santa Maria dei Miracoli.
9 Gennaio 2007 © riproduzione riservata